Ignazio Marino, sindaco di Roma Capitale, non può certo essere definito un genio di tattica e comunicazione politica, e quell’aria un po’ ingenua, unitamente alla barbetta e agli occhialetti da francescano, certo non aiutano a costruire l’immagine di un politico cinico e spregiudicato. Anche perché, in effetti, Ignazio Marino non è né cinico né spregiudicato. E, forse, non è nemmeno un politico, almeno non in senso stretto. In effetti Marino del politico, così come ce lo si rappresenta solitamente, non ha niente. Più volte lo si è definito un marziano, un corpo estraneo rispetto alla giungla politica romana e non, e, a ben vedere, non a torto. Sembrerebbe infatti che Marino non azzecchi nulla con tutto quel mondo.
In prima battuta occorre sottolineare come Roma sia sempre più una città fuori controllo. Lo è sempre stata, perché non c’è capitale europea tanto sciatta, disorganizzata e prigioniera del malaffare. Roma è una gabbia di lupi, e Marino questo l’ha sottovalutato. La politica, poi, è un mestiere per forti e il sindaco-chirurgo sembra essere talmente estraneo ai suoi meccanismi da apparire una “macchietta”, specializzata nella strampalata disciplina dello “scivolo su buccia di banana”. Le multe non pagate, la Panda al Senato, l’invito in aula consigliare (contro il parere dei suoi) dei tifosi romanisti per supportare il progetto del nuovo stadio a Tor di Valle. Il susseguirsi di gaffe è culminato dell’ormai famosa polemica sulla trasferta a Filadelfia, con un Papa Francesco stranamente stizzito nell’affermare che nessun invito era stato inoltrato al Sindaco di Roma.
Ignazio Marino ha bisogno di essere salvato. Nello specifico, almeno da due cose: la prima, da se stesso; la seconda, dall’accanimento politico e mediatico sulla sua persona.
Innanzitutto da se stesso, perché lui di certo non si aiuta: le vacanze caraibiche mentre la Capitale è in subbuglio, i viaggi negli Stati Uniti, gli insulti (spesse volte meritati) ai cittadini in protesta… solo per fare qualche esempio. Insomma, Ignazio Marino è il peggior nemico di se stesso. Ma, dicevamo, il sindaco ha anche bisogno di essere salvato dalla gogna mediatica. Mai, sugli organi di stampa, si era dato tanto rilievo all’operato di un sindaco. Mai su giornali e Tg si è parlato di un sindaco quasi più di un Presidente del Consiglio. Ogni giorno al primo cittadino romano è dedicato almeno un pezzo su un qualche giornale o un servizio in qualche telegiornale. Si spara sulla croce rossa.
La domanda che sorge spontanea è una sola: come mai su Marino questa esposizione mediatica e sui suoi predecessori no? La risposta, in apparenza, potrebbe essere semplice: forse i suoi predecessori non ne combinavano così tante. Poi però ci si ricorda di Mafia Capitale, così la risposta sopra abbozzata diventa quasi ridicola. In effetti i sindaci romani negli anni ne hanno combinate e anche di ben più grosse di quelle fatte da Marino, che in confronto paiono delle ragazzate, anche se tanto accanimento non si era visto.
Il mondo che più mal sopporta Marino, è risaputo, è quello della politica e, nello specifico, quello del Partito Democratico. Che fra Matteo Renzi e il sindaco ultimamente non corra buon sangue non è una novità. Che l’altro Matteo democratico, Orfini, abbia rinunciato a prendere le difese del sindaco della sua città altrettanto. Non è che forse allora si sia deciso di sguinzagliare i propri amici (la simbiosi fra certa stampa e certa politica ormai, purtroppo, non è più notizia anch’essa) per costringere il sindaco a dimettersi pur di interrompere questa gogna?
La destra attacca Marino, la sinistra pure. Anche il Papa ci ha messo del suo, mentre i Cinque Stelle non vedono l’ora delle urne, sicuri della vittoria. Il primo cittadino ormai ha tutto l’universo contro. Ma davvero siamo sicuri che Ignazio Marino sia la causa di tutti i mali che attanagliano storicamente la Capitale? O forse è solo la persona sbagliata nel posto e nel momento sbagliato? Soprattutto, siamo davvero sicuri che Marino sia inetto politicamente, incapace di intraprendere una qualsiasi azione politica? Anche se bisogna ammettere che, quando si ha tutto e tutti contro, è difficile combinare qualcosa di buono.
