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I «Tre filosofi»: l’enigmatica tela di Giorgione

Cosa si cela dietro l'opera del maestro veneto? È solo un dipinto o un enigma profondo che sfida la nostra interpretazione?

2 minuti di lettura

Realizzata tra il 1506 e il 1508, la tela Tre filosofi è tra le poche opere di Giorgione riconosciute come autografe. Come la maggior parte dei dipinti di quest’ultimo, anche Tre filosofi ha un’anima ermetica ed enigmatica difficilmente decifrabile: nel corso degli anni molte sono state le interpretazioni ma non si è mai arrivati ad una lettura unitaria.

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Analisi dell’opera «Tre filosofi» di Giorgione

Nelle Notizie d’opere di disegno nella prima metà del XVI secolo, Marcantonio Michiel, letterato del Cinquecento, scrive che la tela fu commissionata da Taddeo Contarini, ricco patrizio che possedeva di Giorgione già La nascita di Paride, oggi perduta.

L’impostazione dell’opera Tre filosofi di Giorgione risulta abbastanza semplice: sulla destra sono presenti tre figure. Il primo, vestito di bianco e verde, è il più giovane del trio e si trova seduto con un compasso tra le mani; il personaggio al centro è vestito di rosso e viola e sul capo porta un turbante; l’ultimo, il più anziano, indossa una veste marrone e afferra un foglio su cui sono leggibili la parola celus e una serie di calcoli astronomici. La sinistra della tela è occupata dal paesaggio che è protagonista assoluto dell’opera.

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Giorgione, Tre filosofi, olio su tela, 1506-1508 circa, Kunsthistorisches museum (Vienna) – fonte Wikipedia

Michiel descrive le figure come tre filosofi che contemplano la grotta nel paesaggio, studiandola. L’interpretazione del dipinto risulta in realtà più complessa: secondo alcuni studiosi si tratterebbe di un’allegoria delle età dell’uomo oppure di un trio di astronomi o matematici, tuttavia la lettura corretta potrebbe essere quella data da Salvatore Settis ne La Tempesta interpretata. Secondo lo storico dell’arte, infatti, i protagonisti del dipinto non sarebbero tre filosofi bensì i Re Magi: ad avvalorare la tesi è in primis una radiografia della tela, per la quale Giorgione non aveva eseguito un disegno preparatorio e con cui è possibile vedere tutti i pentimenti dell’artista. L’indagine ha fatto emergere l’iniziale presenza di un copricapo a diadema caratteristico dei personaggi biblici; inoltre, la grotta, il fico e la sorgente d’acqua sono tutti elementi che rimandano alla cristianità.

Probabilmente è stato lo stesso committente a commissionare un dipinto la cui chiave di lettura fosse esclusivamente propria, conferendo appositamente l’aura enigmatica alla tela.

A proposito di Giorgione

Sono veramente poche le informazioni certe sulla biografia di Giorgione, che rimane ancora oggi una delle figure più enigmatiche del Rinascimento.

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È Giorgio Vasari a fornirci ne Le vite de’ più eccellenti pittori, scultori e architettori alcune fondamentali notizie: nato a Castelfranco Veneto nel 1478 da un’umile famiglia, Giorgione si formò a Venezia dimostrando un tale talento da superare grandi maestri come Gentile e Bellini. Ebbe poi l’occasione di vedere alcuni lavori di Leonardo, ammirando e imitando la maniera dell’artista toscano. Vasari racconta poi che Giorgione si specializzò in ritratti «di naturale, che sono e vivissimi e belli»: il pittore veneto nelle proprie opere rappresenta la natura delle cose, arrivando anche a superare i limiti e i confini dell’arte dell’epoca.

Poche sono le attribuzioni certe, circa una dozzina: fondamentale per il riconoscimento delle opere autografe è il già citato testo Notizie d’opere di disegno nella prima metà del XVI secolo del patrizio Marcantonio Michiel che raccolse notizie sulle opere dei collezionisti veneziani suoi contemporanei.

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Antonia Cattozzo

Appassionata di qualsiasi forma d'arte deve ancora trovare il suo posto nel mondo, nel frattempo scrive per riordinare i pensieri e comunicare quello che ciò che ha intorno le suscita.

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