Tomorrowland è un’area tematica del parco divertimenti Disneyland, aperta nel 1955. Avrebbe dovuto rappresentare la terra del domani, ma funse solamente da vetrina per le grosse aziende che sponsorizzavano la costruzione dell’area.
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Seguì poi l’ultimo progetto del signor Disney: EPCOT, Experimentale Prototype Community Of Tomorrow, ovvero un prototipo sperimentale di comunità del futuro, una città-laboratorio in cui architetti ed ingegneri sperimentassero delle soluzioni per il futuro, molte delle quali presentate all’Esposizione Universale, tenutasi a New York nel 1964. Il neourbanesimo e i robot nei parchi popolavano l’immaginazione di Disney, il quale, però, aveva in mente una sorta di assolutismo monarchico, in cui i cittadini non avrebbero avuto diritti, in modo che se qualcuno avesse avuto un’idea utile e possibilmente fruttuosa, egli l’avrebbe attuata senza dover chiedere il permesso.
Frank Walker, un geniale ragazzino incompreso dal padre, si reca da solo all’Esposizione Universale di New York nel 1964 per presentare, senza successo, una sua invenzione: il prototipo di un jet pack. Lì incontra Athena (Raffey Cassidy), una particolare bambina che gli consegna una spilletta, chiave d’accesso per il mondo segreto di Tomorrowland.
Anni dopo Casey Newton (Britt Robertson), sognatrice ribelle e inguaribile ottimista, di notte, va a sabotare di nascosto il cantiere che sta smantellando la rampa di lancio per gli Space Shuttle a Cape Canaveral, dove lavora suo padre, ingegnere della NASA, destinato ormai alla disoccupazione. La ragazza, in un mondo di “adulti” rassegnati ad un futuro oscuro e senza speranza, sembra l’unica che creda ancora di poter cambiare il futuro del pianeta. Proprio per questo viene scelta da Athena, che in realtà è un sofisticato androide con le sembianze di una bella bambina di dodici anni, per accedere al mondo di domani. Questa opportunità è offerta a Casey grazie ad una spilla, che però perde il proprio potere dopo due minuti.
Le due eroine si mettono alla ricerca di Frank (George Clooney) che è stato esiliato da quel mondo anni prima. Egli vive in solitudine in una vecchia casa di campagna, che ospita al suo interno numerosi e mirabolanti congegni ideati dal suo genio. Ma degli audio-animatroni, robot, danno loro una caccia senza tregua per ucciderli; dopo essere sfuggiti da loro, Frank e Casey devono tornare ad un’altra realtà, a Tomorrowland, per sistemare le cose e salvare il mondo dall’annunciata autodistruzione. Da una località segreta degli Stati Uniti si trasferiscono a Parigi, dove salgono sulla Torre Eiffel, che si rivela contenitore per un’astronave con cui si lanciano verso lo spazio per accedere poi all’altra dimensione, ovvero quella di Tomorrowland .
Questo “altro” mondo non è più la bellissima città animata delle visioni di Casey, ma, al contrario, un luogo buio e abbandonato, governato dal presidente David Nix (Hugh Laurie). La fine del mondo, si scopre, essere indotta da un ripetitore – chiamato monitor – che mostra all’umanità, anche se inconsciamente, come sarà il futuro, causando così una terribile profezia che si autoavvera.
Il governatore Nix si oppone al piano di liberazione e salvataggio di Frank e Casey, imprigionandoli e considerando ormai spacciata l’umanità, incapace per lui di decidere da sé sul proprio destino. Grazie però all’aiuto di Athena, che si sacrificherà per salvare Frank, riusciranno a sistemare le cose e a distruggere il ripetitore. A questo punto non resta che reclutare altri sognatori in giro per il mondo, in modo da fornire all’umanità una nuova speranza.
Il regista Brad Bird, vincitore di due premi Oscar al miglior film d’animazione per Gli Incredibili e Ratatouille, propone ad un pubblico di tutte le età (la pellicola può anche essere definita film per famiglie) un’avventura fantascientifica dal sapore che ricorda le ricette cinematografiche degli anni Settanta e Ottanta. Traspare un elogio all’ottimismo, all’esplorazione, alla forza di chi combatte senza arrendersi per rendere il mondo migliore. La sceneggiatura è firmata da Bird stesso e Damon Lindelof (creatore di Lost).
Sebbene il titolo del film alluda ad un mondo del futuro, tanto fantastico quanto tecnologico, lo spazio dedicato a Tomorrowland è davvero poco. Piena di fontane, shuttle, giornali digitali, archi bianchi e tante piscine sospese nel vuoto da attraversare tuffandosi da una vasca all’altra, la città sembra un incrocio tra Sidney e la Xandar capitale dell’impero Nova di Guardiani della Galassia. Non viene detto nulla, purtroppo, dello stile di vita e delle gerarchie politiche. Grande pecca della pellicola è quello di non approfondire aspetti tipicamente descritti nelle opere utopiche e distopiche, utili a inquadrare e approfondire meglio il perché delle linee e dei colori messi sulla tela.
Per quanto riguarda gli attori di Tomorrowland; la Robertson veste bene i panni della liceale ribelle, anche se il suo personaggio segue i canoni tipici dell’Eletto che, acquistando man mano consapevolezza delle sue capacità, diventa colui in grado di salvare tutto e tutti; risultando fin troppo stereotipato, fin troppo inserito nell’ottica ottimistica che inquadra il film probabilmente.
Altrettanto convenzionale si dimostra il presidente Nix, che acquista rilevanza solo negli ultimi quaranta minuti del film, in cui inveisce contro la noncuranza dell’intera umanità nei confronti del destino del loro pianeta; unica nota critica e a tratti fuori dai canoni del tipico.
Avvilito e cinico appare, invece, George Clooney, che interpreta un Frank piuttosto rigido e impiegatizio; non sembra divertirsi come fece ad esempio in Gravity.
La vera rivelazione risulta essere la piccola Raffely Cassidy che, interpretando la piccola ma potente androide, è il vero deus ex machina dell’intera vicenda.
In linea con molte altre produzioni firmate Disney, i protagonisti sono persone speciali che non vengono comprese o accettate dal resto della collettività. Pur partendo da un messaggio di apertura in cui tutto è ottimistico, out there e con la convinzione in cui gli uomini sono artefici del proprio destino, con un’accettazione deterministica dell’universo, vengono però elencate una serie di eccezioni che restringono il campo: il progresso è positivo tranne quando è in mano alle grandi corporazioni, che lo sfruttano.
Non tutti, in realtà, possono collaborare alla creazione del domani, in quanto si deve appartenere ad un’élite di prescelti, l’oligarchia del plus ultra, giovani e prodigiosi nel loro campo di interesse. Il regista, quindi, non sembra credere realmente al motto «tutti possono cucinare» di Ratatouille, barricandosi in una sorta di torre d’elezione in cui solo i migliori posso fare – mancando effettivamente del democratismo tipico dell’ottimismo con cui è condito tutto il film.
In un mondo disincantato di una società che non guarda più a niente con passione, che diffida persino della tecnologia, il regista vuole ricordare a tutti che dovrebbero tornare ad immaginare, a stupirsi e a farsi entusiasmare dalle scoperte.
Nicole Erbetti
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