Ambientato all’inizio del XVIII secolo, The Favourite è la storia di una classica sceneggiatura da film in costume caduta “accidentalmente” in mano ad un folle regista venuto da Atene, Yorgos Lanthimos. Un incontro fortunato che rende comica ogni battuta, drammatica ogni stanza, ridicola ogni parrucca.
Ciò che sembra e ciò che è
La regina Anna (Olivia Colman), sovrana di un’Inghilterra in guerra, è l’infantile burattino della fidata Lady Sarah (Rachel Weisz). È lei infatti a tirare le fila politiche del palazzo reale, muovendosi con destrezza in un gioco di fiducia e amore a cui vorrà partecipare anche l’affascinante Abigail (Emma Stone) ; il terzo vertice di una controversa battaglia per il controllo della regina e del suo cuore.
Ciò che però è probabilmente difficile capire per coloro che ad ora possono accedere solo alle immagini del film è quanto quei costumi, quella compostezza e quella sfarzosa imponenza sia invero falsa e sconsacrata. Perché dall’Inghilterra della Regina Anna Lanthimos pone le basi per un canonico intreccio di potere e sesso, ma solo per poterlo sporcare con un’occhio teso alla parodia ed una mano veloce a cambiare le battute di personaggi capaci di scaturire la risata con la loro contraddittoria sincerità e l’alternata abilità di mostrarsi attori nell’atto di recitare. Indugiano così nell’ascoltare le frasi di chi si trova loro davanti, trattenendo sorrisi ed agendo esattamente come se stessero recitando. Non è una tecnica narrativa nuova per Lanthimos – il quale da anni ormai pone i propri attori in situazioni assurde e dalla difficile empatia, quasi a volerli invitare al distacco e alla semplice ripetizione della battuta – ma ciò che qui viene rinnovato è la maniera con cui essi reagiscono nel reciproco confronto. Essendo infatti, almeno sulla carta, una storia di intrecci politici a suon di dispetti, più o meno mortali, è proprio nel dialogo che si incastrano alla perfezione i livelli di assurdo e comico diretti dal regista e realizzati dalle tre abili attrici.
Da guardare in piedi
Già l’idea che sia Yorgos Lanthimos a strappare le prime risate della mostra del cinema di Venezia è quanto mai particolare, ma positivo. Perché la strana sensazione che il recente l’uccisione di un cervo sacro (2017) avesse in un certo modo confermato le note capacità del regista, inquadrandolo però in una cinematografia esageratamente chiusa in se stessa e destinata a replicarsi all’infinito, sembra qui non solo attenuarsi, ma quasi scomparire. The Favourite è così un film con un piede dentro e uno fuori dalla poetica del suo autore, punto di partenza per lui quanto per il suo pubblico.
Perché l’incalzante movimento di battute ed eventi che martellano senza sosta lungo la visione è infatti ben più di un intellettuale esercizio di stile, quanto invece un vero e proprio stimolo all’attenzione, a tratti davvero innovativo. Verrebbe da guardarlo in piedi, così da poter ridere di ogni sguardo lanciato da una bellissima e plastica Emma Stone, e poi magari camminare su e giù dalla sala per cercare il limite alla follia di una corte fatta di infantili richieste, gare di galline e parrucche senza fine.
Ad un passo dalla perfezione
Lo spazio del racconto, ma soprattutto l’epoca ed i costumi ad essa legati, aiuta non poco questo gioco di comici rovesciamenti. Inseriti uno ad uno in una ritmata, e apparentemente priva di valore narrativo, divisione in capitoli. Prima esilaranti, e poi man mano angoscianti a causa del loro continuo accavallamento e del conseguente allontanamento di un finale ad un tratto necessario.
Sbaglia infatti proprio sull’ultimo The Favourite, decidendo di tirare dritto proprio dopo il proprio momento di massimo splendore e lasciando così che le risate diventino sorrisi tirati ed infine semplici silenzi d’attesa prima della fine dei giochi.