100 opere selezionate tra quasi 50mila scatti provenienti da ben 95 paesi. Numeri da record per quello che è considerato il più prestigioso concorso di fotografia naturalistica, il Wildlife Photographer of the Year, quest’anno alla sua 52ª edizione. Istituito dal Natural History Museum di Londra, il Premio vuole celebrare la biodiversità, promuovere la sostenibilità e la salvaguardia della fauna selvatica e degli habitat naturali. E lo fa attraverso la fotografia naturalistica etica: la rappresentazione del mondo naturale così come è, il più fedelmente possibile, senza trucco, senza inganno, senza che il fotografo faccia «alcuna azione che possa ledere, far soffrire gli animali o distruggere il loro habitat». Principi etici imprescindibili per partecipare al concorso, pena la squalifica e la denuncia alle autorità competenti.
Il vincitore assoluto del concorso è l’americano Tim Laman con l’immagine Vite intrecciate:
Nella foresta pluviale del Borneo, un orango si arrampica su un tronco di fico strangolatore, albero parassita avviluppato intorno al suo albero ospite. Intreccio di piante, di vite, immortalato con una GoPro nascosta tra le fronde, azionata a distanza.
Per la sezione Giovani, il premio è andato al sedicenne inglese Gideon Knight con la foto La luna e il corvo:
Un notturno suggestivo, la silhouette di un corvo sui rami del Valentines Park di Londra con la luna sullo sfondo, in una composizione perfetta.
Sono otto gli italiani selezionati dalla giuria internazionale, tre dei quali si sono aggiudicati i primi premi nelle rispettive categorie.
Per la sezione Rettili, anfibi e pesci il vincitore è Marco Colombo con la foto intitolata Piccolo tesoro:
Un esemplare di testuggine palustre si muove sul fondo di un fiume in Sardegna, sollevando nuvole di detriti tra i giochi di chiaro scuro dei raggi che filtrano attraverso la vegetazione di riva. Questa specie è minacciata dall’inquinamento, dalla distruzione del suo habitat e dalle catture per il commercio. L’immagine è presente sul nuovo libro dell’autore, I tesori del fiume, una vera e propria «ode alla biodiversità delle acque dolci».
Valter Binotto ha vinto nella categoria Piante con l’immagine La composizione del vento:
Protagonista dello scatto è l’impollinazione del nocciolo: una lunga esposizione ha consentito al fotografo di catturare la miriade di particelle di polline mosse dal vento, sprigionate dagli amenti, i fiori maschili. La difficoltà è stata quella di cogliere la fissità dei piccoli fiori femminili, che non necessitano di essere vistosi in quanto l’impollinazione di questa pianta, che avviene in periodo invernale, viene affidata al vento e non agli insetti pronubi.
Per la sezione Terra, Stefano Unterthiner si aggiudica il primo premio con Lo spirito delle montagne:
Facile non rendersi conto, al primo sguardo, della scena che abbiamo di fronte. Tra le montagne sullo sfondo, avvolte nella nebbia, i larici che svettano tra le rocce, il volo di decine di corvi che si stagliano nel paesaggio, sorprende riconoscere un gipeto che, come un fantasma, incombe sullo stormo nero. È uno scatto della Valsavarenche, nel cuore del Parco Nazionale del Gran Paradiso, un luogo che Unterthiner, valdostano, conosce molto bene. Un’immagine estrapolata da un reportage lungo due anni su incarico del National Geographic, raccolto nel volume Il sentiero perduto. Un inno d’amore per le montagne selvagge che Unterthiner da sempre rappresenta, promuove e difende con il suo lavoro.
Di seguito gli altri finalisti.
Walter Bassi nella sezione Invertebrati con l’immagine Verme ipnotico:
Lo spirografo è un animale marino che può essere paragonato al lombrico terrestre: è un polichete, un verme che attorno a sé costruisce un tubo semirigido a protezione del corpo, da cui escono coloratissime setole che usa per cibarsi e respirare. L’effetto cromatico e psichedelico delle sue appendici ha davvero un che di ipnotico.
Stefano Baglioni per la sezione Piante con Piccola stella:
Deserto del Chihuahua, ampia zona desertica tra Stati Uniti e Messico, dove l’aumento della popolazione e l’uso improprio di acqua sta minacciando un delicato ecosistema. Oltre a svariate specie di cactus, durante la spedizione con un amico biologo-botanico durata 15 giorni, il fotografo si ritrova davanti questo Astrophytum, che sceglie di ritrarre dall’alto al centro del suo habitat, tra le agavi morte, testimonianza di quanto possa essere estrema ed arida la vita nei deserti nordamericani.
L’altoatesino Hugo Wassermann per la categoria Urbano con la foto Ritiro alpino:
Le tegole imbiancate di neve e le pareti di una cappella sono rifugio per uno stormo di cornacchie che hanno eletto il monastero come luogo di svernamento, approfittando di quello che ancora offre il frutteto vicino.
Fortunato Gatto nella sezione Terra con lo scatto Dopo la tempesta:
Un panorama surreale quello che il fotografo è riuscito ad immortalare nell’isola di Eigg, in Scozia. Le montagne innevate sullo sfondo appartengono all’isola di Rùm e contrastano con la spiaggia di Laig Bay, formata dal basalto nero di origine vulcanica e striata dal bianco delle conchiglie, nel momento di bassa marea subito dopo una tempesta.
Nicola Di Sario per la categoria Bianco e nero con l’immagine Eye-light:
Etiopia, lago di Awasa, tramonto. Un’atmosfera suggestiva per lo scatto di uno storno splendido blu minore, un uccello africano che ha un bellissimo piumaggio iridescente. Per sottolineare il fascino “dark” del momento e catalizzare l’attenzione sul suo sguardo, il fotografo ha deciso di virare la foto in bianco e nero. L’occhio dello storno è il punto di forza, il baricentro dell’immagine, gli incredibili colori del piumaggio sono passati in secondo piano.
Per chi volesse partecipare al Wildlife Photographer of the Year 2017, le selezioni sono aperte fino al 15 dicembre 2016, mentre la mostra itinerante relativa al concorso 2015, 51ª edizione, è attualmente visitabile a Milano grazie all’Associazione culturale Radicediunopercento, presso gli spazi della Fondazione Matalon in Foro Buonaparte 67, fino al 4 dicembre 2016.