Autore simbolo del passaggio ideologico tra ‘800 e ‘900, Thomas Hardy fu uno scrittore inglese prolifico e instancabile, la cui opera conta numerosi romanzi e componimenti poetici, ma noto soprattutto per aver ambientato parte dei suoi scritti nella splendida e incontaminata campagna del Wessex, nell’Inghilterra sudoccidentale.
Hardy nacque ad Higher Bockhampton, nel Dorset, il 2 giugno 1840, figlio di un operaio edile e maggiore di quattro figli. Cresciuto nella vastità della campagna collinare, stabilì fin da bambino un intenso rapporto con la natura e la quotidianità rurale, nella quale inscrisse i moti del proprio animo così come quelli dei suoi più celebri personaggi. Dopo aver ricevuto una discreta istruzione nel Dorchester, a sedici anni Thomas divenne apprendista presso un architetto locale, John Hicks, iniziando così la propria carriera nel settore edile che proseguirà con numerosi apprendistato a Londra e con l’affermazione del proprio talento in questa professione. Egli divenne infatti uno stimato professionista e parroco anglicano, e ciò gli concesse una stabilità economica e psicologica fondamentale per la sua massiccia produzione letteraria.
Il suo percorso artistico iniziò con la poesia, dando vita a numerosi componimenti raccolti in volume verso il 1870 (tra cui le raccolte Neutral Tones e Retty’s Phases). Parallelo a queste pubblicazioni è il suo cimentarsi nella prosa, scrivendo, tra 1867 e 1868, il suo primo romanzo The Poor Man and the Lady (Il Pover uomo e la Dama), intriso di coscienza sociale, che però non venne mai pubblicato.
L’opera di Thomas Hardy è assai varia ed eterogenea, e ben presto conobbe un grande successo di pubblico e critica con il romanzo A Pair of Blue Eyes (Un paio di occhi blu, 1873), opera romantico-sentimentale la cui ispirazione sorse dalla tenera relazione con Emma Lavinia Gifford, sua amatissima sposa. Il successo di Hardy crebbe di volume in volume, diventando un autore di best seller internazionali fra i più acclamati dell’epoca, grazie alla vivacità delle trame, la vivida descrizione dei paesaggi, e l’intensa analisi caratteriale dei suoi personaggi.
In particolar modo Hardy colpisce per la sua predilezione nel trattare personaggi femminili, fra i principali protagonisti dei suoi romanzi, proponendoli in una luce completamente nuova ed estranea a un’Inghilterra permeata del perbenismo vittoriano. Le donne di Hardy, proto-femministe indipendenti e autosufficienti, sono fortemente intrise di carisma e determinazione, che lottano per affermare la propria femminilità svincolandola dal controllo e dalla sottomissione maschile.
Fra le eroine più amate dell’opera di Hardy vanno ricordate l’impulsiva e affascinante Bathsheba Everdene, testarda protagonista di Far From the Madding Crowd (Via dalla Pazza Folla, 1874), Eustacia Vye, romantica eroina di The Return of The Native (Il Ritorno del Nativo, 1878), e infine l’amatissima Tess Durbeyfield, la celebre Tess of the D’Urbervilles (1891), a cui Thomas Hardy si dedicò con una cura ed un’attenzione tale da far supporre che ne fosse realmente innamorato.
Queste donne, i cui nomi richiamano quelli delle grandi personalità bibliche, reclamano la propria individualità, la propria indipendenza e, nel caso particolare di Bathsheba e Tess, raggiungono la stabilità economica, tramite eredità nel caso di Bathsheba, e grazie al lavoro in quello di Tess. Inscritte in una realtà agricola e rurale, queste maiden, ovvero vergini, sono il simbolo della semplicità e della forza del popolo di campagna, di un prorompente spirito di sopravvivenza che sembra non spegnersi mai.
Anche nel gioco amoroso, sono loro a tirare i fili della scena, a muovere i meccanismi del corteggiamento e del matrimonio. Ma Tess, che più di tutte si proietta verso quell’introspezione psicologica e verso quella complessità morale tipica del 1900, è colei che non solo tesse la trama della sua vita, ma anche della sua morte, scegliendo di morire dopo aver raggiunto la massima e piena felicità.
All’apice del successo, con innumerevoli romanzi e poesie pubblicati, Thomas Hardy morì l’11 giugno 1928, all’alba di un secolo turbolento e doloroso, in cui la forza dei suoi personaggi fu di ispirazione per molti scrittori. Attento osservatore della realtà, fu la voce del popolo, testimone di ingiustizie sociali e di genere, femminista ante-litteram che riconobbe nelle donne un’incrollabile volontà e una fede inestinguibile, una delle voci che per prima difese la guerra quotidiana dell’essere donna, di una pretesa sottomissione che mira ad estinguere la fiamma della femminilità, dell’essere moglie, madre, creatura incompresa ma ricca di una grande e indistruttibile bellezza.
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