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The Imitation Game

The Imitation Game: l’umanità nella storia di Alan Turing

Nel pieno della seconda guerra mondiale, il brillante matematico Alan Turing decide di mettere al servizio del governo dell Gran Bretagna le sue abilità per decodificare i codici segreti nazisti, tramite la macchina Enigma.

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2 minuti di lettura

Se con A Beautiful Mind la magistrale interpretazione di Russell Crow aveva trascinato il pubblico nelle più intime tempeste del premio Nobel John Nash, con The Imitation Game Benedict Cumberbatch ci porta dietro le quinte della storia, presentando al mondo un personaggio tanto complesso quanto geniale. È la storia di Alan Turing, matematico e crittografo britannico, e di come il suo ingegno e le sue scoperte rivoluzionarie abbiano salvato la vita a milioni di esseri umani.

Nel 1939, infatti, Turing entrò a far parte di un’equipe specializzata con il compito di distruggere la più potente e micidiale arma nazista: Enigma, la macchina utilizzata per cifrare i messaggi riguardanti gli attacchi e le missioni belliche. Definita da tutti indecifrabile, Enigma generava miliardi di codici al giorno, la cui chiave di lettura scadeva ogni 24 ore. Nascoste dietro la facciata di una stazione radiofonica, le più brillanti menti della Gran Bretagna lavoravano senza sosta, accompagnate dal macabro ticchettio dell’orologio, che misurava i secondi in unità di vittime. Ma tra fogli stracciati, inutili combinazioni, e serie infinite di codici, emerge la figura di Turing, e la genesi della sua rivoluzionaria creatura.

È necessario sottolineare il grande spessore umano che Cumberbatch ha conferito al suo personaggio. Attraverso un’espressività forse ridotta al minimo, le emozioni dilagano in un’incessante vortice, dall’estrema sicurezza alla vulnerabilità assoluta, dalla completa solitudine alla piena fiducia verso il prossimo, dalla gioia di un successo alla paura della responsabilità. Inoltre, la personalità che Cumberbatch ha dovuto mostrare al mondo è estremamente complessa. Il primo impatto è quello di un uomo molto sicuro di sé e delle sue capacità, sprezzante dell’autorità ed incredibilmente ostile. Si svela poi il lato geniale del personaggio, durante la progettazione della sua macchina, «Christopher», predecessore dell’odierno computer. Infine, Turing scompare dallo schermo, e al suo posto troviamo noi stessi. Troviamo le difficoltà che ognuno di noi deve affrontare quotidianamente per rimanere fedele a se stesso, il dolore di non poter essere capiti, e la solitudine che affligge chi è diverso.

Infatti, nonostante la sua brillante invenzione sia stata decisiva per la fine della guerra, Turing venne discriminato per la sua omosessualità, venne condannato alla castrazione chimica per poi essere dimenticato. E forse è questo il grande Enigma che Turing ci spinge a risolvere. Ciò che il pubblico vede sullo schermo non è la Seconda Guerra Mondiale, non è la lotta fra Turing e Hitler, ma è la cruda realtà quotidiana della discriminazione.

La bellezza di The Imitation Game non sta nella trama, che può essere brevemente riassunta in poche righe, ma nel capitale umano che trasmette. Si potrebbero spendere fiumi di parole sul cast e sulle loro grandi interpretazioni. Ma non si renderebbe giustizia alla grandezza di questa pellicola. Perché il pubblico qui può sentire ciò che si ha paura di dire, e può vedere ciò che si tende a nascondere. Per quanto un uomo sia grande, per quanto la sua intelligenza superi i limiti dell’immaginabile, ci sarà sempre qualcuno pronto a denigrarlo, pronto a sminuirlo per l’orientamento sessuale, politico o religioso, per i modi di fare o per la personalità e ci sarà sempre un uomo stupito e incredulo di fronte alle capacità di una donna (come nel caso di Joan Clarke, interpretato da un splendida Keira Knightley).

Non si può quindi che concludere con un sincero elogio della pellicola e del cast, e con una frase che da sola rende questo film meraviglioso:

Sono le persone che nessuno immagina che possano fare certe cose quelle che fanno cose che nessuno può immaginare…

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Anna Maria Giano

Mi chiamo Giano Anna Maria, nata a Milano il 4 marzo 1993. Laureata Lingue e Letterature Straniere presso l'Università degli Studi di Milano, mi sto specializzando in Letterature Comparate presso il Trinity College di Dublino.Fin da bambina ho sempre amato la musica, il colore, la forza profonda di ciò che è bello. Crescendo, ho voluto trasformare dei semplici sentimenti infantili in qualcosa di concreto, e ho cercato di far evolvere il semplice piacere in pura passione. Grazie ai libri, ho potuto conoscere mondi sempre nuovi e modi sempre più travolgenti di apprezzare l'arte in tutte le sue forme. E più conoscevo, più amavo questo mondo meraviglioso e potente. Finchè un giorno, la mia vita si trasformò grazie ad un incontro speciale, un incontro che ha reso l'arte il vero scopo della mia esistenza... quello con John Keats. Le sue parole hanno trasformato il mio modo di pensare e mi hanno aiutata a superare molti momenti difficili. Quindi, posso dire che l'arte in tutte le sue espressioni è la ragione per cui mi sveglio ogni mattina, è ciò che guida i miei passi e che motiva le mie scelte. E' il fine a cui ho scelto di dedicare tutti i miei sforzi, ed è il vero amore della mia vita.

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