È L’8 dicembre 2017. L’Espresso pubblica un reportage firmato dal giornalista Wlodek Goldkorn e dal fotografo Maciek Nabrdalik. Si intitola «La Polonia verrà salvata dalle donne» e recita più o meno così:
«La Storia talvolta è capricciosa e sorprendente: in Polonia, un Paese in cui per decenni mancava ogni pensiero femminista, oggi è il linguaggio femminista l’unico idioma in grado di rappresentare un futuro che non sia di razzismo e oppressione. E forse questa vicenda, la costruzione di un nuovo linguaggio sulle macerie di ogni idioma di sinistra, non riguarda solo la Polonia».
Le elezioni in Slovacchia
Sono passati 14 mesi da quelle parole e qualcosa è cambiato davvero. La Polonia è ancora lontana dal farsi salvare – si pensi che solo pochi mesi fa abbiamo assistito quasi in diretta televisiva all’uccisione del Sindaco di Danzica per mano di un terrorista legato agli ambienti di estrema destra – tuttavia una luce di speranza si è accesa, anche nei Paesi dell’Est.
In Slovacchia il cambiamento si chiama Zuzana Caputova. Avvocatessa di 45 anni, è il leader di Slovacchia Progressiva, il movimento liberal anti-corruzione, anti-autocrazia ed europeista nato in seguito alle proteste della società civile dopo l´assassinio del giornalista investigativo Jan Kuciak e della sua compagna. Qualche giorno fa ha vinto le elezioni presidenziali con il 58,2% dei consensi, diventando la prima donna nella storia del Paese a ricoprire il ruolo di Presidente. Ha fatto fuori una concorrenza tutta maschile: al primo turno ha staccato di oltre 20 punti percentuali, i suoi sfidanti Maros Sefcovic, Stefan Harabin e il leader dell’ultradestra Marian Kotleba. E poi ha vinto, lo scorso 30 marzo, sostenuta anche dal Presidente uscente Andrej Kiska.
Dopo i risultati del primo turno la vittoria era nell’aria, ma non era scontata. Come non era scontato che in uno dei paesi del cosiddetto «gruppo di Visegrad» – unione che racchiude gli stati di Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia, Ungheria – si aprisse una breccia europeista, femminista, ecologista a soli due mesi dalle elezioni europee.
Il caso americano
Donne e politica: sta succedendo qualcosa. Nel mondo sicuramente e forse anche in Italia. Probabilmente il caso più emblematico è quello degli Stati Uniti. È avvenuto un risveglio delle donne nell’era di Trump, ed è avvenuto nelle strade (si pensi alla Women’s March all’indomani dell’insediamento del Presidente USA) e nelle sedi in cui la politica si pratica. Nelle elezioni di mid-term avvenute lo scorso anno, le donne elette al Congresso hanno conquistato il maggior numero di posti – più di cento – da quando esiste, includendo le sue prime donne musulmane e native americane, la prima donna palestinese-americana e la più giovane di sempre, Alexandria Ocasio-Cortez, ormai un’icona mondiale delle millennials progressiste. A questo si sommano elezioni locali di vario livello, come la recentissima competizione per il governo della città di Chicago, che ha visto per la prima volta una donna – Lori Lightfoot – diventare primo cittadino.
Greta Thunberg e lo sciopero globale
Fuori dalle aule parlamentari c’è una giovanissima donna che sta ispirando i millennials di tutto il mondo: il suo nome è Greta Thunberg, è un’attivista svedese di 16 anni. Ogni venerdì sciopera per sensibilizzare il mondo occidentale sulle conseguenze dei cambiamenti climatici. Il suo sciopero globale ha dato inizio a Fridays For Future, una mobilitazione massiccia di giovanissimi che scendono in piazza per chiedere un vero impegno politico sui temi ambientali.
Qualcosa sta cambiando
Uniamo i puntini. C’è qualcosa che lega Zuzana, Alexandria, Greta e le altre. La loro affermazione, il loro consenso, la loro visibilità è qualcosa che va ben oltre il voto o la proposta politica: il loro impegno è – potenzialmente – l’inizio di un effetto domino rivoluzionario. Sono l’esempio in carne e ossa che le donne attive in politica possono essere delle icone di un nuovo tipo di femminismo, in grado di ispirare le nuove generazioni.
E in Italia cosa succede? Anche da noi qualcosa, timidamente, si muove, nonostante le varie, indimenticabili sentenze choc che in queste ultime settimane abbiamo letto sui casi di femminicidio e violenza di genere (una delle più sconvolgenti la potete leggere qui). Ma qualcosa sta cambiando. Emblematica la mobilitazione delle donne (e non solo) a Verona, in risposta al convegno sulla famiglia dello scorso marzo, ed emblematico il caso sul Revenge Porn, ripescato e poi approvato grazie all’intervento delle donne provenienti da tutte le forze parlamentari. E anche i partiti alzano le antenne sul tema: grazie ad una proposta del deputato Antonio Fusacchia (+Europa) è nata “prime minister”, la prima scuola di formazione politica rivolta esclusivamente alle giovanissime donne (14-19 anni). Sta cambiando qualcosa, ovunque, ogni giorno. Nonostante passi indietro, cadute, contraddizioni. Qualcuno aveva ragione: la storia – talvolta – è capricciosa e sorprendente.