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Il sesso dimenticato: il problema culturale del transessualismo

Pregiudizi, paura, discriminazione, difficoltà ed esclusione dalla società. Ecco perché essere transessuali è ancora oggi un "problema".

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Da Laurence Anyways- Xavier Dolan

Carolina accudisce gli anziani. A volte loro le raccontano dei segreti, degli aneddoti, delle storie della loro vita. Ma la sua retribuzione non le permette di vivere serenamente. Per anni è andata avanti grazie allo stipendio del marito. Poi è successo qualcosa. Carolina, infatti, non è sempre stata Carolina. Vaginoplastica, intervento alle corde vocali. Questi sono solo alcuni dei tanti interventi, o sedute, a cui le persone trans devono sottoporsi prima di potersi finalmente liberare da quel corpo in cui non si sentono appagati. Per questo intervento il marito la accompagna. Decide di prendersi qualche giorno di ferie dal lavoro. Quando rientra si ritrova licenziato. I responsabili della ditta dicono «sai dobbiamo evitare discussioni… perché sai, la situazione in cui ti sei messo, che si è venuta a creare… non abbiamo più bisogno»Per mesi suo marito è stato in depressione. La situazione è difficile. Portare avanti una causa al tempo è praticamente impossibile. Lo afferma anche Carolina. Una causa persa a priori.

Gabriella invece ha deciso di diventare transessuale già ai tempi del liceo, quando al quinto anno ha affrontato la mastoplastica. Nulla da fare: i professori continuano a chiamarla Gabriele, nonostante le sue richieste. È scappata di casa, lavora come artigiano. È bella, nulla da dire. Quindi scende a patti con il datore di lavoro. Lui se la sarebbe portata a letto, e lei avrebbe avuto il pane in tavola. Una volta conclusa l’esperienza, umiliante ma si sa che da giovani si è disposti a fare certe cose, Gabriella tenta di farsi una vita normale. Trova dei numeri per un posto da commessa, ma nulla. Al telefono le cose vanno bene, è sveglia, intelligente, ma quando la vedono, la risposta è sempre la stessa. Grazie, ma no, grazie. Si è anche arresa per un periodo. Fa la prostituta. Ai clienti piace. Poi trova uno spazio e diventa attrice, perché, come dice lei, gli artisti sono molto più aperti.

Questi sono solo due esempi della condizione dei transessuali nel nostro paese. Nonostante i giornali riempiano le colonne sulla questione gayle unioni civili e la stepchild adoption, la grande paura dei catto-dem, la questione trans viene dimenticata. Questione che, sia chiaro, non è giuridica, ma puramente culturale. Concerne la sensibilizzazione della cittadinanza su un problema che esiste, è tangibile e non può essere snobbato, costringendo questi soggetti alla totale esclusione. Non è perfettamente inspiegabile questo fatto: se l’Essere Gay rimane, per così dire, all’interno dell’Io, segregato nella sua coscienza, l’Essere Trans è appunto un estrinsecare una condizione che, secondo alcuni, è di disagio. In Italia, purtroppo, il dibattito scientifico è rimasto a tempi paleozoici. La situazione di disagio, infatti, non è quella finale, quando il soggetto ha completato la sua trasformazione, bensì quella iniziale, quando il soggetto non si sente accettato nel corpo che la Natura gli ha concesso. Uno stato di turbamento e inquietudine più terrificante del non essere accettati dalla società e del non trovare un lavoro. Quello che occorre capire è che un transessuale sta intraprendendo un viaggio, che egli stesso ha scelto e che lo porterà verso una terra inesplorata ma desiderata allo stesso tempo.

La tecnica, diceva Martin Heidegger, è l’oblio dell’Essere. Ma come comportarci quando questo essere che noi siamo è causa di disagio? Possiamo servirci della tecnica? La problematica morale non è una questione da tenere in considerazione, in quanto parte da presupposti strettamente teologici. Affermare, infatti, che vi è una sorta di ordine naturale delle cose, impresso da Dio, per giustificare una posizione anti-trans, significa anche opporsi alla medicina stessa, che altera il corso naturale delle cose, quando questo non è gradito. Non solo: occorre in questo affermare un principio cardine della Democrazia Liberale: il proprio corpo è una materia di competenza del soggetto. Non possiamo noi, come estranei, pronunciarci a favore o contro una decisione che riguarda una sola persona, consenziente e cosciente delle proprie decisioni. Chi siamo per negare la felicità a una persona, quando questa vive in uno stato di profondo turbamento, che è sul punto di scegliere un intervento che cambierà la sua intera vita?
Decoro, questo è uno dei termini che funge da divisore, che di fatto elimina i transessuali dalla così detta società. Ancora oggi la questione dei transessuali è stata definita come un capriccio. Non solo: si tratta di un capriccio alimentato dalle voglie più turpi e basse del nostro Io, quelle del corpo. Quelle stesse voglie, però, che i benpensanti ricercano acquistando il romanzo erotico in cima alle classifiche o nei film a luci rosse che guardano la sera o nel segreto del loro Io. Potremmo quasi dire che l’odio verso i transessuali non è altro che una forma di nevrosi.

C’è un film del 2012, girato da Xavier Dolan, chiamato Laurence Anyways. Si tratta di un film lungo, barocco, ma che riesce, in un qualche modo, a inquadrare quell’universo transessuale di cui abbiamo parlato. La storia è quella appunto di Laurence Alia che nel giorno del suo 30esimo compleanno rivela  alla sua compagna, impersonata da Suzanne Clement, il desiderio di cambiare sesso. Da lì in poi il film diventa una vera e propria lotta tra il protagonista, talvolta supportato dalla compagna, e la società, con tanto di litigi, riavvicinamenti, pestaggi. Questo tipo di opera, oltre a un indubbio valore artistico, possiede quella forza di rompere l’egemonia discorsiva imposta da un ambiente conservatore. Per risolvere il problema della discriminazione e dell’esclusione delle persone transessuali il primo passo è, appunto, parlarne.

di Mattia Marasti

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