Nel panorama vasto, ma troppo spesso deludente, delle serie proposte nel 2019 spicca, tra le altre, The Boys, prodotta da Amazon Prime Video, disponibile dal mese di luglio sulla piattaforma.The Boys ci proietta in un mondo che, solo in apparenza, parla di supereroi e super poteri ma che, in realtà, nasconde una metafora molto profonda della nostra stessa società.
La società di The Boys
The Boys è una serie di Eric Kripke che si sviluppa sull’omonimo fumetto del 2006 di Garth Ennis e Darick Robertson e descrive un mondo in cui i supereroi sono un dato di fatto, una normalità, parte integrante di una società in cui si pongono come modello di una lunga lista di valori normalmente legati all’idea dell’eroe e del supereroe: rettitudine, bontà, lealtà e via discorrendo. Essi sono dotati di poteri extra-ordinari che li rendono diversi nella moltitudine della normalità e, per questo motivo, in qualche modo, prescelti. Questo è un punto abbastanza centrale nella narrazione della serie, poiché viene più volte presentata una connessione tra il possedere i super poteri e una sorta di predestinazione divina.
Tale presupposto è, di fatto, anche uno dei capisaldi su cui si costruisce la macchina mediatica portata avanti dalla multinazionale Vought che, costruita sul modello delle grandi corporation, si presenta nella serie come una realtà estremamente radicata nella società, tanto potente da potersi permette di trattare direttamente con le forze dell’ordine e con gli organi governativi.
L’arma della Vought è quella gestire completamente la vita dei supereroi con una particolare attenzione a quella dei 7, ovvero l’insieme dei migliori tra i supereroi, diventati un vero e proprio marchio. La Vought costruisce la sua forza su di una propaganda mirata a celebrare l’imprescindibilità della figura del supereroe in una società nella quale lo Stato e le forze dell’ordine non riescono a frapporsi tra lo scaturire delle violenze e l’incolumità dei cittadini.
Ciò che si nota abbastanza in fretta guardando The Boys è come l’idea stessa del supereroe sia un prodotto commercializzabile, da gestire e da promuovere. Vediamo, ad esempio, le trattative di vendita a cifre esorbitanti di un supereroe minore ad un’altra città, come anche l’uso totale della loro immagine nel merchandising.
Il supereroe
Emerge pertanto la figura di un supereroe estremamente vincolato, impossibilitato ad autogestirsi finanche nel privato, immagine che in qualche modo ci riporta ad uno star system presente anche nella nostra stessa società. Gli esempi che richiamano il mondo reale sono percepibili anche in aspetti apparentemente minori della narrazione che contribuiscono tuttavia a spiegare come la realtà sfavillante costruita attorno al supereroe non sia poi così veritiera. Il momento del casting a cui partecipa una delle supereroine, Starlight (Erin Moriarty), per poter diventare membro dei 7 è uno di questi.
Nel corso della serie verrà evidenziato come questo momento rappresenti solo l’ultimo di una lunga serie di concorsi a cui partecipa la ragazza, spinta sia dai suoi buoni propositi sia da una madre particolarmente insistente, che ha dedicato tutta la sua vita alla costruzione dell’immagine della figlia e alla definizione di un suo ruolo nella società.
Attorno ai supereroi, e più nello specifico ai 7, si costruisce il mito e il consenso generale della gente, il quale però spesso non si rivelerà giusto. Già dalla prima puntata si evince come i supereroi siano solo apparentemente degli esempi di valore, ma nascondano in realtà tutte le storture e le insidie della fragilità umana, che con molta facilità può cadere nel vizio e nell’oscurità.
Il commettere omicidi e atti di violenza, persino abusi sessuali, scadere persino nel più becero egoismo; ognuno di questi aspetti fa parte di una realtà che appartiene anche al mondo dei supereroi descritto nella serie, e che viene celata – in primis dalla Vought – perché non funzionale, ovviamente, alla costruzione di potere.
I ragazzi
Ad ostacolare questa narrazione favolistica si pone ben presto il gruppo dei così detti “ragazzi”, The Boys, che si (ri)formerà a seguito di un evento traumatico ai danni di Hughie (Jack Quaid), causato proprio da uno dei 7, A-Traine (Jessie Usher). Questo momento rappresenta il punto di partenza da cui tutta la trama ha inizio e in cui ogni giudizio di valore viene reinterpretato.
A seguito del tentativo d’occultamento dell’evento da parte della Vought, infatti, assisteremo ad una lenta ma emblematica presa di coscienza di Hughie, sostenuta anche dalla comparsa di Billy Butcher (Karl Urban), figura misteriosa e difficilmente inquadrabile, con un passato che emerge a mano a mano negli episodi ma che sin da subito si pone in contrasto con la Vought e in generale con i supereroi. Billy, è una figura che non si riesce a collocare in un ipotetico bene o male. Cerca la sua vendetta personale contro Il Patriota (Antony Starr) – figura chiave nei 7– al quale imputa la perdita della moglie, e per il raggiungimento di questo fine si macchierà egli stesso di un insano egoismo.
Il resto del gruppo, costituito da Latte Materno (Laz Alonso), Frenchie (Tomer Kapon) e Kimiko (Karen Fukuhara), si riunirà velocemente; nella serie si spiega presto come già in precedenza Billy e gli altri avessero cercato di opporsi alla Vought, ma che fossero poi stati costretti a demordere.
Attraverso il casus belli di Hughie il gruppo arriva alla scoperta del vero e proprio punto di svolta degli eventi, il Composto V. Questo è apparentemente una droga della quale fanno uso alcuni supereroi per incrementare i loro poteri ma ben presto si scoprirà come il suo ruolo abbia un’incidenza ben più profonda e oscura che apre ad un’altra percezione dell’immagine del supereroe ed i suoi stessi poteri.
La serie cavalca l’onda del successo attuale dei cinecomics presentando tuttavia una realtà diversa da quella normalmente dipinta, qui i valori proposti sono disattesi proprio da chi dovrebbe difenderne l’integrità e tutto appare piegato a logiche e interessi ben più grandi, ma molto più nascosti. In questa narrazione i supereroi sono quasi delle pedine che rivelano molti tratti contraddittori e lati bui che celano spesso insicurezze e frustrazioni.
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The Boys: perché sì
I motivi per dare una possibilità a questo lavoro sono molteplici, primo tra tutti una trattazione mai banale o moralistica degli eventi. Supereroi e antisupereroi sono infatti dipinti in maniera molto cruda, spesso ombrosa, mai stereotipata se non solo ad una prima occhiata.
The Boys è un lavoro ben fatto, adatto a chi ama il mondo dei supereroi ma anche a chi ne è molto lontano, perché si ha modo di assistere ad una grande, assurda e infelice metafora dei nostri tempi.