È uno dei racconti più straordinari, visionari ed erotici della letteratura italiana del Novecento, ma è anche uno dei meno conosciuti nonostante la recente rilettura scenica realizzata dal noto attore Luca Zingaretti. Parliamo di La sirena, il racconto lungo dello scrittore siciliano Giuseppe Tomasi di Lampedusa, celebre autore del long-seller Il Gattopardo. Il racconto, noto anche con il titolo di Lighea, dal nome della sirena, fu scritto negli ultimi mesi di vita, quando Tomasi di Lampedusa era già a conoscenza della grave malattia che lo condusse alla morte, per cui l’opera assume il carattere di testamento spirituale. Venne poi pubblicato postumo da Feltrinelli, nella raccolta I racconti, nel 1961.
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L’ars poetica di Tomasi di Lampedusa
La narrazione di La sirena si sviluppa su due livelli: uno realistico, che ha per protagonista il giovane giornalista siciliano Paolo Corbera, impiegato a La Stampa di Torino e uno di carattere fantastico, nel quale si racconta l’amore fra un giovane uomo e una sirena. La seconda parte del racconto è quella che apre le porte ad una dimensione soprannaturale, popolata di allusioni simboliche ed erotiche e di implicazioni psicologiche, che ne fanno una struggente meditazione sull’amore e sulla morte.
Si tratta di una vicenda nella quale il piano reale e quello fantastico si intrecciano grazie a quella affascinante figura mitologica la cui origine si perde nella notte dei tempi, archetipo femminile primordiale, simbolo sublime e contraddittorio di passione bestiale e divina, di attrazione e terrore. Il racconto si pregia di un linguaggio assai evocativo che permette al lettore di ascoltare la risacca del mare, di assaporare i ricci dalle forme voluttuosamente erotiche, di riempirsi gli occhi dei colori di Sicilia, di sentire lo scirocco bruciare la pelle.
Scrittura raffinata ed elegante, ogni riga trasuda sensualità e si riveste di riferimenti alla Grecia classica. Questo tratto conferisce al racconto un particolare afflato emotivo di affetti e passioni, lontani nel tempo, fluttuanti in uno spazio della memoria senza ascisse e ordinate. Il suo carisma è intenso e suadente, favoloso come una ninnananna. L’ars oratoria di Lampedusa è quanto mai lontana dalla retorica fossile: narra del tempo mitico in cui gli dèi parlavano agli uomini e di un erotismo cosmico, in cui la mitologia antica ripercorre quell’unità fra eros e natura divina che il Cristianesimo ha cercato di estromettere dalla nostra storia.
«La sirena»: per una sinossi
Torino, 1938: Paolo Corbera è un giovane giornalista, impegnato a dissipare le proprie energie tra il lavoro a La Stampa e svariati flirt. Il giorno in cui due delle tante amanti scoprono il suo comportamento e lo lasciano, l’uomo comincia a passare il tempo libero in un caffè di via Po:
“una specie di Ade popolato da esangui ombre”
La sua attenzione è presto attirata da un vecchio uomo, occupato a leggere riviste, fumare il sigaro toscano e sputare:
“il mio sputo non è segno di malattia, anzi lo è di salute mentale. Sputo per il disgusto delle sciocchezze che vo leggendo (…) I miei sputi sono simbolici e altamente culturali”.
Complice Il Giornale di Sicilia che il giornalista porta spesso con sé, una sera il vecchio gli rivolge la parola. Presto Corbera scopre che l’uomo, siciliano come lui, è il grecista di fama mondiale e professore emerito dell’università di Torino, Rosario La Ciura. L’illustre misantropo detesta il consesso sociale, la morale dominante, l’istituzione universitaria e, soprattutto, i colleghi accademici, ai quali non è stato rivelato lo spirito vivo di quella lingua scioccamente chiamata morta. Benché nei suoi discorsi il professore si mostri spesso sprezzante, come se possedesse un sapere – non solo accademico – ma totale negato a tutti gli altri esseri umani, tra i due si instaura un rapporto speciale.
“Sei fortunato di chiamarti come il solo apostolo che avesse un po’ di cultura”
La Ciura, infatti, a più riprese e in più occasioni, narra al giovane giornalista episodi della sua vita, fino a fargli la più intima confidenza. Era ancora giovane quando, durante una vacanza solitaria in Sicilia, ad Augusta, attirata dalla sua voce che declamava versi in greco antico, una sirena si arrampicò sulla sua barca. Lighea, creatura ibrida e immortale, gli promise un amore sovrumano.
Lighea
Ecco con quali parole misteriose ed erotiche il narratore evoca il ricordo dell’incontro con la creatura immortale:
Il volto liscio di una sedicenne emergeva dal mare… Quell’adolescente sorrideva, una leggera piega scostava le labbra pallide e lasciava intravedere i denti aguzzi e bianchi, come quelli dei cani. Non era però uno di quei sorrisi come se ne vedono fra voialtri. Esso esprimeva soltanto se stesso, cioè una quasi bestiale gioia di vivere, una quasi divina letizia. Dai disordinati capelli color sole, l’acqua del mare colava sugli occhi verdi apertissimi, sui lineamenti di infantile purezza. Sotto l’inguine, sotto i glutei, il suo corpo era quello di un pesce, rivestito di minutissime squame madreperlacee e azzurre, e terminava in una coda biforcuta che lenta batteva il fondo della barca. Era una sirena. Riversa poggiava la testa nelle mani incrociate, mostrava con tranquilla impudicizia i delicati peluzzi sotto le ascelle, i seni divaricati, il ventre perfetto; da lei saliva quel che ho malchiamato un profumo, un odore magico di mare, di voluttà giovanissima… La sua voce era un po’ gutturale, velata, risonante di armonie innumerevoli…
Lighea, suadente, priva di inibizione, forte della sua immortalità, creatura del mare, principio e fine, nascita e morte, voce e silenzio, è il simbolo dell’erotismo supremo. La sua ferinità è la sua forza e il fulcro della sua sensualità.
Il vecchio professore manifesta una sapienza quasi negromantica: ci parla di rivelazioni, fa allusioni misteriose, mentre rivela una cultura classica non limitata a pura erudizione, ma ricca di una vera passione carnale. Passione che durerà per quasi un mese, finché…
«La sirena», l’arcano di una fiaba moderna
Legata alla figura di Lighea è l’idea di un amore sovrumano, ma anche quella della morte, in un intreccio fra Eros e Thanatos che sembra riportarci alla morte del protagonista del Gattopardo, anch’egli mosso dal medesimo anelito. La Sirena, però, è il simbolo della vita, della bellezza, dell’amore immortale. E, infatti, quella di Tomasi di Lampedusa appare come una ricerca di amore, vita e bellezza che dura oltre la morte, attraverso una figura, quella della sirena, pontefice dei regni del “prima” e del “poi”, con la morte a fare da spartiacque. Emblematico, in tal senso, è il misterioso destino del vecchio professore, che non vi sveliamo per lasciare che siate voi a scoprirlo con la lettura di questa fiaba moderna, in cui si adombra un arcano che attende solo d’essere rivelato.
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