Guardando il film Suffragette (2015) di Sarah Gavron è impossibile ignorare un profondo senso di rabbia che scaturisce dalle viscere fino a irrorare ogni singola fibra del proprio essere. In molti conoscono la storia delle suffragette, queste donne coraggiose che lottarono per ottenere il diritto di voto. Forse la maggior parte delle persone è rimasta ancorata ad una concezione bigotta e quasi caricaturale di queste figure, concettualizzate in una personalità vezzosa e a volte ridicola come l’eccentrica signora Banks di Mary Poppins. Ma la realtà è ben lungi dall’essere aggraziata e ricca di coccarde.
La lotta perpetrata da queste donne fu violenta e ribelle, mossa da un insaziabile bisogno di libertà e di giustizia. Questi sentimenti traspaiono dallo schermo con una forza dirompente e inarrestabile, una potenza in grado di smuovere le coscienze e risvegliare un orgoglio assopito. Intriso di una verità amara e difficile da accettare, Suffragette narra la storia di questo movimento e delle sue protagoniste: mogli e madri che, all’improvviso, si scoprono essere donne, vittime di un’ingiustizia sociale e umana che le classifica come creature di seconda categoria.
Suffragette: la trama
Attraverso la struggente e magistrale interpretazione di Carey Mulligan ci si immerge nella vita della giovane Maud Watts, ventiquattrenne incatenata al suo ruolo di operaia, come sua madre prima di lei. Nata e cresciuta fra i mefisti vapori di una lavanderia, Maud Watts si trascina giorno dopo giorno in una parvenza di vita che manca di rispetto e dignità.
Sarà un sasso lanciato contro una vetrina a mandare in frantumi le sue certezze e a scalfire la sua condizione di donna sottomessa al potere maschile. Affacciatasi così alla realtà del movimento suffragista, Maud Watts si rivela essere una combattente forte e determinata, pronta ad ogni sacrificio pur di ottenere quella giustizia troppo a lungo negata.
Ispirate dalle parole di Emmeline Pankhurst, protagonista del movimento di emancipazione femminile, il cui cammeo ha il volto di Meryl Streep, Maud Watts e le sue compagne vengono pervase da una forza ribelle, da quello spirito guerriero foscoliano che si dimena senza sosta nelle loro coscienze. Al grido di «Mai arrendersi, mai smettere di lottare», le suffragette danno inizio a una rivoluzione dinamica e potente, fatta di incontri clandestini, attacchi diretti ai centri di potere e sofferenti giorni di prigionia.
Un monito alla ribellione e alla libertà
Pregno di valori e denunce, questo film ha il grande merito di far riecheggiare l’altra voce della storia, quella del mondo femminile che ancora oggi lotta per l’emancipazione e la parità dei diritti. In una società dove tanto si decanta l’uguaglianza fra i sessi, Suffragette è come quelle pietre che distrussero le vetrine nella Londra del primo Novecento, poiché distrugge la barriera di ipocrisia imposta dalla contemporaneità, facendo emergere una scomoda e dolorosa verità.
Si può davvero affermare che la situazione di allora sia davvero cambiata? Che le donne abbiano la stessa considerazione e lo stesso valore che viene attribuito alla loro controparte maschile? Ebbene se così fosse, forse il film non smuoverebbe quella bile spleenetica e amara che si riversa nell’animo delle spettatore. Dalla morale miltoniana e carismatica, Suffragette trasmette un messaggio che incita alla dignità della ribellione per abbandonare l’umiliazione che risiede nella schiavitù. Picchiate, imprigionate e torturate, queste donne trovarono l’essenza stessa della libertà nella sofferenza, consce che solo i fatti concreti e drammatici portano dei risultati.
Suffragette: stile e ambientazione
Rievocando le atmosfere fumose della capitale britannica, Sarah Gavron sfrutta il talento di un cast eccezionale e ristretto, fra cui spiccano Helena Bonham Carter, Ben Whishaw e Brendan Gleeson, senza avvalersi di effetti o di scene dal forte impatto visivo. Le ambientazioni predilette sono ambienti comuni, poveri e spogli, ricreate senza nessun artificio ma rese con sorprendente chiarezza. È nell’oscurità delle chiese o fra gli scaffali di una farmacia che la storia si snoda, ed è solo nelle interpretazioni degli attori che risiede il fulcro della pellicola. Al termine del film, si è pervasi da una luminosa processione, e la luce di una speranza futura rischiara l’amarezza precedente. Ed ecco che, uno dopo l’altro, vengono elencati le date e i Paesi in cui le donne ottennero il diritto di voto, con la conclusiva promessa dell’Arabia Saudita fatta nel 2015.
Suffragette: il lascito testamentario
Suffragette non è semplicemente un film commovente, una reinterpretazione cinematografica di una pagina di storia. Suffragette è una denuncia alle istituzioni e ai governi che ancora oggi non tutelano i diritti delle donne; una denuncia verso quei Paesi in cui lo stupro e la violenza domestica non vengono considerati reati; un grido di solidarietà verso quelle donne a cui è negato il diritto all’istruzione; un monito per tutto il genere femminile ad essere combattivo e a riscoprire la propria dignità di donna. Donna che è madre e portatrice di vita, donna che è moglie e che è fulcro e sostegno della realtà famigliare, ma soprattutto donna che è essere umano e individuo con facoltà e capacità di pari valore a quelle del genere maschile.
Rintanarsi dietro stereotipi e convenzioni è un insulto a ciò che la donna è, e cioè una realtà intellettuale ed emotiva scevra dalla mera avvenenza fisica; una forza dirompente ed essenziale che deve ritrovare la propria voce e far fronte comune per difendere i propri diritti. Non bisogna adeguarsi a ciò che la società impone, nascondendosi nel caldo giaciglio dell’indifferenza. È necessario guardare al passato e al testamento che queste figure hanno lasciato, ricordando le conquiste e le battaglie affrontate, portando con sé la memoria di una forza passata, ma che ancora arde come fiamma viva e che lancia senza paura il suo grido guerriero.
Non abbiamo grandi editori alle spalle. Gli unici nostri padroni sono i lettori. Sostieni la cultura giovane, libera e indipendente: iscriviti al FR Club!
Segui Frammenti Rivista anche su Facebook e Instagram, e iscriviti alla nostra newsletter!
[…] Albert soffre per via di questo difetto, la moglie Elizabeth (interpretata dalla camaleontica Helena Bonham Carter) si rivolge al terapeuta australiano Lionel Logue (Geoffry Rush), famoso per i suoi metodi non del […]