La storia è piena di oggetti magici e leggendari su cui racconti e cronache hanno ricamato le più incredibili storie. Dal santo Graal a Excalibur, dei semplici manufatti hanno raccolto in sé la potenza millenaria del mito. A Monza, città immersa nella Pianura Padana si trova uno di questi incredibili oggetti: la Corona ferrea, un simbolo di metallo e pietre preziose. Una semplice fascia di ferro e oro, ma che nel corso dei secoli si è fregiata del nome di Corona d’Italia. Nello stesso luogo in cui è custodita si possono trovare altre incredibili meraviglie a cavallo tra storia, abilità artigiana e leggenda. Si tratta del tesoro della regina Teodolinda, conservato all’interno dello splendido Duomo di Monza.
La Corona ferrea: secoli di storia in un piccolo oggetto
La figura di Teodolinda (570-627 d.C.), regina dei Longobardi, è una delle più affascinanti della storia italiana ed europea. La sua storia è quella di una donna forte e determinata, il cui nome significa “scudo del popolo” nella lingua del suo paese di origine, la Baviera.
La sua influenza permise al popolo longobardo di avvicinarsi alla Chiesa cattolica, riunendo i lembi dello strappo creatosi dallo scisma tricapitolino. Restituì alla cristianità reliquie e tesori confiscati dai longobardi e fece costruire nella capitale estiva del regno una chiesa come mai si era vista prima: il Duomo di San Giovanni a Monza.
Teodolinda amò enormemente la città brianzola, tanto da sceglierla come luogo per la sua tomba e quella della sua famiglia, donando al Duomo il suo tesoro, custodito ancora oggi con la stessa dedizione di allora.
All’interno della “sua” chiesa le immagini che la ritraggono sono moltissime, presenti negli affreschi e nelle sculture sulla ricca facciata in marmo bianco e nero. La regina non vide mai l’opera completata, facendosi seppellire in una chiesa in costruzione.
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Tra i numerosi oggetti presenti nel tesoro spiccano per raffinatezza e maestria artigianale croci, reliquiari e persino una chioccia in oro accompagnata dai suoi pulcini. A sorprendere di più il visitatore però sono l’abbagliante Evangelario di Teodolinda e soprattutto le due corone: la corona della regina e la Corona ferrea.
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Quest’ultima è una fascia composta da sei piastre in oro arricchite da granati, zaffiri e ametiste. Eppure, per la tradizione non sono questi inserti a rendere la corona un oggetto pieno di misticismo, bensì lo stretto anello in ferro che corre internamente alla corona. Si tratta, secondo la storia cristiana, di uno dei chiodi della Croce, portati in Italia dalla Terra Santa da Sant’Elena. La donna scelse uno dei chiodi sacri per comporre la corona che avrebbe incoronato suo figlio Costantino re della cristianità. Da allora la Corona ferrea fu utilizzata per incoronare tutti i regnanti d’Italia, dai Longobardi fino a Napoleone Bonaparte, che il 26 maggio 1805 la indossò proclamandosi Re d’Italia e pronunciando la frase «Dio me l’ha data, guai a chi la tocca». Lo stessero fecero anche i Savoia, continuando la tradizione fino a re Umberto I.
La realtà storica però è un po’ diversa dalla leggenda. Secondo studi recenti l’anello interno della corona è in argento e non in ferro, escludendo ogni possibile origine dai chiodi della Croce. Inoltre, non si hanno prove certe delle incoronazioni avvenute con la Corona ferrea, se non per le più recenti da Napoleone in avanti. Probabilmente si trattava di una reliquia e non di un oggetto d’uso, anche in ragione delle sue dimensioni ridotte, inadatte a circondare il capo di una persona adulta.
Oggi la Corona ferrea fa bella mostra di sé nella Cappella di Teodolinda, sull’altare a lei dedicato, realizzato da Luca Beltrami nel 1896, uscendo dalla sua teca solo per pochi eventi straordinari, come il funerale di re Vittorio Emanuele II e di re Umberto I e per essere messa al sicuro durante la Seconda Guerra Mondiale.
Il Tesoro di Teodolinda a Monza: non solo la Corona ferrea
All’interno della donazione fatta dalla regina Teodolinda al Duomo da lei edificato non c’è solamente la Corona ferrea, ma un vero campionario dei più alti livelli raggiunti dall’arte orafa longobarda.
La Croce di Agilulfo ad esempio; un incredibile manufatto in oro e pietre preziose a forma di croce latina con svasature tipiche dell’arte bizantina, decorata da pendagli tradizionalmente longobardi con delle grosse perle alle estremità. Nonostante la funzione dell’oggetto resti misteriosa non si puù che rimanere abbagliati dalla sua bellezza.
Insieme alla croce appartenuta al secondo marito di Teodolinda, all’interno del Tesoro nel Duomo di Monza si può ammirare anche l’evangelario della regina, di cui resta unicamente la copertura in oro, smalti e cammei. Le complesse tecniche della filigrana e dello sbalzo rappresentano un vero sfoggio di abilità che Papa Gregorio I volle donare a Teodolinda per l’avvenuta conversione del popolo longobardo dall’arianesimo alla religione cristiana cattolica.
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Insieme a oggetti liturgici e simboli del potere si può notare anche un manufatto molto particolare: si tratta di una gallina attorniata da sette pulcini, ritratti mentre beccano il terreno. La tradizione vuole che la chioccia coi pulcini arrivi dalla prima sepoltura della regina all’interno del Duomo e rinvenuta durante lo spostamento al sarcofago in pietra dove riposa attualmente.
L’oggetto appartiene alla tradizione figurativa germanica, da cui Teodolinda proveniva. Si tratta di un simbolo di rinascita e continuità della vita, ma anche un simbolo di maternità e, in base alle chiavi di lettura, anche di regalità. La stessa immagine appare anche sul portale del Duomo, confermando quanto il tema fosse caro alla regina di Monza.
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