Shirley Baker nacque il 9 luglio 1932 a Kersal, nel Lancashire, Inghilterra, ed è ricordata come la prima street photographer donna inglese. La sua passione per la fotografia ebbe modo di sbocciare quando, all’età di nove anni, uno zio le regalò la sua prima macchina fotografica. La passione divenne poi professione grazie agli studi al Manchester College of Technology, dove era una delle uniche due donne iscritte al corso di fotografia. Finita la scuola trovò un impiego come fotografa commerciale, lavoro che però ben presto arrivò a detestare. Dopo aver provato senza successo a lavorare come inviata per il Guardian (per le donne era molto difficile ottenere permessi stampa all’epoca) nel 1960 ottenne un posto da insegnante al Salford College of Art. Da quell’anno e per i successivi quindici documentò una realtà che in pochi conoscono: quella degli slum di Salford e di Hulm, zone periferiche di Manchester che attualmente fanno parte della Greater Manchester.
La parola slum al giorno d’oggi rimanda alle immagini di baraccopoli situate nelle periferie delle grandi città dei paesi in via di sviluppo, come Rio e Bombay. Tuttavia, fino agli anni ’60 anche in Inghilterra sono esistite realtà di questo genere e le loro origini risalgono addirittura al 1700. Con la rivoluzione industriale del 18esimo secolo infatti, Manchester subì una forte industrializzazione e molti vi si trasferirono per lavorare come operai. In seguito a questa immigrazione massiva si crearono degli insediamenti urbani che ben presto divennero sovrappopolati, i quali erano caratterizzati dalle numerosissime file di terraces, delle case a schiera. Già prima dello scoppio della seconda guerra mondiale questi quartieri erano stati riconosciuti come malsani e non in grado di rispondere agli standard abitativi dell’epoca. A peggiorare la situazione furono poi gli aerei da guerra tedeschi, che bombardarono pesantemente la zona. Nel dopoguerra, in seguito ai piani di riqualificazione e ricostruzione urbana, gli slum vennero abbattuti per fare posto a dei palazzi di pochi piani disposti in fila, chiamati crescents. Il processo di riqualificazione della zona si svolse però con delle modalità brutali, descritte dalla stessa fotografa che parlò di gente sbattuta fuori dalla propria casa e di edifici dati alle fiamme a poca distanza da case ancora abitate.
Come già accennato quindi, a partire dal 1960 e fino al 1975 Shirley Baker esplorò le strade degli slum di Salford con la macchina fotografica in mano. Le sue fotografie sono una forte denuncia delle barbare modalità in cui veniva condotta l’operazione di gentrification, ma non solo. L’artista volle soprattutto dare testimonianza della voglia di vivere, l’allegria, la positività che le persone degli slum possedevano nonostante la loro difficile condizione. Molto spesso, l’occhio di Baker era in grado di giustapporre degrado e felicità nello stesso scatto, creando ironiche composizioni che sembrano frutto di un attento lavoro di scenografia. Tuttavia, i soggetti delle sue fotografie (soprattutto donne e bambini poiché gli uomini erano spesso al lavoro) non erano mai messi in posa, ma venivano ritratti quasi di nascosto, intenti nelle loro attività quotidiane. Poteva però accadere che fossero i soggetti stessi, soprattutto i bambini, ad accorrere quando la vedevano arrivare armata di macchina fotografica, entusiasti all’idea di venire fotografati.
L’espressività degli scatti di Shirley Baker deriva anche dalla grande tecnica che possedeva. Il bianco e nero, gestito egregiamente, si sposa alla perfezione con la rappresentazione di un mondo pieno di contrasti, in cui sotto il cielo grigio d’Inghilterra si alternano delle mura annerite dalla cenere e dei candidi visi gioiosi. La pellicola era poi una sua grande alleata: la piccola latitudine di posa enfatizzava i contrasti, mentre il roll off molto morbido delle alte luci consentiva alla fotografa di aprire le ombre sovraesponendo leggermente i bianchi, che restavano comunque solidi, tridimensionali, veri. La sua Rolleiflex inoltre, grazie al mirino a pozzetto, le permetteva di mantenere il contatto visivo con i suoi soggetti invece di doversi nascondere dietro la macchina, vantaggio che si trasmetteva in una profonda autenticità degli sguardi nei ritratti. Baker ha esplorato la fotografia nel suo lato più umano, focalizzandosi sui momenti, ricercando le emozioni, collezionandole in un portfolio composto di scatti rubati. Osservandoli, veniamo trasportati in un mondo che poco ha a che fare con la realtà contemporanea inglese e che è invece molto più simile all’Inghilterra vittoriana. Mentre a Liverpool nascevano i Beatles, la periferia di Manchester sembrava ancora un posto uscito da un romanzo di Charles Dickens.
Shirley Baker è morta di malattia nel 2014, all’età di 82 anni. Ostacolata dal fatto che la fotografia all’epoca era ritenuta un mestiere per soli uomini, mentre era in vita l’artista non ha mai ottenuto i riconoscimenti che le sarebbero spettati. Le sue opere sono state raccolte nei libri: Streets and Spaces: Urban Photography – Salford and Manchester – 1960s-2000 e Women and Children; and Loitering Men.