Questa settimana sono state ufficializzate le rose delle 32 nazionali che parteciperanno ai mondiali di calcio di questa estate in Russia, competizione che si svolgerà dal 14 giugno al 15 luglio, data dell’attesa finalissima al Luznhy di Mosca. Alcune esclusioni hanno fatto discutere, come è ovvio che sia: superpotenze mondiali come Germania e Spagna si sono potute permettere il lusso di lasciare a casa gente come Sané e Morata, il Belgio ha fatto lo stesso con Naingollan, giusto per rimarcare la distanza abissale che intercorre fra le grandi nazioni continentali e la nostra Italia. La lista dei convocati del Perù, arrivata ai mondiali in seguito allo spareggio contro la Nuova Zelanda, non ha sconvolto le aspettative. Ovviamente tra i 23 selezionati c’è anche Paolo Guerrero, 34enne capitano e leader di una nazione (più che di una nazionale). Eppure fino a poche settimane fa la presenza di Guerrero al Mondiale era tutto fuorché certa, non a causa di scelte tecniche o infortuni, ma perché sul calciatore peruviano pendeva una squalifica per doping. Come mai sulle testate giornalistiche di ogni paese, la vicenda di Guerrero è stata seguita con molta attenzione, nonostante, a onore del vero, si tratti di un buon giocatore (non un fenomeno) e di una nazionale (quella peruviana) che non può aspirare alla vittoria finale?
Quadro di una nazione (e di una nazionale)
Era il 1982, l’estate più importante del calcio italiano del XX secolo. La stessa nazionale di Bearzot impatta 1-1 nella fase a gironi contro il Perù: la storia fa il suo corso e tutti noi italiani sappiamo benissimo come andrà a finire El Mundial. La rappresentativa andina, invece, viene matata 5-1 dalla Polonia nel match successivo e sarà costretta ad abbandonare la competizione. Ciò che è doveroso tenere a mente è che quella è stata l’ultima partita della storia della nazionale peruviana ai mondiali di calcio. Nel mezzo il paese ha visto di tutto: la fine della guerra con Sendero Luminoso, un figlio di quella terra che si aggiudica il Premio Nobel per la letteratura (Vargas Llosa), un presidente (Fujimori) accusato e successivamente condannato per corruzione, liberato solamente l’anno scorso per vari problemi di salute. Proprio i romanzi di Mario Vargas Llosa (nelle elezioni politiche del 1990 candidato e sconfitto da Fujimori al ballottaggio) forniscono in maniera crudele e realistica lo spaccato della società peruviana nella seconda metà del ‘900.
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L’assenza dal Mondiale dura da ben 36 anni e per un paese patito del fùtbol, come qualsiasi cultura sudamericana, ciò rappresenta una enormità. Non a caso, infatti, in seguito al vittorioso spareggio contro la Nuova Zelanda, il governo peruviano ha proclamato due giorni di festa nazionale. Quella peruviana è una grande rincorsa, partita da molto lontano, probabilmente da un giorno del 2014 quando, a causa della mancata partecipazione al mondiale brasiliano, la federazione decise di puntare su un nuovo allenatore, l’argentino Ricardo Gareca. Alla Coppa America dell’inverno (sudamericano) successivo riesce a centrare un insperato, ma certamente non casuale, terzo posto. Già, ma i mondiali sono un’altra cosa e già arrivare a parteciparvi rappresenta un’impresa complicata, tant’è che il Perù è riuscito nel girone eliminatorio a tenersi dietro il Cile della generazione d’oro bicampione d’America. La notizia dell’approdo in Russia viene accolta da un popolo festante che da oltre trent’anni aspettava questa gioia, poter tornare finalmente sulla mappa calcistica. Già, eppure qualche settimana dopo arriva la doccia gelata per la selecciòn e per tutto il paese. A Paolo Guerrero, anima e leader della squadra, viene inflitta una squalifica di un anno in seguito all’utilizzo di una sostanza dopante.
Chi è Paolo Guerrero?
