Presentato fuori concorso alla 76^ edizione del Festival del Cinema di Venezia, Adults in the Room è l’ultimo specchio davanti cui Costa-Gavras pone la società europea e greca. Un lavoro che mima figure chiave della politica contemporanea per mostrare i primi mesi del governo Tsipras, presi a modello, dalla prospettiva del suo ministro delle finanza, Varoufakis, come schema generale di una trappola economica dai risvolti tragici.
Costa-Gavras sembra sentirsi in debito con la Grecia. Dopo la sua fuga in Francia, avvenuta ormai molti decenni fa, non ha mai smesso di pensare alle proprie origini. Nel cinema ha cercato dunque uno strumento d’azione politico e personale, con cui agire sul paese in cui è nato cercando di fornire per immagini e storie una testimonianza attendibile della sua condizione.
Z, il suo film premio oscar, fu un primo tentativo di restituire alla Grecia un racconto imparziale e politico della strenua condizione sociale. Ma se il film del 1969, anche premio della giuria a Cannes, raccontava la trappola umana in cui i greci vivevano, Adults in the room sceglie un’altra prospettiva, fotografando la trappola al vertice di una crisi economica che è tragedia umana. Tra l’intrappolato e la trappola Costa-Gavras sceglie dunque quest’ultima, ricavando in ciò spazi, nomi e i fatti della propria storia. La stanza degli adulti a cui il titolo fa riferimento è infatti l’aula riunioni dell’eurogruppo, scritta per l’occasione affinché abbia i tratti di un parco giochi per bambini meschini e iracondi. Qui si muovono rappresentanti politici e ideologie economiche, portate al conflitto nella messa in discussione dell’austerità europea da parte del protagonista di questa vicenda: Yanis Varoufakis, ministro delle finanze del primo governo Tsipras.
È dunque un racconto pienamente politico, in cui la società civile appare solo nelle immagini di piazze gremite attorno alla speranza di un futuro migliore. Con questo primo sentimento si apre il film, il quale costruisce attorno alla disattesa di ogni ottimismo il proprio centro empatico. Si è in tensione per i momenti concitati all’interno di quel parco gioco per adulti, guidati dalla forza dei personaggi in scena.
Mario Draghi, Tsipras e molti altri trovano forma narrativa in attori che riescono ad evitare la parodia, giocando su somiglianze fisiche, ma calcando su una rielaborazione del carattere che resta sul limite tra il mimo e l’interpretazione. Potrebbe così accadere di distrarsi, perdendosi nelle somiglianze di attori diretti in ritmati piani sequenza. Christos Loulis è così un Vaoufakis che rovescia parole in un calderone di dati oltre di cui è sorprendentemente possibile percepire la tensione; uno spettacolo lancinante di politiche e compromessi che Costa-Gavra pone.
Nel kit di documenti e immagini rilasciato alla stampa non sono presenti solo trama e analisi, ma anche un’attenta lista di articoli relativi alla crisi greca. “Moscovici: il salvataggio della Grecia è stato uno scandalo”, “Mario Draghi: ignorare il referendum della Grecia è stata una violazione della Democrazia”, e via discorrendo in pezzi di approfondimento economico e commento politico.
Costa-Gavras rivela così il suo intento documentaristico, la volontà di poter inserire un’opera riflesso di eventi reali tra il materiale giornalistico e la testimonianza storica. Costa-Gavras e la sua produzione allega al film gli articoli, sfidando a trovarne la differenza e invitando ad osservare il film come un saggio breve accattivante e spettacolare, ma comunque certificazione di realtà. La scelta di un racconto tratto da fatti realmente accaduti permette a Costa-Gavras di legarsi alle testimonianze di Varoufakis, nonché ad alcune registrazioni da lui compiute nella stanza al centro della vicenda, ma anche di calcare la mano su visioni personali della politica contemporanea.
È stato proprio Varoufakis, nel 2017, a raccontare al The New Statesman i fatti politici, per certi versi assurdi, di cui è stato protagonista. «There is a film here», si cela un film qui dentro, aveva detto. E Costa-Gavras non ha fatto attendere la conferma di quest’affermazione, dimostrando la straordinarietà di un cinema che non è documentario, che non è fiction, ma che è tragica realtà ed è appassionante invenzione.
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