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Cosa succede in Venezuela dopo la convalida della vittoria di Maduro?

La Corte Suprema del Venezuela ha convalidato la discussa vittoria di Nicólas Maduro, presidente dal 2013, nonostante sia accusato di frode elettorale. I big del mondo non l'hanno presa bene: ecco cosa sta succedendo.

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A quasi un mese dalle elezioni del 28 luglio, la Corte Suprema del Venezuela ha convalidato la discussa vittoria di Nicólas Maduro, presidente dal 2013, nonostante sia accusato di frode elettorale. Il leader dell’opposizione Edmundo Gonzalez Urrutia ha però immediatamente denunciato l’invalidità della decisione sottolineando la mancanza di indipendenza della Corte Suprema, i cui giudici hanno legami politici con la leadership chavista. Nel frattempo, nei confronti di Gonzalez è stata aperta un’indagine penale per aver sostenuto pubblicamente che Maduro avesse orchestrato una frode e per aver pubblicato online gli atti elettorali che dimostrerebbero la vittoria dell’opposizione. Il Procuratore generale del Venezuela Tarek William Saab ha infatti annunciato la citazione in giudizio del leader anti-chavista, aggiungendo che ora e luogo della convocazione saranno comunicati in un secondo momento.

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Proprio gli atti elettorali, potenziale corpo del reato commesso da Gonzalez Urrutia secondo il Ministero pubblico del paese, sono l’elemento più discusso dalla comunità internazionale latino-americana e non solo. Sin dall’indomani delle elezioni, mentre le folle di manifestanti si riversavano nelle piazze e le proteste venivano represse nel sangue dalle forze armate causando almeno 23 morti, leader come il presidente degli Stati Uniti Joe Biden, ma anche il meno scettico presidente brasiliano Ignacio Lula da Silva, hanno chiesto la loro pubblicazione da parte del governo venezuelano. Nei giorni scorsi a reiterare la richiesta è stato anche l’Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza Joseph Borrell, ribadendo che l’UE non riconoscerà la vittoria di Maduro finché la veridicità dei risultati del voto non sarà dimostrata con la pubblicazione degli atti, rifiutando così di riconoscere la sentenza della Corte Suprema venezuelana. In Sudamerica e America Centrale Argentina, Costa Rica, Chile, Ecuador, Guatemala, Panama, Paraguay, Perù non hanno riconosciuto la vittoria di Maduro. In Perù in particolare le relazioni diplomatiche con il Venezuela si sono incrinate nei giorni immediatamente successivi al voto, dato che il governo di Dina Boluarte è stato il primo a sostenere pubblicamente la tesi della frode, a cui Maduro ha risposto espellendo i diplomatici peruviani dal Venezuela. A ciò è seguito l’ordine da parte del ministro degli esteri peruviano Javier González-Olaechea Franco ai funzionari venezuelani in Perù di lasciare il paese in 72 ore. Oleachea ha poi dato seguito alla condanna nei confronti di Maduro denunciando la frode a una seduta del Consiglio permanente dell’Organizzazioni degli Stati Americani a inizio agosto. C’è anche chi, però, in Sudamerica si mostra più moderato nei confronti del presidente e della leadership venezuelana, tra questi ci sono il brasiliano Lula e il colombiano Petro: entrambi chiedono la pubblicazione degli atti elettorali, ma non hanno sostenuto la tesi della frode elettorale.

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Dal canto chavista, l’annuncio dell’esito delle elezioni senza prove di trasparenza da parte del Consiglio Elettorale Nazionale, che rappresenta un’anomalia anche in base alla legge venezuelana, è stato giustificato sostenendo che si sia verificato un attacco hacker ai sistemi del Consiglio elettorale nazionale durante lo scrutinio. Un’ipotesi che aleggiava fino a prima della sentenza della Corte Suprema del 23 agosto era che il governo venezuelano ordinasse nuove elezioni, probabilmente per dicembre, annullando quelle del 28 luglio proprio a causa del presunto attacco informatico, evitando così di riconoscere quella che secondo l’opposizione è una sconfitta del chavismo.

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Al netto delle controversie elettorali i fatti dei giorni successivi, cioè le proteste e la violenta repressione culminata in almeno 23 morti e 2400 arresti, evidenziano la drammatica situazione per quanto riguarda il rispetto dei diritti umani in Venezuela. A ciò si sommano le restrizioni precedenti alla tornata elettorale, come il divieto di entrata nel paese ai giornalisti internazionali non allineati a Maduro e la chiusura dei confini a partire dal 26 luglio, che ha reso impossibile per molti venezuelani residenti all’estero, solitamente i più critici nei confronti del regime, l’accesso al voto.

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Francesca Campanini

Classe 1999. Bresciana di nascita e padovana d'adozione. Tra la passione per la filosofia da un lato e quella per la politica internazionale dall'altro, ci infilo in mezzo, quando si può, l'aspirazione a viaggiare e a non stare ferma mai.

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