Diciamolo senza grossi giri di parole: per conoscere Paolo Guerrero (almeno per noi europei) non bisogna essere solamente appassionati di calcio, ma qualcosa in più. Fanatici. Esagerati. Nerd, probabilmente. Per questa categoria di persone il capitano del Perù è un giocatore feticcio, un autentico cult. Innanzitutto il suo soprannome è magnifico: El Depredador, traduzione italiana abbastanza facile. Guerrero è uno di quei centravanti animaleschi: ringhia, fa spallate, si butta con grinta e veemenza su ogni pallone. Ciò non toglie che è un giocatore dotato di un’ottima tecnica, oltre ad un fiuto del gol che negli anni sembra aver addirittura affinato. Da giovanissimo nientemeno che il Bayern Monaco si accorge di lui. In prima squadra non gioca spesso, ma riesce comunque a vincere due Bundesliga segnando dieci gol in due stagioni. In Germania giocherà anche all’Amburgo prima di tornare in Sudamerica, precisamente in Brasile. Qui dividerà quasi equamente i propri gol fra le due anime dell’immenso paese verdeoro, riuscendo a segnare e vincere sia a San Paolo (Corinthians) sia a Rio (Flamengo). Con la squadra paulista tocca l’apice della sua carriera, segnando il gol decisivo nel Mondiale per Club vinto contro i campioni d’Europa del Chelsea. Ad oggi è l’ultima vittoria sudamericana in un torneo egemonizzato dal continente europeo.
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In questi casi il luogo comune è abbastanza semplice: se soltanto Guerrero avesse avuto “la testa a posto”, avrebbe certamente fatto un altro tipo di carriera. Già, probabilmente, se avesse avuto l’arcinota “testa a posto” il 5 ottobre del 2017 non sarebbe stato risultato positivo a un controllo antidoping. La sostanza? Benzoilecgonina, un metabolita della cocaina.Nonostante inizialmente si fosse parlato di marijuana, dopo pochi giorni risultò chiaro che la sostanza incriminata fosse un’altra, riaprendo l’altro luogo comune sui non troppo raffinati ambienti calcistici in Sudamerica. Ora si potrebbe aprire il dibattito su quanto la cocaina sia effettivamente da considerarsi una sostanza dopante. Nel ciclismo, per esempio, l’assunzione di cocaina non a ridosso di una competizione non comporta una squalifica. Come detto, Paolo Guerrero nell’autunno del 2017 viene squalificato e sembra, in questo modo, dire addio al mondiale. A dicembre però la FIFA, costretta a rivedere il caso in seguito al riemergere di ulteriori dettagli, riduce la squalifica a sei mesi. Guerrero e il Perù possono tirare un sospiro di sollievo: la teoria per cui la benzoilecgonina sia entrata nell’organismo del centravanti andino a causa di un tè contaminato appare plausibile agli occhi della giuria. Tuttavia la stangata definitiva arriva meno di un mese fa, il 14 maggio: il TAS di Losanna aumenta nuovamente la squalifica a Paolo, i sei mesi diventano 14 y adios mundial.
Uno strano caso.
Ciò che è accaduto nei giorni scorsi è sorprendente e va a creare un precedente probabilmente rischioso. Chi sono e cosa centrano in questa storia Hugo Lloris, Simon Kjaer e Mile Jedinak? Essi sono i tre capitani di Francia, Danimarca e Australia le tre nazionali che incontreranno il Perù nella fase a gironi del mondiale. I tre hanno scritto e firmato congiuntamente una lettera alla FIFA chiedendo clemenza per il loro collega peruviano: «Quattordici anni trascorsi con quella maglia sulle spalle, inseguendo un sogno: trascinare la nazionale peruviana ai mondiali». In seguito a una presa di posizione alquanto bizzarra, ma certamente efficace, il TAS di Losanna ha scelto di congelare il caso fino alla fine della coppa del mondo, o meglio fino alla eliminazione del Perù dalla manifestazione. Ormai è certo: Guerrero jugarà al mundial.
Non entrando nelle controversie della questione, poiché ognuno ha gli strumenti necessari per poter giudicare, noi appassionati (o forse qualcosa in più) di calcio non vediamo l’ora di gustarci El Depredador nella sua ultima avventura con la camiseta peruana.