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Tornano alla luce 80 metri di mura Aureliane durante gli scavi della metro C a Roma

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A pochi passi dalla Basilica di San Giovanni, una delle chiese più importanti di Roma, durante gli scavi per la metro C è stato rinvenuto un pezzo delle Mura Aureliane. Il ritrovamento è stato giudicato “eclatante” dagli addetti ai lavori: si tratta infatti di ottanta metri di Mura mai viste prima, che si credevano perdute e che invece si trovavano intatte sotto l’attuale piano di calpestio. In tutto sono state rinvenute undici arcate, due torri, tracce di pittura medievale e un complesso sistema idraulico d’epoca moderna (seicentesca), feritoie per gli arcieri.

Si tratta di un pezzo di muro  “vergine”, la cui conservazione è stata preservata da secoli di smog e dalle tante trasformazioni di epoca recente. Come spiega Edoardo Sassi del Corriere della Sera

“Quel tratto di Mura, ignoto anche alla letteratura archeologica (i primi studi del sistema difensivo avvengono nel XIX secolo) furono certamente interrati a metà del XVIII secolo, quando la «planimetria» e l’«altimetria» della zona vengono radicalmente modificate per il rifacimento della maestosa facciata della basilica. Per chi oggi osserva quella facciata lasciandosi alle spalle la parte più periferica della città, si vede benissimo il tracciato interrotto, a sinistra della Porta Asinaria da via Sannio; uscendo invece dalla basilica il tratto interessato dal ritrovamento è a destra, al di sotto dell’attuale piano di calpestio, frutto appunto di una totale trasformazione del paesaggio e dell’area intorno”.

Oltre alle mura, gli scavi hanno portato alla luce “il più grande bacino idrico mai ritrovato” che si trova all’interno “di un’azienda agricola della Roma imperiale, la più vicina al centro di Roma che sia mai stata ritrovata”. Ad annunciarlo nei primi giorni di marzo è stata Rossella Rea, responsabile scientifico degli scavi archeologici nel cantiere. Si tratta di una vasca “così grande che supera il perimetro del cantiere e non è stato possibile scoprirla interamente”.

Le archeologhe Francesca Montella e Simona Morretta, che con Rossella Rea hanno formato una squadra tutta al femminile, spiegano che la vasca “era foderata di coccio pesto idraulico e, nelle dimensioni oggi note, poteva conservare più di 4 milioni di litri d’acqua. Nel I secolo si aggiunge alle strutture di sollevamento e distribuzione idrica di un impianto agricolo attivo dal III secolo a.C. nell’area dell’attuale via La Spezia e di San Giovanni. Il bacino misurava circa 35 metri per 70, pari a un quarto di ettaro, la superficie di uno iugero. Sembra probabile che la sua funzione principale fosse quella di riserva d’acqua a servizio delle coltivazioni e vasca di compensazione per far fronte alle piene del vicino fiume. Nessun altro bacino rinvenuto nell’agro romano ha dimensioni paragonabili”. Il bacino è più grande, infatti, di ogni natatio e peschiera nota.

“Oltre le pareti del cantiere – precisa Rea – la vasca si estende verso le Mura, ove probabilmente si conserva, e in direzione di piazzale Appio, nell’area interessata dalla stazione della Linea A ove, invece, è stata sicuramente interecettata e distrutta senza che ne fosse documentata l’esistenza”. Le indagini archeologiche sono state realizzate dalla Soprintendenza speciale per i beni archeologici di Roma, con la collaborazione tecnica della Cooperativa Archeologia che ha messo in luce le testimonianze della frequentazione antropica fino a oltre 20 metri di profondità, isolando 21 diverse fasi e dettagliando, per ciascuna, gli eventi naturali e i livelli di organizzazione umana.

“Le informazioni storiche sul settore di San Giovanni erano molto scarse; del resto, il territorio ha subito trasformazioni tali da nascondere sotto metri di terreno le strutture repubblicane e imperiali esistenti fino alla fine del III secolo, quando la realizzazione delle Mura Aureliane prima, e l’urbanizzazione del XX secolo dopo, portano alla definitiva obliterazione di ogni volume” riflette Rea. “Lo scavo della nuova stazione metropolitana ha consentito di spingere la ricerca archeologica a profondità non altrimenti raggiungibili. Un’opportunità di ritrovare la storia del territorio e dell’uomo, attivo nell’area dalla fine del VII secolo a. C., quando inizia a occupare le sponde di un corso d’acqua a fondovalle, e percorre con carri un primo tracciato viario in terra battuta”. A seguire, le prime immagini Ansa scattate nei primi di marzo del bacino idrico e un video del Corriere che mostra il pezzo di Mura Aureliane scoperte durante i lavori della metro.

A.M.G.

Redazione

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