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Studenti senza pietà: uno su due
è favorevole alla pena di morte

4 minuti di lettura

sedia-elettrica-300x225«Qual può essere il diritto che si attribuiscono gli uomini di trucidare i loro simili? Non certamente quello da cui risulta la sovranità e le leggi. Esse non sono che una somma di minime porzioni della privata libertà di ciascuno; esse rappresentano la volontà generale, che è l’aggregato delle particolari. Chi è mai colui che abbia voluto lasciare ad altri uomini l’arbitrio di ucciderlo? Come mai nel minimo sacrificio della libertà di ciascuno vi può essere quello del massimo tra tutti i beni, la vita? E se ciò fu fatto, come si accorda un tal principio coll’altro, che l’uomo non è padrone di uccidersi, e doveva esserlo se ha potuto dare altrui questo diritto o alla società intera?».

Con queste parole Cesare Beccaria nel suo famosissimo trattato Dei delitti e delle pene esprimeva tutto il suo dissenso nei confronti della pena di morte. Gli studenti di oggi però non sembrano essere d’accordo con l’illuminista milanese, come si evince da un sondaggio organizzato dal sito Skuola.net in occasione della giornata mondiale contro la pena di morte. Su un campione di 2000 studenti intervistati infatti, circa la metà si è dichiarato favorevole alla pena capitale.
Per il 39% dei sostenitori dell’occhio per occhio dente per dente, la pena di morte sarebbe da applicare solo nel caso di reati estremamente gravi, mentre per il 10% sempre, in caso di omicidio. Uno studente su 3 poi condannerebbe a morte un pluriomicida, mentre 2 ragazzi su 5 non si lascerebbero impietosire nemmeno se il colpevole fosse un minorenne. Per il 14% poi, la pena di morte sarebbe la giusta punizione anche per chi si macchia di reati come lo stupro o gli abusi sui minori. I contrari alla pena capitale però non sono molto più compassionevoli, almeno per quanto riguarda i reati gravi e violenti: il 32% infatti in questi casi applicherebbe il carcere duro (41 bis), mentre il 29% assegnerebbe l’ergastolo. Tuttavia si può segnalare anche un 28% che ritiene che un carcere di lunga durata affiancato a una percorso di rieducazione sia la maniera più giusta di punire i crimini. Un ragazzo su dieci sarebbe inoltre favorevole ai lavori forzati, mentre il 2% castigherebbe i criminali addirittura con torture medievali. Skuola.net precisa però che le impietose considerazioni dei ragazzi sul tema potrebbero anche essere frutto della loro scarsa informazione a riguardo, dato che circa il 60% degli intervistati ha ammesso di non averne mai parlato tra i banchi di scuola, mentre il 63% dichiara di voler discutere dell’argomento. I dati sono senza dubbio preoccupanti e, come dedotto da Skuola.net, probabilmente collegati.

Il fatto che un così alto numero di studenti si sia schierato a favore della pena di morte quasi certamente trae le sue motivazioni anche dalla scarsa predisposizione della scuola a trattare l’argomento. Gli spazi dedicati a questioni etiche e morali di questo tipo infatti, sono spesso molto ridotti e concentrati perlopiù nell’ora di religione, a cui non tutti gli studenti partecipano. L’attuale clima di intolleranza e xenofobia poi non aiuta di certo e quindi se da una parte la scuola pecca lasciando un vuoto educativo, dall’altra si corre il rischio che questo venga colmato in un ambiente familiare dove risuonano slogan politici populistici colmi di odio. È inoltre possibile che la cultura della violenza diffusa attraverso i mass media giochi un ruolo importante nelle considerazioni degli studenti: non è forse la vendetta il tema principale di innumerevoli film e videogiochi? Non sono forse a portata di click video di esecuzioni pubbliche anche brutali? Ora, non si sta certo dicendo che metà degli studenti italiani è favorevole alla pena di morte per colpa dei mass media, ma le immagini e i messaggi che essi comunicano possono certamente contribuire a influenzare l’idea dello spettatore di cosa sia accettabile e cosa no, specie in mancanza di un raffronto con contenuti più impegnati.

immagine okLascia sgomenti constatare che solo un sesto degli studenti (circa un terzo dei contrari alla pena di morte) reputi un percorso rieducativo in carcere la giusta soluzione da impiegare con chi commette dei reati. Vuol dire che la restante parte non ritiene possibile o giusto o necessario un dialogo con chi ha compiuto degli sbagli e che quindi deve essere eliminato dal mondo delle “persone per bene”, poiché non più degno di farvi parte, in quanto irrimediabilmente corrotto. Forse questa sfiducia nei confronti della riabilitazione in carcere deriva dal fatto che anche oggi la prigione in Italia è un luogo di degrado, più che di redenzione. O forse per alcuni è troppo da «buonisti» pensare di dare una seconda opportunità ai carcerati, rei di aver usato male la loro libertà di scelta. Eppure dei percorsi di riabilitazione sono possibili e sono stati già attivati anche sul nostro territorio, come nel caso del progetto “Leggere libera-mente”, che, attivo dal 2008 nel carcere di Opera, offre ai detenuti la possibilità di costituire dei gruppi di lettura e di scrittura creativa.

Il tema della pena di morte è purtroppo ancora attuale e i dati raccolti da questo sondaggio fanno venire i brividi. È evidente che qualcosa non funziona se ancora oggi esiste l’idea che togliere la vita ad un essere umano contro la sua volontà sia qualcosa di socialmente accettabile, specie se ciò avviene sotto forma di punizione esemplare per tutti. Riprendendo un concetto espresso da Beccaria, lo Stato altro non è se non l’insieme delle individualità dei suoi cittadini e le sue leggi sono il risultato delle singole volontà di questi. Come può quindi lo Stato arrogarsi il diritto dell’omicidio, se questo costituisce un reato per le singole unità che lo compongono? Seguendo la stessa logica: nello sciagurato caso in cui venisse reintrodotta la pena di morte, non sarebbero gli stessi suoi sostenitori ritenibili complici di omicidio insieme ai giudici, agli avvocati, ai boia e alle forze dell’ordine, dato che con la loro volontà o semplicemente svolgendo il loro dovere pubblico avrebbero contribuito a porre fine alla vita di qualcuno? Giustificare l’omicidio come un’extrema ratio adottabile per il bene comune non aiuta la necessità di attribuire un senso di colpa a chi toglie la vita a un’altra persona, ma anzi ottiene l’effetto contrario. La pena capitale non è una soluzione ai reati, più o meno gravi che siano, ma la scelta di chi, invece di trattare la materia tra i banchi di scuola, educare al rispetto della vita e alla coesistenza pacifica, sceglie di gratificare le vittime dei crimini o le persone a loro vicine – anche simbolicamente – con la vendetta.
Ad oggi sono 58 i paesi che ancora mantengono la pena di morte. La speranza è che questo numero decresca il più possibile, invece di aumentare.

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Yuri Cascasi

Nato nel 1991, laureato in Lingue e Letterature Straniere all'Università degli Studi di Milano. Molte passioni si dividono il mio tempo, ma nessuna riesce a imporsi sulle altre. Su di me, invece, ci riescono benissimo.

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