Un agguato notturno
Deniz Naki si trova in Germania per le vacanze di Natale. Già, perché nonostante sia nato a Düren, nella Vestfalia, non vive in terra tedesca da qualche anno ormai, precisamente dall’estate del 2013, quando ha deciso di lasciare il Padeborn 07 per andare a giocare a calcio in Turchia, inizialmente nel Genclerbirligi, la principale squadra di Ankara. Deniz, infatti, di professione fa il calciatore: appartiene a quella nutrita folta di giocatori tedeschi di chiare origini turche, come, per esempio, Mesut Ozil, campione del mondo nel 2014. Deniz Naki non è altrettanto famoso, nonostante abbia iniziato la carriera nel settore giovanile del Bayer Leverkusen facendo tutta la trafila delle nazionali giovanili tedesche, potendo vantare anche due presenze (e un gol) nella nazionale Under-21. È un ragazzo del 1989, d’estate compirà 29 anni e il treno per la gloria calcistica sembra averlo perso definitivamente. Deniz, però, della gloria e della fama, a quanto pare, non si è mai interessato più di tanto. Qualche giorno fa, nella notte fra il 7 e l’8 gennaio un automobile affianca il Suv di Naki in autostrada nei pressi di Acquisgrana. Dall’automobile partono alcuni colpi di pistola. Il calciatore ne esce fortunatamente illeso. C’è qualcosa nell’esistenza di Deviz Naki di cui bisogna necessariamente parlare. Per sua stessa orgogliosa ammissione, le sue origini non sono turche, bensì curde. Egli non si è mai impegnato a fondo nella sua carriera professionistica. Infatti attualmente gioca in terza divisione turca e per uno che ha militato nelle nazionali giovanili tedesche ciò può apparire un declassamento. Deniz, però, ogni domenica scende in campo con la maglia dell’Amed SK, club dichiaratamente e fieramente curdo. La vicenda umana di Naki, più che quella professionale, spiega chiaramente le motivazione dell’aggressione subita nella notte scorsa.
Più di un club
La notizia dei colpi di pistola che hanno colpito l’automobile di Naki è stata data da molteplici siti di informazione, sia in Italia sia all’estero. Quasi tutti hanno sottolineato un dato incontrovertibile che può, apparentemente, essere considerato poco importante. Deviz Naki dal 2009 al 2012 ha militato nel St. Pauli. Certamente il club di Amburgo è la più celebre squadra nella quale ha giocato il calciatore curdo, ma ciò non basta a spiegare la motivazione per cui viene rimarcata la sua esperienza triennale nel club. Il St. Pauli, infatti, più che un club calcistico è un vero e proprio fenomeno culturale e sociale. Per questo motivo è come se le vicende della squadra e quelle di Deviz Naki viaggiassero su un binario parallelo.
Il Futßall Club St. Pauli nasce nel 1910 e deve il nome all’omonimo quartiere di Amburgo. Il destino dei due club della capitale anseatica è enormemente differente. Quella che a livello di palmares è certamente la prima squadra della città (la seconda più popolosa di Germania, nonché la non-capitale più popolosa dell’Unione Europea, davanti a Barcellona e Milano) è il club tedesco più antico e può vantare un record invidiato da qualsiasi altra squadra tedesca. L’orologio digitale all’interno dello stadio Volksparstadion conta il tempo da quando l’HSV (così è chiamato il club in Germania) disputò la prima partita in Bundesliga. L’Amburgo, infatti, è l’unica squadra tedesca ad essere stata sempre presente nella massima serie, nonostante da qualche anno continui a flirtare pericolosamente con la zona retrocessione. Tra i suoi successi si ricordano sei campionati e una Coppa dei Campioni, vinta ad Atene nel 1983 contro la Juventus di Zoff, Scirea e altri campioni del mondo italiani. A livello di blasone sportivo fra i due club di Amburgo non c’è partita.
Eppure negli anni ’80 avviene un cambiamento che diventa uno spartiacque per la storia del St. Pauli. La dirigenza decide di spostare lo stadio dalla zona del porto a Reeperbahn, la via di Amburgo (sempre all’interno del quartiere St. Pauli) celebre per la vita notturna e i locali a luci rosse. Il club in poco tempo passò dall’avere poco più di un migliaio di spettatori a quasi ventimila. La Reeperbahn nacque in passato con la finalità di allietare i marinai appena sbarcati nel porto della città, autentico snodo commerciale, fondamentale nella storia del nostro continente. Il St. Pauli diventa presto un fenomeno cult (o kult, in tedesco) nonostante, sul campo, i risultati continuino sempre ad essere modesti. Infatti nonostante cominci a contare sempre più tifosi, anche e soprattutto al di fuori della città e della Germania, il club ha proseguito per i successivi decenni un saliscendi ininterrotto fra la prima e la seconda divisione.
Poco dopo lo spostamento dello stadio, la tifoseria organizzata adotta come simbolo il Jolly Rotten, il celebre teschio con le ossa incrociate, storica effige dei pirati. Oltretutto la curva del Millentor-Stadion comincia ad essere preclusa agli ultras di estrema destra, ideologia parecchio diffusa all’interno dei gruppi organizzati tedeschi. Ciò che è doveroso sottolineare è che la tifoseria e il club hanno instaurato, negli anni, un percorso comune. Dagli anni ’80 la società si è riconosciuta apertamente nei valori di sinistra dei suoi tifosi più accesi: nel proprio statuto, il club, dichiara di impegnarsi apertamente contro razzismo, fascismo, sessismo e omofobia. Non c’è contrasto fra ultras e società. In epoca recente, per esempio, il club fu il primo elogiare e a mostrare vicinanza nei confronti di Thomas Hitzslperger, il più celebre calciatore tedesco ad aver dichiarato apertamente la propria omosessualità. Dal mondo del calcio, invece, come sempre si è notato un omertoso e ambiguo silenzio.
Calcio e politica: una sfida particolarmente sentita
C’è una partita, oltre al derby con l’HSV, che ogni tifoso del St. Pauli aspetta con trepidante attesa, ovvero la sfida con l’Hansa Rostock. Definire la tifoseria del club dell’ex DDR di estrema destra, forse, sarebbe riduttivo. Il 2 novembre del 2009 va in scena Hansa-St. Pauli e la partita è piuttosto bloccata fino a quando, a un quarto d’ora dalla fine, la squadra di Amburgo passa in vantaggio con un calcio di punizione dal limite dell’area. Il Rostock si riversa in avanti per cercare il pareggio, fino a quando, durante il recupero, Deviz Naki, lasciato solo in mezzo all’area di rigore, segna il 2-0 che chiude definitivamente la partita. Il calciatore curdo, che già all’epoca si mostrò vicino alla tragedia del suo popolo, sottolineando la sua simpatia nei confronti del PKK (il partito comunista curdo), corre verso la curva della tifoseria avversaria e mima un gesto universalmente riconosciuto che suona più o meno come: «Vi taglio la gola». A partita finita, Naki si reca dai tifosi della sua squadra, prende in prestito due bandiere, quella ufficiale del club e quella con il Jolly Rotten, e le stende sul prato verde, proprio in prossimità degli inferociti tifosi dell’Hansa Rostock. Verrà multato dal St.Pauli (perché, comunque sia, a tutto c’è un limite) e squalificato dalla federazione tedesca.
Ma probabilmente di tutto questo (la multa e la squalifica), Deviz Naki, non si è mai interessato più di tanto.