fbpx
fonte: wikipedia

Silvio Berlusconi, luci e ombre dell’uomo che ha segnato l’Italia

Capace di farsi amare e odiare. Ha costruito un impero nell'edilizia, nello sport, nelle telecomunicazioni e in politica, con molte ambiguità. Cosa resterà di Silvio Berlusconi?

3 minuti di lettura

Quattro volte Presidente del Consiglio, imprenditore, proprietario dell’impero mediatico Mediaset e a lungo anche dell’AC Milan, Silvio Berlusconi è l’uomo che ha rivoluzionato le telecomunicazioni e i media del nostro paese, il modo di intendere la dimensione culturale e politica. Ha scritto un pezzo di storia di questo Paese e si è spento ieri, 12 giugno 2023, all’età di 86 anni, nella sua Milano.

Un fulmine a ciel sereno non è stato. Di condizioni critiche sul suo stato di salute si parla da tempo: le sue apparizioni pubbliche negli ultimi mesi erano diminuite molto, più volte le notizie sui suoi ricoveri al San Raffaele di Milano avevano fatto notizia e destato preoccupazioni. Ma ricevere la notizia ufficiale nella giornata di ieri è stato un colpo: per gli italiani (immagina, chi scrive, un po’ di tutte le parti politiche) e per la stampa nostrana ed internazionale che ha definito la scomparsa del Cavaliere come la fine di un’era.

È davvero così? Solo in parte, probabilmente. La verità di questa affermazione sta nel fatto che è morto ieri l’uomo che ha aperto le porte ad un modo nuovo di parlare, comunicare, atteggiarsi, fare impresa, vivere in modo estremo la dimensione umana e politica delle cose. Un uomo che ha creato un modello e un sistema valoriale (il cosiddetto “Berlusconismo“, mica a caso) che non solo ha impregnato per decenni il nostro Paese ma che ha avuto il merito (o demerito, a voi la giusta lettura) di essere esportato anche all’estero.

“La casa delle Libertà”. Così Berlusconi intendeva il suo partito, Forza Italia. E con la parola libertà il Cavaliere ci ha costruito un impero: la libertà di fare tutto, parlare senza filtri, di controllare i media, di sbeffeggiare l’avversario anche con epiteti di cattivo gusto, di relegare le donne ad una pura dimensione estetica, di iniziare guerre contro la stampa a lui più lontana, la magistratura e ciò che restava dell’ideologia comunista, considerati – questi tre più di altri – nemici della libertà. La sua, soprattutto. E per la difesa di quest’ultima ne ha costruito un altro di impero: quello delle leggi cosiddette ad personam. L’opposizione ha calcolato che ne ha emanate 21 in tutto.

Se è vero che Berlusconi ha scritto una pagina lunga e importante della storia politica di questo Paese (ha governato 3.340 giorni, il maggior tempo dalla nascita della nostra Repubblica), l’impronta più forte che ha dato è stata probabilmente quella relativa alla dimensione culturale e sociale. L’idea che l’uomo più ricco d’Italia, con svariate TV, squadre di calcio, case editrici e imprese (edili e non), potesse divenire il capo di uno dei governi più importanti del mondo ha aperto le praterie per molti. E ha diviso, come nessuno prima di allora. E compattato, come nessuno dopo, la sinistra di questo paese che in lui e nel suo modello di vita ha visto il nemico (soprattutto culturale) e lo stimolo per riunirsi sotto un’unica bandiera. In qualche mercatino dell’usato si trovano ancora t-shirt anni dei primi 2000 con la scritta “Io non ho votato Silvio Berlusconi”. Nel bene e nel male, una cosa del genere non è più accaduta.  

Modello irraggiungibile per alcuni (fior fiori di imprenditori e politici che in lui hanno visto un modello di vita, ma anche donne follemente innamorate) e modello artistico, cinematografico, letterario per molti intellettuali, registi, scrittori italiani anche da lui profondamente distanti. Lo ha raccontato Paolo Sorrentino più volte, con Il Divo e Loro, lo ha raccontato Nanni Moretti con Il Caimano, pellicole tra le più riuscite di quelli che oggi sono considerati due dei più grandi registi italiani.

Negli ultimi giorni si era tornato a parlare di lui, oltre che per le sue condizioni di salute, anche per le dichiarazioni di Salvatore Baiardo, il fiancheggiatore del boss di Brancaccio Giuseppe Graviano che più volte nell’ultimo anno è stato sentito dai pm fiorentini che indagano sui mandanti occulti delle stragi del 1993. Baiardo sostiene da anni, seppur con una certa ambiguità, di avere le prove fotografiche di un legame tra il Cavaliere e la criminalità organizzata. Poche dichiarazioni che riportano a galla tutto quello che di Silvio Berlusconi si vorrebbe dimenticare: le segrete stanze a Palazzo Grazioli, la recessione del paese che andava di pari passo alle feste di Arcore, Il “Ruby Gate”, i legami con Putin (da cui non prese mai le distanze, neanche a seguito dell’invasione dell’Ucraina), la Loggia massonica P2, le mancate risposte ai giudici su, ad esempio, il suo incontro con il boss Stefano Bontade nel 1974.

Ma oggi si ricorda un uomo delle istituzioni scomparso. Per il resto, rubando una frase all’editoriale di Le Monde sul Cavaliere, sarà interessante sapere cosa ricorderà la storia.

Agnese Zappalà

Classe 1993. Ho studiato musica classica, storia e scienze politiche. Oggi sono giornalista pubblicista a Monza. Vicedirettrice di Frammenti Rivista. Aspirante Nora Ephron.

Lascia un commento

Your email address will not be published.

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.