Timbuktu, un film contro l’oscurantismo jihadista, trionfa alla quarantesima edizione, appena conclusasi, dei Cèsar, gli oscar Francesi. Già osannato dal pubblico all’ultimo Festival di Cannes (dove però non venne premiato) Timbuktu vince sette statuette (miglior film, regia, musiche, montaggio, suono, fotografia e soggetto) ed è ora in corsa per gli Oscar come miglior film straniero.
In una Francia segnata dalla strage di Charlie Hebdo ed in un’Europa con gli occhi puntati sul Medio Oriente e sulla minaccia dell’ISIS, questo film non può che essere accolto a braccia aperte e fiati sospesi, non può che suscitare profonde riflessioni su cosa sia realmente lo scontro tra Oriente ed Occidente, su quale sia la parte dell’Islam vissuto come religione intima e quale sia la parte del fondamentalismo violento. “Fermateli, fanno del male all’Islam e ai Mussulmani”, è la frase di un abitante della città presa d’assalto dagli jihadista, che riassume il profondo conflitto messo in scena del film.
Il regista del film è Abderrahmane Sissako, nato in Mauritania ma trasferitosi all’età di 22 anni a Parigi. “La Francia è un Paese magnifico perché riesce a risollevarsi davanti all’orrore, alla violenza e all’oscurantismo”, ha detto Sissako,ricevendo il premio al termine della lunga cerimonia in cui si sono susseguiti commossi riferimenti alle stragi jihadiste di inizio gennaio.
“Non c’è shock civiltà, ma solo incontro tra civiltà”, ha concluso tra gli applausi del pubblico Sissako.
Il film è uscito nelle sale italiane il 12 febbraio.
Per una recensione si rimanda all’articolo: “Timbuktu: sguardo illuminato sulla guerra in Mali”
C.M.