È il 1994 quando Spencer Tunick inizia a farsi notare: è l’anno del suo arresto al Rockfeller Center di New York, dove il fotografo è in compagnia di una modella completamente nuda. Da quel momento le spettacolari azioni del fotografo newyorkese non si contano più: l’evoluzione verso le grandi scenografie collettive arriva a toccare ogni angolo del pianeta, e Tunick diventa ben presto il creatore di installazioni artistiche (e umane) senza un possibile metro di paragone.
Tunick: le masse come protagoniste
Londra, Lione, Melbourne, Montréal, Caracas, San Paolo, Buenos Aires, Sydney, Vienna. Le grandi masse diventano in grado di parlare una nuova lingua, sfiorando argomenti sempre più impervi e segreti, tra pubblico e privato, fino ai seimila nudi per la pace in Colombia: in Bolivar, la piazza principale di Bogotà sostiene e sollecita la possibile firma tra il governo e le Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia(FARC). Al richiamo “Hola Colombia” i partecipanti, si sono spogliati e disposti per gli scatti.
Nel 2007, a Città del Messico, batte il suo record personale, fotografando oltre 18.000 persone, sempre nella piazza principale del paese, el Zòcalo.
Nello stesso anno riesce nell’impresa anche per gli impervi e gelidi ghiacciai svizzeri di Aletsch dove, in collaborazione con Greenpeace, sono state radunate centinaia di persone per sollevare un allarme di grande impatto visivo sul riscaldamento globale del pianeta.
Tunick in Italia
L’artista, da tempo oggetto di dibattiti e discussioni, è finito in manette per ben otto volte con l’accusa di atti osceni, fino a quando una sentenza della Corte Suprema degli Stati Uniti non gli ha dato ragione, consentendogli di lavorare senza più intoppi per le strade di New York.
Nel 2010 neanche l’Italia sfugge al destino del suo scenico e naturale set fotografico, con celebri performance a Roma in Piazza Navona. Nel 2007 è a Milano al Teatro alla scala.
Un aneddoto tutto italiano è la sua performance nella performance: in occasione della sua personale presso la galleria Mimmo Scognamiglio a Milano, il fotografo ha realizzato un insolito set fotografico utilizzando non una massa indistinta di soggetti, ma un numero limitato di donne e uomini, esattamente sette collezionisti rappresentati a “suo modo” di vedere, ovviamente dunque spogliati di ogni vestito.
È nota la sua passione per i teatri, che in qualche modo sembrano dare il giusto habitat alla sua arte, o al messaggio che porta: i nudi sono messi in mostra, esposti per essere osservati, per suscitare le perplessità degli spettatori, e infine per ricevere gli applausi.
Un’arte fatta di persone
Per 20 anni il fotografo americano Tunick ha continuato a stupirci, interrogarci, porci sul punto di spogliarci di tutte le paure individuali e metterle in pubblico; le sue installazioni hanno chiamato a raccolta volontari di tutto il mondo: senza nessuna traccia di distinzione sessiste e neanche una scelta estetica che rispetti i canoni occidentali. «Gli individui in massa, senza il loro abbigliamento, raggruppati insieme, si trasformano in una nuova forma», afferma Tunick.
La partecipazione e l’interattività sono un aspetto fondamentale dell’arte di Spencer. Egli non può fare la sua arte senza la collaborazione dei partecipanti.
Le masse parlano con i loro corpi, e a parte quella piccola componente che urla ancora allo scandalo, la reazione più frequente di fronte ai lavori è di stupore, sorpresa e semmai di apprezzamento verso il coraggio di riuscire a disobbedire alla regola del conformismo dilagante.
Per 20 anni, il fotografo newyorchese ha creato installazioni artistiche umane in tutto il mondo, chiamando a raccolta i centinaia e migliaia di volontari. Una fotografia in grado di far discutere il piano pubblico e quello privato, l’individuale e il collettivo.
L’ultimo Tunick: contro Trump e il sessismo
L’ultima creazione dell’artista, attesa per questo mese di luglio, vedrà 100 donne nude di fronte alla Quicken Loans Arena Holding con grandi specchi rotondi, proprio in occasione della Convention nazionale del partito repubblicano a Cleveland, proprio contro Donald Trump, e soprattutto contro il suo manifestarsi sessista, e lo fa con le sue stesse armi.
«Ho due figlie, di 9 e 11 anni, e vorrei che crescessero in un mondo con pari diritti e la parità di retribuzione, anzi una migliore trattamento per le donne, e mi sento che le 100 donne, illuminando il cielo di Cleveland, invieranno questo raggio di conoscenza e di saggezza che possiedono su tutto il paesaggio urbano» spiega Tunick «Penso che illuminerà non solo i delegati, ma imposterà un’atmosfera diversa del fine settimana».
Tunick di solito invita entrambi i sessi a partecipare alle sue opere, ma questa volta saranno solo donne a rappresentare questo dialogo mancato. Non è una sorpresa che il partito repubblicano si trovi ad affrontare un enorme problema con le donne e proprio in questo momento, la questione si è accentuata: secondo un recente sondaggio 7 donne su 10 dicono di avere una impressione negativa di Trump, candidato del partito.
In realtà il progetto del fotografo inizia prima, nel 2013, quando Trump era poco più che un uomo d’affari e non aveva ancora veicolato un crescente interesse dei massmedia.
Gli specchi comunicano che siamo un riflesso di noi stessi, dell’altro, e del mondo che ci circonda. La donna diventa il futuro e il futuro diventa la donna.
Nelle indicazioni l’artista specifica: «I partecipanti selezionati saranno contattati via e-mail prima del 10 luglio con luogo, data, ora esatta e ulteriori istruzioni. Si prega di registrarsi solo se ci si impegna a partecipare e si è in grado di svegliarsi ben prima dell’alba. Il lavoro si svolgerà presto per utilizzare la luce del mattino. Sarete nudi solo per un breve periodo di tempo. Repubblicani, democratici e di tutti gli altri partiti politici sono invitati a prendere parte».
Da sempre l’arte di Spencer fornisce un’opportunità unica per artisti e non, alla stregua di partecipare alla creazione di un’opera contemporanea di installazione e di diventarne il mezzo stesso. Il modo in cui i partecipanti prendono parte a questa opera collettiva ha infatti un effetto di trasformazione sia sull’individuo sia sulla collettività.
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