Il futuro del Marocco brilla, riflesso negli specchi di quella che diverrà la più grande centrale solare al mondo e ai pannelli solari a concentrazione che saranno impiantati nel complesso di Ouarzazate. Da sempre, questo stato nordafricano è stato considerato una terra assai povera di risorse energetiche: niente petrolio né combustibili fossili, fatto che per anni ha costretto il Marocco a dipendere per il 98% da energia importata dall’estero, principalmente dalla Spagna. Eppure, guardando il cielo di Ouarzazate, una cittadina situata in una zona predesertica, a pochi chilometri dalle dune del Sahara, qualcuno si è finalmente accorto che di energia ce n’è in abbondanza: quella del Sole.
La nostra stella, implacabile, brucia la sabbia del deserto senza chiedere il permesso a nessuno, la sua energia non ha bisogno di tubature chilometriche per essere trasportata, non abbiamo la necessità di estrarla da sottoterra facendo migliaia di buchi nel terreno, ogni volta pregando la divinità più a portata di mano che sia quella giusta, non v’è il timore che si consumi e si spenga da un momento all’altro, e, incredibile ma vero, non c’è bisogno di lanciare missili “intelligenti” o sguinzagliare “ribelli moderati” per rubarlo a qualcun altro. Così, lo scorso 4 febbraio, re Mohammed VI ha dato il via alla prima delle tre fasi previste di Noor (in arabo, “luce), il campo solare situato a Ourzazate che una volta terminato raggiungerà le dimensioni dell’attuale capitale marocchina, Rabat.
In questa fase uno hanno cominciato a funzionare 500 mila specchi ricurvi, allineati con precisione su 450 ettari di terreno (circa 350 campi da calcio), che saranno in grado di fornire 160 megawatt di corrente. Si prevede che Noor 2, e successivamente Noor 3, verranno completate entro il 2018 e con esse si arriverà a generare 580 megawatt di corrente, abbastanza per la fornitura a 1,1 milioni di persone. La struttura, nelle sue dimensioni finali, sarà la più grande centrale solare al mondo. Finanziata da un consorzio a maggioranza saudita con anche una partecipazione spagnola, Noor 1 è costata 600 milioni di euro. Per le altre due centrali occorrono 2 miliardi di euro, che sono già stati stanziati.
Il complesso di Ouarzazate utilizza dei pannelli solari a concentrazione, diversi dai normali fotovoltaici che siamo abituati a vedere sui tetti delle nostre abitazioni. Questi pannelli sono degli specchi che accumulano il calore del Sole e dentro i quali scorre un olio, che, una volta riscaldato e combinato con l’acqua, genera vapore; questo vapore va poi ad alimentare una turbina, la quale produce elettricità. Questo sistema è molto efficace quando applicato in aree con temperature elevate; al contrario, i pannelli fotovoltaici tradizionali rendono al meglio quando la temperatura esterna è intorno ai 20-25°, dato che le loro celle non hanno grandi capacità di smaltire il calore.
Noor ha anche un asso nella manica, da giocarsi quando il Sole non c’è: il calore diffuso dagli specchi va infatti a riscaldare anche del sale contenuto in un enorme silos, facendolo sciogliere. Durante la notte, il calore immagazzinato dal sale farà da sostituto a quello del sole. Per il momento questo sistema è in grado di fornire corrente fino a 3 ore dopo il tramonto, ma quando tutto l’impianto sarà in funzione si arriverà a una produzione di circa 20 ore giornaliere. Inoltre, questi pannelli sono orientabili e perciò in grado di farsi beffe della rotazione terrestre e inseguire il Sole, catturando la sua energia anche quando si trova alle loro spalle. Paddy Padmanathan di ACWA Power, impresa saudita che si è occupata del progetto, si è espresso così riguardo alle ripercussioni future di questo progetto:
«Se il Marocco sarà in grado di generare corrente a basso costo – cosa molto probabile – avrà migliaia di megawatt in più di quanti gliene servono. […] è ovvio che il Marocco sarà in grado di esportare (energia) in Europa e lo farà. E non avrà bisogno di fare niente… gli basterà mettersi comodo e aspettare, perché l’Europa ne avrà bisogno».
Il Marocco ha in agenda un obiettivo importante: entro il 2020, il 42% dell’energia consumata dovrà essere prodotta da fonti rinnovabili. Anche per questo traguardo coraggioso il paese è stato scelto per ospitare la 22esima conferenza internazionale sul clima, che si terrà a Marrakech nel 2016. Qual è invece la posizione del governo italiano riguardo alle fonti rinnovabili? Secondo i dati di Legambiente, il nostro paese soddisfa il 37% del suo fabbisogno energetico con le rinnovabili. Un dato di tutto rispetto, che fa pensare a un approccio lungimirante della nostra politica sul piano dell’energia. Questo si scontra però con il provvedimento previsto nel patto di stabilità del 2016 nel quale i pannelli solari vengono inclusi nella stima catastale, diventando di fatto elementi che aumentano la tassazione sull’immobile in cui sono presenti. Si può leggere infatti:
«ll disposto normativo in esame prevede, altresì, l’inclusione nella stima catastale anche di quegli “elementi strutturalmente connessi al suolo o alle costruzioni che ne accrescono la qualità e l’utilità”. […] rientrano in tale categoria i pannelli solari integrati sui tetti e nelle pareti, che non possono essere smontati senza rendere inutilizzabile la copertura o la parete cui sono connessi. Centrali di produzione di energia e stazioni elettriche».
Quindi, se nel campo delle rinnovabili possiamo dire di star facendo un buon lavoro, aiutato anche da un territorio generoso in materia di acqua, sole e vento, una tassazione di questo genere, unita all’esaurimento degli incentivi stanziati per l’installazione dei pannelli fotovoltaici, porterà probabilmente a un rallentamento dell’utilizzo di questa tecnologia.
Non dovrebbe essere difficile comprendere quanto l’indipendenza energetica sia essenziale ai fini di una maggiore autonomia di governo e del miglioramento delle condizioni economiche (e ambientali, dato che l’unico modo per di ottenerla nel nostro paese è attraverso l’energia pulita, checché ne dicano i sostenitori delle trivellazioni petrolifere). Ma, al momento, quest’obiettivo non sembra essere all’ordine del giorno. Al nostro ordine del giorno, di cittadini, deve invece esserci la partecipazione al referendum del 17 aprile sulle trivellazioni, un’opportunità importante per dimostrare che davvero ci sta a cuore difendere il nostro ambiente e il nostro futuro.
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