In un clima lugubre, che ben si adatta alle cupe giornate – e notti – autunnali, le strade si colorano di tinte fosche e immagini inquietanti emergono dalla nebbia: mostri, ombre, spettri. Con il progressivo aumentare delle ore di buio, è come se crescesse nelle persone l’angoscia per l’ignoto, per ciò che il buio occulta e ammanta del suo silenzio; è su questo sfondo che si proietta una festività come Halloween, che chiude il mese di ottobre ed è come se aprisse ufficialmente le porte all’inverno.
Partendo dal mondo anglosassone, questa festa si è ampiamente diffusa in tutto il mondo, esplodendo soprattutto negli ultimi decenni; eppure, si tratta di un’usanza che affonda le proprie radici in un tempo remoto e lontano, in un momento in cui l’Europa non aveva ancora conosciuto la dominazione romana. Per scoprire quella che si crede essere l’origine di Halloween e le usanze a essa legate, bisogna scavare nell’antico mondo dei Celti di 2500 anni fa.
Samhain – conosciuta anche come Sauin – è una ricorrenza ancora molto presente nella tradizione irlandese: festeggiata nella notte tra il 31 ottobre e il 1° novembre, vede sfilare per le vie delle città carri spaventosi e maschere terrificanti. Il nome deriva dall’antico gaelico samhuin (anche samuin o samfuin), termine che significa “fine dell’estate” e da cui prende il nome lo stesso mese di novembre, racchiudendo in sé il senso originario di questa festività.
Collocata a metà strada tra equinozio d’autunno e solstizio d’inverno, la ricorrenza di Samhain corrisponde al più antico Capodanno Celtico, che segnava il passaggio dalla fase “luminosa” dell’anno a quella più “buia” e sanciva la fine del ciclo annuale delle stagioni, pronto per riprendere il proprio corso non appena il sole fosse tramontato sulle terre dell’antica Irlanda.
Nel calendario celtico le giornate avevano inizio al tramonto: in questo giorno speciale il crepuscolo determinava la chiusura dei raccolti, mentre il bestiame era portato via dai campi e radunato, venendo in parte ucciso ritualmente come gesto di buon auspicio. Ogni fuoco domestico doveva essere spento, per lasciare spazio alla fiamma sacra accesa dai druidi, all’interno della quale si gettavano le ossa degli animali sacrificati. Lo stesso termine inglese bonfire (falò) sembrerebbe trarre origine da tale rito (bone, osso + fire, fuoco), che prevedeva l’accensione di torce dalle braci del fuoco rituale, con cui i membri della comunità avrebbero dato nuova vita ai propri focolari.
Il venir meno della luce, unito al momento di transizione rappresentato dalla festività di Samhain, portava con sé la credenza che gli spiriti potessero tornare a visitare il mondo terreno: si pensava che le barriere solitamente erette tra i due mondi, volte a tenere ben separati i vivi dai morti, si assottigliassero in occasione della condizione liminale tipica di questo periodo dell’anno.
Le fonti in merito scarseggiano, ma gli storici hanno formulato l’ipotesi che alcuni rituali prevedessero l’indossare delle pelli animali come travestimento, con lo scopo di evitare eventuali attacchi di spettri che tentavano di appropriarsi dei corpi umani. Chissà che la tradizione di travestirsi ad Halloween, per cui si tende a “snaturare” il proprio aspetto, non derivi dal timore di perdere la propria umanità e dal tentativo di proteggerla a ogni costo, tanto da fare ricorso a dei diversivi.
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Un sito particolarmente legato alla ritualità di Samhain è la collina di Ward, luogo frequentato fin dall’età del Bronzo tardo (1200 a.C.) e detto anche Tlacthga, dal nome di una potente druida – figlia dell’arcidruido Mug Ruith – che in questo luogo avrebbe dato alla luce tre gemelli in seguito alla violenza subita da Simon Mago (o dai suoi tre figli, a seconda del ramo del mito che si prende in considerazione). Gli archeologi hanno rinvenuto in loco una fitta stratificazione, con tracce di frequentazione umana precedenti l’arrivo dei Celti in Irlanda (ca 500 a.C.) e resti di grandi focolari, accompagnati da ossa animali, segno del probabile svolgimento di sacrifici.
Quando il cristianesimo approdò sulle rive dell’Irlanda, nel V secolo d.C., la festività era più viva che mai e stava particolarmente a cuore alla popolazione: vari furono i tentativi di sopprimere elementi del ritualismo pagano, ma con scarsi risultati. Si optò allora per una via sincretica, in cui il folklore celtico e le ricorrenze cristiane potessero amalgamarsi, in maniera tale da essere più facilmente accettate e digerite da parte degli abitanti, inglobando degli aspetti estranei all’interno di un contesto più noto e familiare.
In seguito alla grande carestia che colpì il paese nel XIX secolo, molti irlandesi si videro costretti a migrare verso l’America del Nord e portarono con sé il proprio bagaglio culturale, comprese le usanze legate ai festeggiamenti di Samhain.
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Bibliografia
Ronald Hutton, Samhain in The Stations of the Sun : A History of the Ritual Year in Britain (1996)
Geoffrey Keating, General History of Ireland (1854)
T. W. Rolleston, I miti celtici (1911)