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Salvare la bellezza: l’arte e la Seconda guerra mondiale

Durante l'occupazione, i nazisti sottrassero molte opere d'arte dall'Italia. Gli Alleati, ma anche persone comuni, si adoperarono per proteggere prima e per recuperare poi il nostro patrimonio artistico. Quali sono le loro storie?

5 minuti di lettura

«Fare la guerra in Italia è come combattere in un maledetto museo!» sono le parole pronunciate dal generale americano Mark W. Clark, comandante delle truppe in Italia durante le manovre della Seconda guerra mondiale. Non solo gli attacchi e le manovre militari misero in pericolo il ricco patrimonio artistico della penisola, ma anche la sistematica razzia ordinata dai gerarchi nazisti. Il lavoro di ricerca dei beni e la loro restituzione va avanti ancora oggi, poiché molti risultano ancora dispersi. Molti però vennero salvati e restituiti grazie al contributo non solo degli Alleati, ma anche di uomini e donne italiani che misero a rischio la loro vita per salvaguardare la bellezza dell’arte durante e dopo la Seconda guerra mondiale.

La visita in Italia di Hitler e il progetto del Führermuseum 

Sia nel 1934 che nel ’38 durante gli incontri con Benito Mussolini, Adolf Hitler colse l’occasione per unire gli incontri politici alle visite ai luoghi artistici italiani. Il cancelliere tedesco era infatti un grande appassionato d’arte e la visita in Italia rappresentava l’occasione per ammirare dal vivo tutte le opere studiate sui libri.

Il Führer fu particolarmente entusiasta della visita alla Galleria degli Uffizi, durante la tappa fiorentina. In un articolo del Corriere della Sera del 10 maggio 1938 il cronista sottolinea non solo le emozioni di estasi per la bellezza ammirata, ma anche di immedesimazione poiché «va spesso davanti a tutti […] si sente solo davanti ai geni dell’arte amata». Mentre Mussolini si dimostrò annoiato e infastidito dai lunghi tour artistici, il Führer fu catturato da ciò che ammirava.

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Da tempo Hitler aveva cominciato a progettare il suo personale Führermuseum, un museo d’arte da costruire a Linz. All’inizio il progetto prevedeva che accogliesse le opere tedesche sparse nel mondo per riportarle nella loro nazione. La visita agli Uffizi lo ispirò per un nuovo progetto: fondare il più grande museo al mondo.

arte seconda guerra mondiale
Hitler e Mussolini durante il loro tour dei musei della penisola per ammirare le opere italiane
(Copyright https://war-documentary.info/hitler-goes-florence/)

L’acquisizione delle opere: tra aste forzate e l’azione del Kunstschutz tedesco

Perché non sfruttare l’Italia come serbatoio da cui attingere e l’indifferenza del suo capo verso il patrimonio artistico della sua nazione? Il duce considerava l’arte un puro mezzo di propaganda tramite cui ingraziarsi Hitler e spesso lasciò correre i sotterfugi della Germania per acquisire ad ogni costo le opere d’arte.

Hitler non era l’unico ad interessarsi ai beni artistici. Un altro famelico collezionista fu il luogotenente del Führer: Herman Göring. La lista dei bottini delle sue razzie è davvero lunga e servì per abbellire la sua villa Carinhall, fuori Berlino. Una passione iniziata con l’acquisto regolare delle opere si tramutò ben presto in una rapina nei territori conquistati dalla Germania. Amava particolarmente i dipinti con protagoniste donne nude; il caso più celebre è quello della Danae di Tiziano, portata via dall’Italia e appesa sul soffitto della stanza da letto del gerarca nazista.

La firma dell’Armistizio tra Italia e Alleati nel 1943 diede a Göring il pretesto per aumentare il ritmo delle razzie nella penisola. Il Kunstschutz tedesco, una task force per la protezione della cultura, cominciò a prelevare opere da proteggere dall’avanzata degli americani. Alcune vennero restituite a Roma e al Vaticano, molte altre invece vennero sottratte. Casse contenenti quadri, statue, manoscritti e molto altro furono ammassate in convogli e spedite in Germania.

arte seconda guerra mondiale
Una truppa di soldati tedeschi del Kunstschutz della divisione Göring mostrano un dipinto prelevato da Napoli, città che ha subito numerosi bombardamenti.

