L’ironia sottile, la sfrontatezza, il cinema e la pornografia. Il fascino elegante e gli scandali. Cantore, poeta, pittore e musicista visionario Serge Gainsbourg, Monsieur La Décadence, ha una storia irripetibile e troppo ricca per poter essere ridotta in qualche riga. Una faccia che sembra una maschera quella che si vede sulle copertine dei suoi primi ellepì, appena ripubblicati qualche mese fa in Italia da Egea, lo sguardo profondo e una bocca che anche chiusa non può che parlare francese: insomma il brutto che affascina e infatti piaceva e piace, e molto. E dire che era un adolescente timido. Racconterà il primo amore, la modella Elizabeth Levitsky, che fu lei a dover prendere l’iniziativa. Poi «si è seduto accanto a me, ha appoggiato la chitarra e ha spento la luce. E, dato che quella notte abbiamo fatto l’amore più volte di fila, non l’ho mai dimenticata».
Parigi, quartiere Pigalle, 2 aprile 1928: Lucien Ginsburg nasce con la sorella gemella Liliane da Olia Besman, giovane ucraina sposata a Joseph Ginsburg, pianista talentuoso e romantico. Si tratta di una famiglia di ebrei liberali molto attenta all’educazione artistica e culturale della propria prole. All’indomani dei totalitarismi il piccolo Lulu studente modello e autodidatta al pianoforte ha la stella gialla sulla giacca della divisa scolastica e fugge con la famiglia a Limoges. Tornato in città nel 1944, il padre decide di iscriverlo a un Istituto d’Arte ed è qui che il giovane annoiato e passionale incontra la sua prima musa, la Levitsky, e si avvicina alla casa del maestro surrealista Salvador Dalì: l’ispirazione dell’arte e la giovane amante liberano per la prima volta il fascino di Lucien dal peso di una esteriorità poco felice. Nel 1951 arrivano le nozze: un periodo equilibrato che comprende l’attività di insegnamento e gli studi di pittura. Ma Lulu non è un artista a un’unica dimensione e sulla Rive Gauche comincia a sostituire il padre in alcune esibizioni musicali. Immediato è l’interesse femminile per quell’uomo non bello eppure tanto affascinate e sofisticato, con un gusto musicale e artistico di così alto livello. La ribalta è rapida e il divorzio dall’idillio precedente anche, data la sua irrequietezza innata. Stanco del passato Lucien Ginsburg diventa Serge Gainsbourg. Con questa nuova identità è pronto a interpretare i suoi testi, sino a quel momento affidati all’icona Juliette Gréco, e l’occasione viene offerta dal Nightclub Milord L’Arsouille dove il nuovo chansonnier incuriosisce anche i discografici, tanto da ottenere un primo contratto sotto la guida del suo mentore Boris Vian. Esce così nel 1958 il primo ellepì, Du Chante à la Une, con una introduzione che presenta l’artista come cantore della perdizione e del vizio: nel disco si alterna lo swing con la canzone romantica passando attraverso il jazz e il charleston. Gli argomenti sono sofisticati e seducenti: le donne, l’adulterio, l’alcool, la povertà, il degrado morale trattato con sarcasmo. Seguono negli anni successivi N° 2, L’etonnant Serge Gainsbourg e Serge Gainsbourg No. 4.
Quello che più impressiona in questi dischi di Serge Gainsbourg, è la scioltezza e il gusto con cui l’artista riesce a fare propri generi tra i più diversi. Attraverso le canzoni Gainsbourg possiede la Musica: prende i generi e li combina in continuazione a suo piacimento in sperimentazioni variegate, creando atmosfere tra le più diverse che costringono chi ascolta a mutare in continuazione le proprie stesse emozioni. I testi sono duri, malinconici e sopratutto quotidiani con qualcosa che ricorda neanche troppo vagamente la letteratura di un altro genio francese, Charles Baudelaire (1821-1867), a cui il musicista è stato spesso affiancato per alcuni aspetti dell’arte e, forse si può dire, anche per l’indole. Del resto spesso è il poeta a fornire al cantante l’ispirazione per alcuni testi, come in Le Serpent qui danse, che non è altro che la poesia omonima de Les fleurs du Mal messa in musica, con tutta la sua carica erotica e alcune suggestioni, come l’accostamento tra l’immagine dell’onda e quella dell’atto sessuale, che Gainsbourg apprezza e riutilizza spesso: «Et ton corps se penche et s’allonge/ Comme un fin vaisseu/ Qui roule bord sur bord et plonge/ Ses vergues dans l’eau». Ma Baudelaire non è l’unico poeta con cui Gainsbourg si confronta: tra i tanti spunti, la figura di un altro colosso della poesia di Francia, Jacqués Prévert (1900-1977), a cui il cantante dedica Chanson de Prévert.
