di Mattia Marasti
«Oh my love, can’t you see yourself by my side
No surprise when you’re on his shoulder like every night
Oh my love, can’t you see that you’re on my mind
Don’t suppose we could convince your lover to change his mind
So goodbye»
Prima di Currents, Kevin Parker dei Tame Impala era l’idolo della psichedelia contemporanea, osannato da bande inferocite di fricchettoni con i cappelli di paglia, le camicie aperte sul torso nudo, le droghe sintetiche e una buona dose di amore libero e marijuana. Poi sono bastati sette minuti, sette minuti di elettronica stratificata e soffocante, caricati online durante un giorno di metà marzo. Prima di Currents, Kevin Parker pensava che scrivere una canzone pop fosse semplice, incredibilmente semplice. Lo ha rivelato in un’intervista al Magazine Mojo: «raggiungere il cervello delle persone è molto più complicato che raggiungere il cuore». Poi è bastato un album di pop ed elettronica, conditi con dance e quel tocco di chitarre e psichedelia. Per fare tutto ciò, a Kevin Parker sono bastati dei funghetti allucinogeni, un disco dei Bee Gees, una notte a Las Vegas in macchina con un amico, verso la fine del tour di Lonerism. Voleva che Elephant non fosse considerata la miglior canzone mai prodotta dai Tame Impala.
Prima di Currents, Kevin Parker non era così maniacale, così preso dal suo lavoro. Poi ha deciso di fare da sé, di lavorare in modo totale all’album, registrando ogni strumento, ogni cosa.
Come nasce “The Less I Know, The Better”?
In un primo momento, The Less I Know, the Better non doveva far parte di un album dei Tame Impala, ha dichiarato Kevin Parker, perché aveva a che fare troppo con la disco funk da bianchi. In un primo momento, ci si aspettava un video pionieristico, sottile, intellettuale, claustrofobico, geniale, come quelli di ‘Cause I’m a Man o di Let It Happen. Poi novembre è comparso, con i suoi banchi di nebbia, e le sue foglie che precipitano dagli alberi e il freddo, e con lui è arrivato pure il video di The Less I Know the Better. Per la sua realizzazione, il genio australiano si è rivolto al collettivo di registi CANADA. Il risultato è uno tra i video più pazzeschi che siano mai stati prodotti nella storia della musica.
Il video musicale dei Tame Impala
L’ambientazione è la solita: un college sul modello statunitense, con tanto di giacchini in jeans, squadre di basket e cheerleaders. Due giovani – lei bionda, pelle chiara, sguardo innocente, lui capelli corti, sopracciglia enormi, e qualche pelo di barba – che si incrociano, e qualche secondo dopo arrivano i rimbalzi dei palloni da basket. La camera si infila nel condotto dell’aria dello spogliatoio. Dalle fessure del condotto emerge l’immagine dei due ragazzi. Questa volta, lui è piegato su di lei, intento a praticarle del sesso orale. Lei socchiude gli occhi e congiunge pollici e indici sulla testa di lui, formando un cuore. Poco dopo, una volta alzata la testa dal suo organo genitale, il ragazzo fissa il suo crush e dice, con voce roca «I Love You». Sul volto di lei, la musica parte. Un manierismo mai celato irrompe sulla scena e con lui Trevor, mascotte della scuola, un gigantesco gorilla. Infilata in un completo coloratissimo, la ragazza viene lanciata in aria per poi smaterializzarsi davanti agli occhi del ragazzo, che subito dopo assiste all’accoppiamento della ragazza con il gorilla, mentre viene infioccato con un nastro color oro. Apprestatosi ad un WC, il ragazzo comincia a vomitare, il suo vomito multicolore va a formare una figura di donna, con le braccia perpendicolari al pavimento.
L’odissea non finisce: la ragazza, stretta da una mano di gorilla, comincia a ballare infilata in una calzamaglia giallognola. In mezzo a continui riferimenti fallici, e a culi esibiti senza tante esitazioni, compare anche una sorta di cartoon, un’animazione che traghetta il video verso la sua conclusione. Arrivati allo scontro finale, il ragazzo getta contro al rivale, il gorilla Trevor, l’onnipresente pallone da basket, che una volta raggiunto lo stomaco del gorilla si trasforma in un arcobaleno di palloni.
Le fantasie erotiche adolescenziali, fatte di scopate nei bagni della scuola e fughe durante le assemblee di istituto, diventano qui realtà, unite però ad una bellezza unica nei colori e nella regia. Il manierismo condito da pulsioni inconsce forse può rendere disturbante il filmato, questo è vero. In un’epoca di video a basso budget, però, come Il posto più freddo de I Cani, è anche vero che clip sensazionali come questa sono da studiare e da goderne.
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