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Agatha Christie «Dieci Piccoli Indiani»: un’isola e un gruppo di sconosciuti, il giallo perfetto

6 minuti di lettura

È la scrittrice inglese più tradotta in assoluto, la regina del romanzo giallo senza ombra di dubbio, autrice di 93 romanzi e 17 commedie: Agatha Mary Clarissa Miller, Lady Mallowan, nota come Agatha Christie (Torquay 1890 – Wallingford 1976) non passa mai di moda. In lingua originale e in almeno quarantaquattro lingue differenti i suoi testi contano complessivamente circa due miliardi di copie vendute. Dopo il fallito tentativo di una carriera come cantante lirica a Parigi, Agatha Christie lavora presso l’ospedale di Torquay durante la prima guerra mondiale dove apprende molto riguardo ai veleni e ai medicinali e trova l’ispirazione per il suo personaggio più famoso, l’investigatore belga Hercule Poirot, entrato ormai nell’immaginario comune. Con un finanziamento del British Museum nel 1923 parte per un viaggio intorno al mondo e lo stesso anno firma un contratto con una rivista per la pubblicazione di dodici racconti che hanno per protagonista Poirot. Da qui in poi la sua produzione è continua e inarrestabile. Negli anni successivi all’amnesia e alla fuga, dovute al tradimento del marito e al divorzio, la sua ispirazione sembra arrestarsi, ma è durante un viaggio verso Bagdad che nasce il suo più grande capolavoro, Assassinio sull’Orient Express. Nel 1930 inoltre Agatha Christie inizia la stesura di La morte nel villaggio, primo romanzo con protagonista l’altra sua grande invenzione, la vecchietta-detective Miss Marple.

Agatha Christie

Pubblicato in Gran Bretagna nel 1939, in Italia nel 1946 con il titolo    E poi non rimase nessuno, romanzo numero 10 della collana Il Giallo Mondadori, con il record di 110 milioni di copie vendute è il libro giallo più venduto in assoluto, piazzato all’undicesimo posto nella classifica dei best seller con più incassi della storia: si tratta del romanzo conosciuto come Dieci piccoli indiani (And Then There Were None), capolavoro della letteratura in giallo. Ambientato nel Devon in un’ isola tidale collegata al continente da una banda sabbiosa periodicamente ricoperta dalle acque durante l’alta marea, narra di dieci personaggi che si trovano a convivere in un’unica abitazione sulla suddetta isola, detta Nigger Island, per la particolare forma di una testa di nero. Anthony Marston, John Macarthur, Emily Brent, Lawrence Wargrave, William Blore, Edward Armstrong, Philip Lombard e Vera Claythorne non si conoscono tra di loro e vengono invitati nel Devon da un certo signor Owen che tuttavia non si trova sull’isolotto al momento del loro arrivo: ad aspettarli vi sono solo i due domestici, Thomas e Ethel Rogers, che allo stesso modo non hanno mai conosciuto i padroni di casa. Il cattivo tempo blocca i contatti con la terraferma e costringe gli ospiti a rassegnarsi alla convivenza inaspettata. All’interno di ognuna delle camere assegnate ai personaggi, è appesa una semplice filastrocca che recita la storia di dieci “negretti”, i quali uno dopo l’altro muoiono in dieci modi diversi:

Dieci poveri negretti se ne andarono a mangiar: uno fece indigestione solo nove ne restar/ Nove poveri negretti fino a notte alta vegliar: uno cadde addormentato otto soli ne restar/ Otto poveri negretti se ne vanno a passeggiar: uno, ahimé, è rimasto indietro, solo sette ne restar/ Sette poveri negretti legna andarono a spaccar: un di loro si infranse a mezzo, e sei soli ne restar/ I sei poveri negretti giocan con un alvear: da una vespa uno fu punto, solo cinque ne restar/ Cinque poveri negretti un giudizio han da sbrigar: un lo ferma il tribunale, quattro soli ne restar/ Quattro poveri negretti salpan verso l’alto mar: uno un granchio se lo prende, e tre soli ne restar/ I tre poveri negretti allo zoo vollero andar: uno l’orso lo abbrancò e due soli ne restar/ I due poveri negretti stanno al sole per un po’: un si fuse come cera e uno solo ne restò/ Solo, il povero negretto in un bosco se ne andò: ad un pino s’impiccò e nessuno ne restò.

La filastrocca è il geniale fil rouge che lega tra loro gli avvenimenti macabri che si susseguono uno dopo l’altro nel romanzo per condurre il lettore verso la soluzione dell’enigma. Durante la cena, la sera del loro arrivo, gli ospiti sono sconvolti da una voce proveniente da un nastro registrato che incolpa ognuno dei presenti, inclusi i domestici, di aver commesso un omicidio e descrive esattamente la dinamica dei dieci diversi crimini. I personaggi tentano di discolparsi ma le accuse sembrano più che fondate agli occhi del lettore. Poco dopo Anthony Marston muore improvvisamente dopo aver bevuto un bicchiere di whisky pieno di cianuro: «… uno fece indigestione solo nove ne restar». Inizialmente si pensa ad un suicidio ma l’ipotesi cambia quando il giorno seguente la signora Rogers viene trovata morta nel suo letto per una eccessiva dose di sonnifero: «… uno cadde addormentato otto soli ne restar». Si comincia quindi a sospettare che le due vittime siano state uccise. Intanto nel centrotavola composto da dieci statuette nere ne restano solamente otto. Tocca a Macarthur il giorno dopo, ucciso per un colpo di oggetto contundente e poi ancora al signor Rogers, trovato morto con la testa spaccata da una accetta mentre tagliava legna per il camino: «…un di loro si infranse a mezzo, e sei soli ne restar».