L’ex sindaco Gianni Alemanno, quello che ha portato i saluti romani in Campidoglio e gli aficionados in Atac, ha costruito, più o meno silenziosamente, la sua vendetta. Questa, si sa, è un piatto che va servito freddo, meglio se avvelenato, magari. La sua parallela marcia anti-Marino, portata avanti insieme alla “paladina della giustizia” Giorgia Meloni, ha sortito i suoi frutti, facendo breccia nel cuore del cittadino disamorato, arrabbiato. Ma quanti sanno degli scandali coperti e insabbiati dell’era Alemanno? Davvero si ha il coraggio di credere che tutto sia colpa di Marino? Eppure chi vive a Roma dovrebbe ricordare che l’azienda comunale dei trasporti era sull’orlo della bancarotta in mano al prode Gianni. Chi è solito trascorrere qualche estate rovente a Ostia dovrebbe sapere che questa è stata per anni ostaggio e proprietà di sole tre famiglie, due delle quali mafiose. Il fatto è che, da quando è arrivato Marino, la bella vita dei furbastri è diventata più difficile. Nominato Alfonso Sabella assessore alla Legalità, il “lungo muro” ostiense (quell’abominevole colata di cemento che dalla strada impedisce la vista del mare) ha rischiato di avere le ore contate e tanti piccoli intrallazzi hanno smesso di essere all’ordine del giorno. Ma chi risiede nella Capitale dovrebbe ricordare anche un personaggio, tal Giordano della stirpe dei Tredicine che, con tutta la famiglia, ha gestito lungamente i camion bar che deturpavano il Colosseo, piazza Venezia e affini. Marino li ha fatti sgomberare, e fra proteste e attacchi si è inimicato un’altra “casta” di intoccabili romani. Camminare per via dei Fori Imperiali senza esser costretti allo slalom è ora possibile, ma di questo nessuno sembra rendersi conto. E nessuno sembra aver notato che finalmente, dopo anni di sindaci inetti e indecisi, Ignazio “il marziano” ha fatto chiudere Malagrotta, discarica-totem del degrado e dell’inquinamento. C’è poi il capitolo Atac, con la fine della “pacchia” alemanniana e l’inizio del badge “strisciato”, come avviene in tutti i Paesi civili. Ma come, signor Marino, Lei non sa che il cartellino lo firmano solo alcuni dipendenti? Allora Lei non vuole proprio adottare due pesi e due misure.
Marino, dopo gli anni di Alemanno e dei suoi amici e parenti, si è trovato davanti una situazione non spaventosa ma di più. Neanche un supereroe sarebbe in grado di risolvere i problemi di Roma in soli due anni, figuriamoci Ignazio Marino, con quell’aria ingenua e la barbetta da francescano.
Oggi [8 ottobre 2015, ndr] gli assessori – i suoi assessori – Luigina Di Liegro, Stefano Esposito (fresco di nomina e bestemmia in aula) e il vicesindaco Marco Causi si sono dimessi. Le motivazioni ufficiali riguardano l’ultimo “scandalo”, quello degli scontrini e le cene pagate con la carta del Comune seguite dalle smentite di Comunità di Sant’Egidio e ristoratori. La battaglia di Marino contro i dehors in centro potrebbe far scattare qualche campanello d’allarme a riguardo, anche se pronunciarsi resta impossibile. L’ex assessore ai Trasporti – Esposito – ha detto che il sindaco «è una persona responsabile, mi auguro che non trascini oltre questa situazione. Dovrebbe dimettersi». Il colpo definitivo è assestato, come nei vecchi adagi gli amici migliori diventano i nemici peggiori.
Marino, dal canto suo, ha dichiarato: «Chi non mi difende vuole la città in mano ai mafiosi». Ebbene, è così. Allora salvate il soldato Ignazio, per salvare Roma.
+++ AGGIORNAMENTI +++
– Intorno alle 19.30 dell’8 ottobre 2015, Ignazio Marino ha annunciato le proprie dimissioni da sindaco di Roma.
– Nel pomeriggio del 29 ottobre 2015, a pochi giorni dal 2 novembre (ultimo giorno utile per farlo), Ignazio Marino ha ritirato le dimissioni.
– Il 30 ottobre 2015 il Partito Democratico ha radunato 25 consiglieri comunali da far dimettere, facendo così decadere Ignazio Marino da sindaco di Roma.
Il cerchio si è chiuso.
di Michele Castelnovo e Ginevra Amadio
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