I Monuments men and women: non solo americani

La protezione delle opere nei territori di guerra e la restituzione di quelle rubate non fu un’attività appannaggio solo della task force americana del MFAA (Monuments, Fine Arts and Archives). I celebri Monuments Men americani non furono gli unici ad impegnarsi nella protezione del patrimonio artistico europeo e nella restituzione delle opere rubate. A questi si aggiungono anche i nomi di molti italiani, impegnati sia a mettere in salvo dai bombardamenti sia nel rintracciare le opere trafugate.

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Primo fra tutti Rodolfo Siviero; considerato lo 007 della storia dell’arte, si impegnò nell’attività di recupero dei beni artistici portati via dall’Italia. Fascista in un primo periodo, nel 1943 Siviero passò alle file partigiane e coordinò i lavori di intelligence per monitorare le azioni del Kunstschutz. Si adoperò in prima persona nel recupero di innumerevoli opere. Impedì che Göring mettesse le mani sull’Annunciazione del Beato Angelico, nascondendolo con l’aiuto di due frati prima che venisse prelevato. Nonostante fosse visto con sospetto dagli americani per il suo passato, diede loro un aiuto fondamentale per tracciare e recuperare le opere rubate agli Uffizi, nascoste in Alto Adige dai nazisti. Il suo contributo non si limitò al periodo bellico; per il resto della sua vita si impegnò ufficialmente per lo Stato italiano ad individuare le opere rubate e restituirle ai musei dalle quali erano state sottratte, con numerosi successi.

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Rodolfo Siviero immortalato con un opera recuperata di Pontorno.

Un’altra figura fondamentale nella salvaguardia dei beni artistici italiani è quella di Fernanda Wittgens. Milanese, brillante storica dell’arte, aveva cominciato la sua carriera presso la Pinacoteca di Brera. Nel 1940 divenne la prima donna ad essere direttrice di un importante museo. Mise il suo impegno non solo nella direzione, ma anche nella protezione delle opere, mettendole al riparo dai bombardamenti in luoghi sicuri fuori Milano. Scortò i camion carichi delle preziose opere e fu in prima linea a dirigere i lavori dei pompieri per placare gli incendi sul museo. Nel Dopoguerra fu l’anima della rinascita della Pinacoteca e del suo ritorno allo splendore.

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Wittegens non fu la sola Monuments Woman italiana: accanto a lei ve ne furono altre che si distinsero per la loro dedizione nella protezione dell’arte. Palma Bucarelli, storica direttrice della Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma mise in salvo i dipinti, nascondendoli a Castel Sant’Angelo e il Palazzo Farnese di Caprarola. In Piemonte e Liguria si adoperò l’ispettrice Noemi Gabrielli; ed infine Maria Schellembrid, bibliotecaria a capo della Biblioteca nazionale Braidense di Milano, che protesse molti preziosi manoscritti che altrimenti sarebbero andati perduti.

Fernanda Wittgens

La fine della guerra mondiale e una nuova sensibilità per la protezione dell’arte

La fine della Seconda guerra mondiale insieme all’elevato numero di vittime tra i civili portò nel mondo dell’arte delle ferite difficili da sanare. Molte opere si salvarono dai bombardamenti e dalle razzie, tuttavia ad oggi molte risultano ancora disperse. Tutto ciò fu possibile solo grazie al lavoro e la dedizione di uomini e donne che resero possibile la protezione. Non solo come oggetti portatori di bellezza fine a sé stessa, ma anche come un’eredità da preservare e consegnare alle generazioni future. Dall’esperienza della Seconda guerra mondiale nacque una nuova consapevolezza verso la bellezza artistica, come qualcosa di profondamente fragile da proteggere. Nel 1946, sulla base di questo spirito nacque l’UNESCO (United Nations Educational, Scientific and Cultural Organization) per la promozione della pace a partire dalla cultura, l’educazione al bello e la volontà di preservazione di un patrimonio inestimabile di cui siamo depositari.

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Per approfondire:

  • I. D. Brey, Salvate Venere! La storia sconosciuta dei soldati alleati che salvarono le opere d’arte italiane nella Seconda guerra mondiale, Mondadori, 2010
  • A. Marzo Magno, Missione Grande Bellezza: gli eroi e le eroine che salvarono i capolavori italiani saccheggiati da Napoleone a Hitler, Garzanti, 2017

Eleonora Fioletti

Nata tra le nebbie della pianura bresciana, ma con la testa tra le cime delle montagne. Laureata in Filologia moderna, si è appassionata ai manoscritti polverosi e alle fonti storiche. Nel tempo libero colleziona auricolari annodati, segnalibri improbabili, eterni esprit de l’escalier, citazioni nerd e disneyane da usare in caso di necessità.

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