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Di fronte a questi evidenti omicidi viene avanzata l’inevitabile ipotesi che l’assassinio sia uno dei presenti sull’isola e si avvia una sorta di indagine interna agli ospiti per scoprire il colpevole. Ad uno ad uno tutti i personaggi diventano possibili sospettati e poi vittime, secondo la logica macabra della filastrocca e delle statuette. Scatta tra loro una reciproca paura e diffidenza, gli ospiti cominciano a muoversi solo in coppia, a notare indizi che in realtà sono solo allucinazioni, a creare ipotesi che vengono immediatamente smontate dagli avvenimenti successivi. Rimasti in tre, Blore, Lombard e la signorina Vera, muoiono uno dopo l’altro come da copione: Blore con il cranio fracassato da un grande orologio a forma di orso, Lombard ucciso da Vera che sospetta di lui e Vera suicida impiccatasi a un cappio che trova già appeso al soffitto di camera sua. Nell’epilogo l’ispettore incaricato delle indagini discute con il suo assistente formulando varie ipotesi che però non collimano con i ritrovamenti e le testimonianze dei fatti negli scritti dei vari ospiti dell’isola. Gli ispettori non riescono a risolvere l’enigma. Alla fine del romanzo però è trascritta una lettera ritrovata in una bottiglia in mezzo al mare da un peschereccio: è la confessione dei fatti accaduti a Nigger Island. L’assassino dice di aver scelto le sue vittime perché scampate da una condanna di omicidio e di averle uccise in ordine di gravità del crimine da loro commesso per ristabilire la giustizia. Alla fine della lettera c’è la firma del colpevole.

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Secondo la critica questo è uno dei romanzi meglio riusciti della regina del giallo in quanto elaborato secondo la struttura della “camera chiusa”, curiosamente rivisitata oggi per molti reality show che passano in tv, in cui ritroviamo un gruppo di personaggi temporaneamente rinchiusi insieme in un luogo senza sbocchi. Ciascuno di questi viene presentato prima che uno di loro venga ucciso: le circostanze sono tali che l’assassino deve per forza essere uno del gruppo. Opere di questo tipo sono Assassinio sull’Orient Express, Un delitto in cielo, Tre topolini ciechi e molti altri. Agatha Christie descrive le reazioni della piccola comunità in trappola, quello che vuole nascondere e quello che invece lascia trapelare, in un luogo senza vie di fuga dove tutti sono al contempo indiziati e vittime. Il romanzo di Nigger Island è però ancora più interessante per il fatto che in esso non c’è nessun detective come invece è norma nel racconto giallo. In generale la presenza di un investigatore fa di questo l’unico emblema della giustizia, quasi un dio, che ripristina l’ordine sconvolto dal caos provocato dall’assassino.

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Il detective classico diventa così un unico individuo schierato contro una comunità intera, pronto a risolvere una situazione problematica. Qui, invece, la dicotomia crimine-giustizia non è nello scontro tra due ma in una azione collettiva. La colpa individuale del criminale è estesa a tutti i personaggi. Questo giallo è un ottimo esempio poi dello stile detto “country gothic di Agatha Christie: un’atmosfera apparentemente placida e idillica che diventa micidiale. Il clima angosciante e la suspense sono accentuati da elementi semplici e quotidiani come il giradischi, la filastrocca e le statuette. I temi in gioco sono quelli della colpa e dell’innocenza, della difficoltà per l’uomo di conoscere fino in fondo i suoi pari, dell’imprevedibilità della mente umana e delle sue reazioni: i personaggi sono fin troppo normali e sicuri della propria posizione sociale, ma tutto viene messo in dubbio sull’isola. E gli uomini diventano maschere fragili che cadono una a una dietro l’angoscia e l’impotenza, come le statuette nere e anonime del centrotavola. Da ricordare che il romanzo ha ispirato inoltre molte versioni cinematografiche, televisive e videogames e che la stessa Agatha Christie ne realizzò una versione teatrale modificandone il finale in senso meno apocalittico per il pubblico borghese dell’epoca.

 


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Alessia Carsana

Sono nata ad agosto nel 1992. Vivo tra le montagne in provincia di Lecco, ma scappo spesso in città. Ho studiato Lettere Moderne all'Università Statale di Milano e mi incuriosisce la Linguistica. Cerco di scrivere, di leggere e di vedere quante più cose possibili. Cerco storie. Amo i racconti, la scultura, la poesia, la fotografia. Mi piacciono i dettagli, le simmetrie, i momenti di passaggio.

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