Francia, 1958. Rose Pamphyle è una ventunenne che vive in un monotono paesino della Normandia. Il suo è un futuro già scritto: la attende una vita da casalinga amorevole accanto al figlio del meccanico.
Eppure, Rose ha un sogno: fare la segretaria. Con una fermezza degna di una top manager newyorchese parte per Lisieux, alla volta dell’ufficio dell’ex atleta Louis Echard, a cui mostra la sua unica abilità: battere a macchina ad una velocità straordinaria. Profondamente colpito dal suo bizzarro talento, il facoltoso assicuratore la assume e decide di trasformarla in una vera campionessa della macchina da scrivere costringendola a partecipare ai campionati nazionali di dattilografia.
Degna antenata della goffa ma tenace innocenza di Amélie Poulin de Il favoloso mondo di Amélie, la biondissima Rose (Déborah François) è l’ennesima conferma dell’abilità tutta francese di sfornare commedie romantiche mai banali e sempre frizzanti. Adorabilmente imbranata, con la testa cotonata tra la Tour Eiffel, Rose mostra una sagacia inaspettata e porta sullo schermo la nostalgia per le “donne di una volta”, quelle che ai colori fluo, simil evidenziatori Stabilo, preferivano le tonalità pastello di gonne a vita altissima per conquistare prima un buon posto di lavoro, e poi, se capitava, anche un bel rampollo dalla scorza dura.
È di emancipazione femminile che si discute, dei primi osteggiati tentativi di una ragazza di appropriarsi di una prospettiva di vita che non contempli esclusivamente pargoli e padelle: il regista Régis Roinsard affronta un tema così rose con una commedia che ai baci rubati e ai sospiri innamorati preferisce un ritmo incalzante da film sullo sport. Del resto, non si diventa campionessa di dattilografia dall’oggi al domani: così, Louis (Romain Duris) crea per lei una faticosa routine di corsa mattutina, lezioni di piano per ingentilire le dita e ligia copiatura a macchina di classici della letteratura (ovviamente francese), che la trasformano in una Rocky in gonnella.
Leggi anche:
«Le Fabuleux Destin d’Amélie», ovvero della «bella» differenza tra lasciar essere e far accadere
Tutti pazzi per Rose (orribile traduzione dell’originale francese Populaire) è la deliziosa favola postbellica di una Cenerentola che a suon di chachacha della segretaria riesce a farsi strada in un mondo di soli uomini con una carica così irresistibilmente rosa da far rivalutare il pink power a chi di rosa non ne poteva più dopo le sgraziate mise dell’ereditiera fannullona, miss Paris Hilton.
Alessandra Di Nunno
Non abbiamo grandi editori alle spalle. Gli unici nostri padroni sono i lettori. Sostieni la cultura giovane, libera e indipendente: iscriviti al FR Club!
Segui Frammenti Rivista anche su Facebook e Instagram, e iscriviti alla nostra newsletter!