Poi arriva l’Africa. Nel pieno della Beatlesmania il cantore-intellettuale Serge si reinventa e dà alla luce Gainsbourg Percussion: ritmi intensi, percussioni, cori e tre composizioni del nigeriano Babatunde Olatunji, autore del primo album di musica africana della storia, 5 milioni di copie nel ’59. Ma a Gainsbourg il successo interessa con sprezzo e scrive anche per gli altri, anzi soprattutto le altre, cantanti, attrici, soubrettes. È durante un programma televisivo che incontra la bellissima Brigitte Bardot e inizia con lei una relazione adultera intensa fatta di passione e mondanità. È per lei che scrive il capolavoro Je t’aime, moi non plus registrata in una notte d’inverno del 1967 ma pubblicata solo nel 1986 su richiesta della stessa BB in quanto troppo scandalosa per passare inosservata. Da questa famosa relazione nasce anche l’album Bonnie and Clyde ispirato alla coppia di rapinatori-amanti degli anni ’30. Conclusa amaramente la relazione con la Bardot, Serge si dedica alla realizzazione di colonne sonore per il cinema e nel 1969 sul set di Slogan incontra la modella e attrice Jane Birkin. La storia tra i due crea subito imbarazzo sia per l’enorme differenza di età, la ventenne inglese con il quarantenne tombeur de femmes snob e francese, sia perché Serge abbandona nuovamente la moglie per la giovane amante. Ma lo scandalo acquista dimensioni sempre più esorbitanti a partire dalla ben nota reinterpretazione di Je t’aime, moi non plus.
Una delle prime canzoni in assoluto a trattare in modo del tutto esplicito la libertà totale dell’amore fisico. E quando si parla di Gainsbourg non si può non parlare di erotismo. Nella cabina di registrazione la coppia in duetto si lasciò andare a un reale petting, passato alla storia, dando vita a un testo che trasuda quindi in modo credibile passione e erotismo tra sospiri e voci soffocate: «L’amour physique est sans issue. Je vais et je viens entre tes reins/Je vais e je viens et je me retiens/ No! Maintenant! Viens!». Nonostante non possa considerarsi pura pornografia per il tono malinconico e romantico, il brano venne censurato da molti Stati che ne proibirono la trasmissione radiofonica e anche la vendita. In Italia fu addirittura proibito ai conduttori Rai di nominarne il titolo e il procuratore della Repubblica di Milano ordinò il sequestro del disco sul territorio nazionale per oscenità. Il brano divenne nel decennio successivo uno dei più riprodotti e fu soggetto a numerose reinterpretazioni, ancora oggi è simbolo della rivoluzione sessuale degli anni ’60 – ’70. Del resto l’Eros è per Gainsbourg qualcosa di inevitabile ed esplicito, tanto nella musica quanto nella vita, seppur a volte nascosto sotto la scelta accurata delle parole, come in L’Eau à la bouche: «Laisse toi au gré du courant/ Porter dans le lit du torrent/ Et dans le mien/ Si tu veux bien/ Quittons la rive/ Partons à la dérive».
A rincarare la dose degli scandali spiccioli gli album di musica psichedelica degli ultimi anni su temi provocatori, come quello sulla Germania nazista in chiave humour noir o quello totalmente incentrato sull’ano, Vu de l’extérieur. A questi si aggiunge l’esperienza reggae in Giamaica che trasforma la Marsigliese francese in un pezzo scandaloso nell’album che gli permette di conquistare il disco d’oro nel ’79, provocando le minacce dei parà e della destra estrema. E poi i vizi del fumo e dell’alcool, il tentato suicidio della Birkin e la solitudine. Serge cambia di nuovo nome e diventa Gainsbarre, continuando a lavorare per la musica, il cinema e la pubblicità. Negli anni Ottanta le incestuose collaborazioni con la figlia Charlotte, consacrata sua diretta erede, e l’ultimo album concludono la sua ampia carriera. Pochi mesi prima di un altro grande genio, Miles Davis, la notte del 2 marzo 1991 Gainsbourg muore a Parigi. Un intellettuale geniale, avido di storie inedite e mezzi mai scontati per raccontarle, di sperimentazioni e fragilità – è lui a pronunciare la celebre frase «Fuggire la felicità per paura che sfugga» – con una profonda preparazione culturale e la cui storia, arte e fascino spesso si dimenticano sotto il peso dell’icona che gli si è appiccicata addosso.
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Bello l’articolo su Serge Gainsbourg ; aggiungo qui solo un particolare biografico, inerente il suo “secondo” cognome , che gli venne ispirato dal pittore Thomas Gainsborough (del resto non dissimile dal suo cognome originario), del quale era un grande estimatore