Il sesso nell’Inghilterra dell’epoca vittoriana era una sporca faccenda, in tutti i sensi. Non se ne doveva parlare e, soprattutto, non se ne doveva fare troppo; i rapporti con le prostitute erano biasimati, anche perché si era ben consapevoli delle malattie che potevano essere contratte; i divieti in materia erano innumerevoli. Questa repressione e la profonda pressione psicologica che essa provocava comportavano, come ovvia conseguenza, l’esasperazione dei comportamenti sessuali ritenuti illeciti. Si assisteva così a un doppio volto dell’alta società: una media borghesia casta e irreprensibile di giorno, sfrenata e viziosa di notte.
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Testimoni di questa situazione sono due opere che, sebbene di genere diversissimo, portano alle medesime conclusioni. La prima è il trattato del medico William Acton intitolato Le funzioni e i disordini degli organi riproduttivi. Acton, gentiluomo benestante, moralmente austero ma di inclinazioni liberali, si era presentato al pubblico con i suoi scritti sulla prostituzione, affermando che essa era un male (certamente!), ma un male inevitabile a cui non si poteva porre rimedio: non restava, dunque, che accettarlo per quello che era e sfatarne i miti. Egli, infatti, mostra un’incredibile umanità nel delineare la condizione della prostituta, affermando – cosa molto interessante – che erano molte le signorine che si davano a questo tipo di attività prima di intraprendere una vita da “donne oneste”. Durante la sua maturità, comunque, Acton si dedica alle patologie degli apparati riproduttori; con qualche perplessità, però, notiamo che il medico riconduce quasi tutte le malattie a una sfrenata attività sessuale e il suo trattato, di fatto, si trasforma in un manuale di comportamenti da evitare.
Fa spesso sorridere notare quante inesattezze e credenze popolari scivolano all’interno di questo trattato, soprattutto considerando che il suo autore era un medico ritenuto particolarmente acuto. Secondo Acton, ad esempio, i bambini sono privi di qualsiasi stimolo e curiosità verso la sessualità, a meno che queste non vengano provocate: a questo scopo vanno evitate la fustigazione, la lettura dei classici e, in generale, un’istruzione troppo approfondita, la lunga permanenza in acqua, la condivisione del letto con altri bambini. La giovinezza è l’età più pericolosa ed è necessario mettere in guardia contro i pericoli dell’istinto sessuale che, secondo Acton, può portare anche alla morte; la pratica della masturbazione, in particolare, esaurendo tutta la “forza vitale” dell’individuo, può provocare quasi uno stato di pre-morte. E ancora di più vanno messi in guardia gli uomini maturi: essi non solo devono evitare qualsiasi pratica estrema, ma devono anche limitare allo stretto necessario – vale a dire alla procreazione – i rapporti con le mogli. Alle donne Acton dedica pochissimo spazio, trasmettendo in pratica un unico concetto: le donne non provano eccitamento sessuale né piacere durante il rapporto, al quale si sottomettono solo per il desiderio di maternità.
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Tutte queste prescrizioni non stupiscono troppo, considerando il clima di repressione di cui si è parlato all’inizio. Eppure sono così tante le situazioni “da evitare” prese in considerazione che sorge spontanea un’osservazione: se Acton ha sentito la necessità di essere così preciso e di dilungarsi tanto a lungo su bizzarre pratiche, forse durante la sua carriera ha avuto modo di assistere a tutto ciò che, in teoria, sarebbe stato proibito. Il medico, ad esempio, dedica moltissimo spazio alla descrizione degli effetti negativi della masturbazione, ai modi per evitarla, fino ad arrivare a indicare con precisione l’aspetto e l’atteggiamento di chi era dedito a questa pratica: è evidente che essa doveva essere molto più diffusa di quanto i benpensanti vittoriani potessero ammettere.
È esattamente a questa conclusione che conduce il curioso “romanzo” di un autore anonimo: La mia vita segreta. Si tratta, in realtà, di un’autobiografia in undici volumi in cui l’autore ripercorre le proprie esperienze sessuali, talvolta decisamente estreme; questa sorta di enciclopedia, che circolò in pochissime copie (oggi ne rimangono 3), può essere considerata un vero e proprio romanzo pornografico. L’autore non si fa scrupoli a descrivere tutto ciò che ha provato durante la sua vita, basandosi probabilmente su alcuni appunti scritti di getto a mente fresca e arricchendo il racconto con commenti a posteriori; il lettore passa così dalla narrazione dei primi contatti con le donne a esperienze di sadomasochismo, rapporti a tre, zoofilia, pederastia.
La mia vita segreta, insieme ad altri romanzi pornografici di poco successivi, è una testimonianza preziosa da molti punti di vista; in primo luogo quello sociale, perché descrivendo le proprie avventure l’autore fornisce tangenzialmente molte informazioni sull’organizzazione della città e sulle usanze delle persone (sappiamo, ad esempio, che quasi nessuno portava biancheria intima). Ma è anche interessante notare come, al di là delle inimmaginabili esperienze raccontate, l’autore abbia conoscenze ancora molto limitate della sessualità – è convinto che anche le donne eiaculino una sorta di liquido seminale – e timori in certa misura paragonabili a quelli di oggi.
Come si diceva, nonostante siano due opere di natura molto diversa, il trattato di Acton e La mia vita segreta sono accomunate da molti punti: una profonda ingenuità sull’anatomia femminile e sulle malattie sessuali, un interesse morboso per un certo tipo di esperienze, talvolta anche il senso di colpa per la materia della propria trattazione. La repressione di epoca vittoriana, insomma, se formalmente rispettata alla luce del giorno, produceva in realtà effetti decisamente diversi.
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