Bionda e dalla pettinatura anni Venti, Barbette entrava in scena avvolta in piume di struzzo e ornata di gioielli. Passo dopo passo si toglieva il copricapo, il mantello e l’abito e restava quasi nuda. Barbette era una forza della natura, bella e sensuale da far venire il capogiro. Il suo vero nome era Vander Clyde, texano di nascita trapiantato a Parigi, trapezista e performer circense dai movimenti sinuosi.
Aveva debuttato nel 1923 al Moulin Rouge, inaugurando una stagione di fama e successi che lo avrebbe spinto a divenire una delle muse più desiderate del surrealismo. Un female impersonator tecnicamente parlando, una drag queen secondo il linguaggio attuale. La fama che lo ho reso e immortale nel tempo la si deve all’esibizione al Casinò de Paris, che lo consacrò al mondo intero mediante l’epiteto di Exquise Barbette. Apertosi il sipario, una bionda graziosa vestita di sole piume camminava su una fune sospesa sulle teste degli spettatori per poi raggiungere una piattaforma su cui esibirsi in spericolati numeri agli anelli. Tra un volteggio e l’altro gli abiti volavano via, scoprendo di volta in volta un corpo androgino ma mai così incredibilmente seducente. Finita l’esibizione l’acrobata si avvicinava al pubblico, toglieva la parrucca e scopriva la parte “maschia” fino a quel momento candidamente celata; era Barbetta e Vander allo stesso tempo, e sprigionava da quella palese ambiguità tutto il fascino che riusciva a emanare.
Gli intellettuali facevano a gara per assistere agli spettacoli del travestito Exquise Barbette, inaugurando con Jean Cocteau una vera e propria passione per questo performer di charme che, secondo l’artista francese, nascondeva in sé tutti i segreti della bellezza ammaliatrice: «Né Stravinskij, né Auric, né i poeti, né i pittori, né me compreso… non s’è mai vista simile classe ed arte scenica dai tempi del divino Nijinski!». Anni dopo, nel 1926, Cocteau dedicava a Clyde un saggio dal titolo Le Numéro Barbette sulla Nouvelle Reveau Française in cui scriveva:
«È un giovane americano di 24 anni, un po’ gobbo e di andatura barcollante. Da una caduta gli resta una brutta cicatrice che fa retrocedere il suo labbro su una dentatura disordinata […]. Poi si trucca , sale sul trapezio e diventa indimenticabile nella luce magica del teatro, dove ciò che è Vero e Naturale non ha più valore. […] Quando si traveste da donna, non sembra una donna, è La Donna».
Qui Cocteau paragonava inoltre l’atto performativo di Barbette alla trasformazione del dottor Jekyll in Mr. Hyde, alla metamorfosi umana in pianta così come narrata dalla letteratura greca. Un trasformismo che aveva nell’ambiguità sessuale il fulcro del suo ipnotico successo, una capacità di cambiare volto e sesso che affascinava e ossessionava anche la mente più illustre.
Sarà Man Ray, su spinta di Cocteau, a seguire e ritrarre Barbette nel backstage dei suoi spettacoli, documentando step by step la costruzione meticolosa del suo personaggio. Il risultato saranno una serie di fotografie queer che ritraggono l’artista e svelano la persona, restituendo all’occhio dell’osservatore l’immagine di un uomo diviso a metà, con il volto truccato e il busto maschile.
Non solo artisti e poeti maledetti (Paul Valéry, guardandolo, si domandava se non ci fosse un mito greco intitolato “Ercole trasformato in rondinella”), ma anche uomini d’affari, principesse e reporter internazionali si accalcavano sospiranti fuori dal camerino di Barbette. I giornalisti lo inseguivano per tutta Parigi e quando uno di loro riuscì a intervistarlo, questi aprì la porta della camera nudo, con il viso ricoperto da una maschera di bellezza al fango nero.
Ancora Jean Cocteau volle ispirarsi a lui nel suo balletto-tragedia Orphée in cui un attore vestito di Chanel calzava guanti di gomma per lavare i piatti. Si narra che il poeta francese portasse con sé Barbette persino nei bordelli dove, in compagnia dell’eccentrico scrittore Maurice Rostand erano soliti assistere alla proiezioni di film pornografici non troppo esaltanti.
Quel che è certo è che Coteau usò l’androgina bellezza di Barbette per interpretare il ruolo di una donna nel suo primo e scandaloso film Le Sang d’un poéte (1930), in cui vestito di Chanel affiancava i visconti De Noailles e la principessa Natalie Paley. Tutti impazzivano per lui, persino la patinatissima rivista Vogue che incaricò il fotografo George Hoyningen-Huene di ritrarlo come una grande star. Anche Alfred Hitchcock s’ispirò a Barbette per il personaggio dell’ambiguo assassino trapezista en-travesti della pellicola Murder!
La magia del volteggio e del fascino ambiguo si spense dopo un’esibizione al Loew’s State di New York, al seguito della quale Clyde si ammalò di polmonite aprendo le porte a un lungo periodo di inattività. Si era già con un piede nel conflitto mondiale, il mondo non aveva più bisogno di intrattenimento elegante. Con la leggerezza di una piuma che cadendo al suolo genera un silenzio assordante, Barbette se ne andò nel 1973, dopo un passato da musa inquietante en-travesti e regina ammantata di piume.
Fonte: Brambilla G., Lo squisitissimo Barbette, in “Pride”, agosto 2006
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