«Membrana tattile e visiva dell’intersoggettività, protezione sottile e sensibile, la pelle è fisicamente e culturalmente il diaframma fra l’interno del corpo e il mondo esterno».
È questo l’input con cui viene presentato il concorso Skin per il premio Celeste 2016. Una open call internazionale aperta a fotografi, artisti e creativi italiani e stranieri senza limiti di età o di esperienza. Fino al 10 marzo scorso era possibile partecipare come singolo, gruppo o come collettivo, con l’unica regola che prevedeva per le immagini fotografiche candidate di essere scattate, o create, entro gli ultimi 10 anni, senza la necessità che fossero inedite.
«La pelle è la superficie attraverso cui passa la percezione psicofisica dell’altro. È il luogo del contatto fisico, della trasmissione del desiderio ma anche del contagio, ed è il luogo su cui si posa lo sguardo altrui».
La pelle rivela il genere, la razza, il trauma, l’invecchiamento, la malattia, l’irritazione, l’eccitazione, l’emozione. L’esplorazione dell’epidermide da parte della fotografia è stato un modo per focalizzare, interrogare ed interpretare questo luogo di segni e rituali sociali, religiosi e psicologici.
Proprio dal sottile strato di tessuto epiteliale, dalla forma che può assumere e dal valore cui può assoggettarsi che nasce questo progetto interpretato a più mani: un lavoro ultra-moderno, dall’anima lineare-minimalista, perfettamente inserito all’interno del mondo della moda. Parliamo del lavoro di Charlotte Heal e Mark Sanders – lei design&art director, lui fotografo – che insieme allo stilista Ruth Higginbotham hanno osato immaginare qualcosa di diverso. Immagini che costringono volutamente a guardare due volte, a ri-guardare per captare i sottili allineamenti epiteliali, se così possono essere definiti, come fossero illusioni ottiche per corpi aggraziati.
Contorni curati nel taglio e nella luce creano immagini affiancate, dittici in grado di coordinare le linee dei corpi in modo che la curva di una schiena in un colpo si trasformi in una curva di un’altra schiena, nello scatto successivo. Così la linea di un braccio può ruotare intorno al collo e finire, come un ponte naturale, nella foto a fianco.
In tutta la serie, gli accoppiamenti di immagini includono un nudo e un corpo vestito; le composizioni carnose del progetto sono bilanciate da una tavolozza varia ma ben studiata. Una sorta di contatto negato e nutrito nella stessa immagine.
«In un certo senso è la nostra versione moderna del nudo» spiega Charlotte. Davanti agli occhi dei giudici (Irene Alison, curatrice e giornalista indipendente italiana, Krzysztof Candrowicz, della Triennale di Amburgo, Louise Clements direttore artistico di QUAD, Erik Kessels, caporedattore del magazine alternativo Useful Photography e Anna-AlixKoffi, dell’OFF the wall Magazine) la Heal e Sanders presentano il loro progetto in formato 21.5X14.4X1CM che lascia sbalorditi, tanto da finire nei 15 finalisti.
Il lavoro viene così descritto dagli stessi autori:
«È stata un’esplorazione sul corpo, tra pelli, la loro forma, consistenza e la forma dei contorni nei collegamento risultanti. Il progetto richiede allo spettatore di guardare due volte, e da vicino, la formazione di nuove correlazioni perturbante. Quanto spesso le linee, la forma e il tono si collegano, nei luoghi in cui ci muoviamo tutti i giorni?»
I due tengono anche a specificare che le composizioni sono state create in-camera e non in post-produzione, per un risultato che lascia davvero meravigliati.
Il tema del concorso, Skin, era affrontabile da prospettive diverse, per oggi abbiamo cercato di descrivervi uno dei lavori finalisti, attendendo il 13 maggio per la decisione finale dei giudici. Il vincitore sarà proclamato durante l’inaugurazione della mostra finale alla FSM Gallery a Firenze, che rimarrà aperta dal 13 maggio al 6 giugno 2016, con allestimento curato da Nicoletta Leonardi e Lucia Minunno.
Non ci resta che augurare in bocca al lupo a Charlotte e Mark. Che vinca il migliore.
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