La letteratura, per nostra fortuna, è tanto vasta e variegata da predisporre per ciascuno di noi un testo fatto e finito che risponda alle nostre esigenze come lettori e come persone: parla, come ci insegna la sociologia, del mondo e per il mondo. Anche le bambine hanno, così, il libro che fa per loro: Storie della buonanotte per bambine ribelli: cento vite di donne straordinarie (acquista) è un compendio illustrato di biografie di donne forti e rivoluzionarie, contro gli stereotipi di genere.
«Storie della buonanotte per bambine ribelli», un simbolo di parità
Nonostante le stroncature di alcuni critici, prima fra tutti Michela Murgia che definisce l’opera un’occasione mancata, Storie della buonanotte per bambine ribelli è un simbolo importante per un’educazione alla parità di genere che si rivolga ai bambini: un’importante ed inedita occasione di ispirazioni per i più piccoli (ma anche per i grandi) di migliorare la nostra società e i suoi gap.
Il ban turco
Ma non tutte le bambine ribelli potranno avere questa fortuna: in Turchia, infatti, l’opera è appena stata bandita per gli under 18 a causa di alcuni suoi contenuti che, per il governo, possono essere considerati portatori di influenza negativa.
In che senso influenza negativa? Le storie raccontante disegnano una realtà fatta di donne forti, eroine moderne, a volte transgender, che hanno cambiato la storia e il mondo. E potrebbero cambiare la storia di tutti, nel loro piccolo: piccole grandi rivoluzioni interiori che spaventano i potenti.
Così inizia la storia turca del libro scritto e disegnato per le bambine ribelli, ma non è una good night story, quanto l’ombra di un regime che spaventa: l’opera non può più essere diffusa da televisioni, radio o giornali, non ne è autorizzata la pubblicità e ai bambini non è consentito portarla a scuola. Come siamo arrivati a questo punto?
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La diseducazione come metodo di governo
Il ban ha fatto scalpore in tutto il mondo, ma il libro di Elena Favilli e Francesca Cavallo non è stato l’unica vittima: insieme a lui, altre opere, altri autori, altre idee.
In un paese come la Turchia in cui la libertà d’espressione è fortemente a rischio, non stupisce che la (dis)educazione parta proprio dai bambini: chiudere le loro menti a certe idee e concetti, pericolosi per determinate impostazioni di governo, è solo il primo passo per la loro plasmazione al regime.
Un governo che ha paura dei professori universitari, avrà per forza anche paura dei bambini. Ma, dopotutto, i bambini sono solo bambini e le storie della buonanotte sono solo storie della buonanotte, vero? Questo ban dimostra che non è così: dai bambini può partire il cambiamento e anche un libro illustrato può essere la scintilla della rivoluzione. Una rivoluzione culturale e pacifica, che andrebbe nel senso opposta al tradizionalismo di base della Turchia dei nostri giorni.
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L’autoritarismo turco e l’inerzia occidentale
Lo scorso anno 38 premi Nobel per la pace avevano scritto al leader turco Erdoan chiedendo a gran voce la libertà di espressione. Dalla sera del 25 luglio 2016, quella del fallito colpo di stato, infatti, la repressione è stata fortissima e lo slittamento di equilibri ed orientamenti verso oriente nettissimo: con un rapido colpo di frusta, il presunto Golpe ha dato al gruppo dominante la possibilità di rimodellare a proprio piacimento ed ideologia la classe dirigente, militare ed universitaria, mettendo alle sbarre quella precedente, considerata un pericolo per l’assetto societario di una nuova Turchia – sicuramente meno libera e più instabile.
Che cosa stia facendo l’occidente per fermare questa deriva, non è chiaro: prima con l’illusione UE, dopo con la mancanza di un’effettiva opposizione a un governo ai limiti di una dittatura, le forze dominanti europee sembrano ignorare gli ultimi sviluppi di un paese sempre più fratturato dal nazionalismo e dal tradizionalismo. Con la questione Siriana ancora aperta, un confine di importanza strategica e uno schieramento militare che ci tiene a mostrarsi forte e compatto, quello turco è un territorio fragile.
Che la stampa non si sbilanciasse in un commento, era certo prevedibile: scorrendo tra i media turchi si può notare come i giornali si limitino a riportare in modo passivo l’ennesima notizia di una libertà in pericolo – giunta stavolta ai nostri occhi e alle nostre orecchie, ma troppo spesso ignorata in altre forme.