«Tutto questo complicarsi la vita lo si fa per riuscire ad ottenere un qualcosa che ancora non c’è forse perché non è mai stato pensato prima».
Paolo Lombardi
Un panorama incantevole, una visione quasi onirica. Siamo in Piemonte, nel cuneese, tra le Valli Grana e Maira. La nebbia sullo sfondo che risale nasconde il Santuario di Castelmagno. Le scie luminose create dai fanali dei veicoli che passano sulla strada ne evidenziano i tornanti tra le montagne. Il tutto sotto un cielo stellato, un arco più luminoso con la riconoscibile Via Lattea e passaggi di aerei che sembrano stelle cadenti con il tempo lungo di esposizione.
Questa è una delle Night Visions, progetto fotografico di Paolo Lombardi.
Graphic designer, è nato nel 1976 a Mondovì (CN), dove vive e lavora. Da sempre appassionato di natura e di montagna e di sport estremi. Si è avvicinato alla fotografia digitale molto recentemente, dopo aver seguito corsi di videomaking continuando poi con workshop, corsi e seminari in ambito fotografico.
Ciao Paolo e grazie del tuo tempo. Cosa ti ha spinto a specializzarti in questo genere fotografico?
Tutto nacque da una vecchia foto osservata più di 30 anni fa: il panorama notturno sulla città di Sanremo, ripreso dall’entroterra elevato, con una quantità infinita di scie luminose lungo le principali arterie stradali. Mi son sempre domandato com’era possibile realizzare un tale scenario e se da grande sarei mai riuscito a realizzarne uno, perché con la compatta a pellicola era praticamente impossibile.
Sono sempre stato affascinato dall’oscurità da cui emergono segnali di luce, non per niente mi avvicinai al mondo della speleologia, dove nel buio totale le poche luci accese creano ambienti che si “muovono” con il muoversi della fonte luminosa stessa. E tutto ciò è replicabile anche in superficie con la disponibilità della nuova tecnologia che abbiamo e, dosandone sapientemente l’intensità luminosa, si possono ottenere risultati davvero interessanti.
La mia prima reflex digitale arrivò a Natale del 2011 e il luglio successivo partivo con le prime “scorribande fotografiche” a caccia di stelle sui colli più alti della provincia di Cuneo. Finalmente avevo qualcosa in mano con cui poter realizzare una visione come quella storica di Sanremo.
Qual è il tuo approccio a questo tipo di scatto?
Immaginando la scena… Cerco di capire cosa serve a realizzarla nella speranza che poi il montaggio finale dia un risultato coerente, perché sia apprezzabile sia nella scena luminosa che nelle proporzioni dei vari elementi.
Per portare a casa qualcosa di buono è meglio non andare a random, anche se spesso può capitare che il piano A e B non sono andati a buon fine e allora si improvvisa il piano C per non tornare a casa a mani vuote. Per questo motivo, prima di ogni progetto fotografico, è assolutamente necessario un attento lavoro di prescouting (sul web), seguito da quello di scouting (sul campo), per poi infine tornare a fare il click definitivo.
Ma l’ingrediente principale rimane sempre il “sogno”. Un risultato della psiche e della fantasia che arriva spesso quando meno te lo aspetti e soprattutto non segue mode, correnti o stili. Può capitare di incappare in una bellissima foto diurna il cui ricordo poi rimane latente nel subconscio ed in fase di prescouting ecco riemergere la scena che innesca il sogno per la nuova “Night Vision”.
Sia nella fase di scatto che in quella di post produzione, c’è un elemento in comune, ossia lo “stato d’animo”: una stessa immagine può avere risultati differenti a seconda di com’è la nostra forma mentis, per questo, quasi sempre, post produco foto e poi le lascio lì nel “cassetto” a riposare, per poi riprenderle dopo qualche giorno. E ogni volta trovo qualcosa da cambiare. Lungi da me il voler raggiungere a tutti i costi il risultato più naturale possibile, perché in fotografia credo che il termine “naturale” sia alquanto ambiguo.
Quanto incide la post produzione nelle tue immagini?
La post produzione impegna circa l’80% del progetto fotografico. Il restante 20% è da ripartire tra scouting e shooting. Spesso quest’ultima fase può durare più giornate. Per non parlare del light painting per cui ci vogliono soprattutto una grande quantità di scatti per test fino al risultato finale. È d’obbligo sperimentare, giocare con la luce anche con uno scatto singolo.
In alcune immagini c’è un elemento in più: la tua presenza fisica nell’inquadratura.
In questi selfie, la mia presenza ha il solo scopo di dare l’idea della proporzione con l’ambiente. Ci vuole una pazienza incredibile perché non sempre la visione viene costruita in zone facilmente accessibili, pertanto è assolutamente necessario studiare l’ambiente quando è ancora giorno, per poi seguire una serie di steps da realizzare nella successione giusta. E tassativamente in “modalità fantasma” perché non mi piace dare spettacolo a chi è di passaggio.
Le tue foto non sono soltanto fini a se stesse, frutto di casualità o di quel “sogno” di cui parlavi prima, sebbene sempre pensate, studiate e realizzate con ore di lavoro. Quali sono i progetti di questo tipo a cui hai lavorato finora?
La mie foto sono spesso legate ad un particolare evento o contesto preciso oppure nate su proposte o richieste esterne. Ad esempio, tre anni fa ho ideato il progetto “Scie luminose sulla Linea Ferroviaria Cuneo-Ventimiglia” per cui sono stati necessari 2 mesi di scouting e di studio del meteo, con vari sopralluoghi lungo i 100 km su cui si snoda il tracciato ferrato. La fase di shooting poi è durata 9 mesi per via dell’attesa di serate dal cielo limpido e, non lo nascondo, per via della rielaborazione di idee su alcuni scatti che poco mi soddisfacevano. Non sempre si azzecca lo scatto voluto al primo tentativo.
Dopo questo mio piccolo contributo, silenzioso e luminoso, a favore di questa opera ingegneristica che è uno dei punti di riferimento della nostra storia dei trasporti su via ferrata, mi è stato proposto dal fotografo Cornelio Cerato di Cuneo di creare insieme un progetto sui castelli di Langhe, Roero e Monferrato per il Club Unesco di Alba. Lui ha realizzato i paesaggi diurni, mentre io quelli notturni. Ho trascorso un anno ad immortalare castelli, possibilmente con la luna, quindi rientrando sempre nell’idea delle Night Visions.
Per quanto riguarda invece i miei impegni attuali, sto lavorando su un altro progetto che durerà 2 o 3 anni, denominato My Little Bench Project.
Ciò che faccio non è detto che funzioni e che sia di gradimento.
Siamo in tanti ad esser accomunati da un qualcosa che vaga nel subconscio e basta solo un piccolo appiglio per farlo emergere.
Nel mio caso, questo appiglio sono le Night Visions, e spero servano per far sognare chi le guarda, proprio come capita a me.
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