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Il «Sacrificio di Isacco» di Jordaens, capolavoro di umanità

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Per molti, la Pinacoteca di Brera è semplicemente sinonimo del Bacio di Hayez o dello Sposalizio della Vergine di Raffaello, opere talmente celebri – e belle – da essere spesso raffigurate anche sui biglietti di ingresso del museo. Non tutti sanno, però, che la Pinacoteca nel cuore di Milano cela anche un gioiellino di arte fiamminga. Stiamo parlando del Sacrificio di Isacco, realizzato da Jacob Jordaens (1593-1678). L’artista non è forse fra i più noti esponenti del Seicento fiammingo: spesso infatti è oscurato dalla gloria dei grandissimi Jan Vermeer, Rembrandt Van Rijn, Pieter Paul Rubens.

Il «Sacrificio di Isacco» di Jordaens
Jacob Jordaens, Sacrificio di Isacco, 1625-1626. Olio su tela, 242×155 cm. Milano, Pinacoteca di Brera.

È proprio insieme a Rubens che Jordaens inizia i suoi studi di pittura, sotto la guida del pittore manierista Adam Van Noort. Lo stile di Rubens è effettivamente simile a quello di Jordaens: ciò spiega perché il Sacrificio di Isacco, inizialmente custodito al Louvre e poi ceduto alla Pinacoteca di Brera, fosse stato inizialmente attribuito a questo altro artista. Nelle opere di entrambi si ritrovano un forte dinamismo e un uso estremamente espressivo dei colori, secondo il gusto barocco, ormai distante dalla compostezza rinascimentale.Il quadro esposto alla Pinacoteca si rifà, come si può intuire dal nome, a un episodio biblico. Si legge infatti nel libro della Genesi che Dio, per mettere alla prova la fede di Abramo, gli chiese di sacrificargli il suo unico figlio, Isacco. Abramo, mosso da una fede incrollabile, accettò, e Isacco poté salvarsi solo grazie all’intervento di un angelo un attimo prima che il padre lo uccidesse.L’episodio, come moltissimi altri soggetti biblici, è stato spesso rappresentato da artisti di diverse epoche, e di conseguenza con diversi stili. Ogni artista, inoltre, ha scelto di attirare l’attenzione dell’osservatore su un dettaglio diverso. È come se venisse raccontata sempre la stessa storia, ma con inquadrature e sensibilità diverse.


A differenza di Rembrandt, che gli è coevo, Jordaens non si concentra tanto su Abramo, ma su Isacco, il cui volto è ben visibile ed è il centro di tutta la composizione. Isacco viene mostrato, con incredibile realismo, per quello che è: un ragazzino a un passo dalla morte, per mano di suo padre, probabilmente la persona di cui si fidava di più sulla faccia della Terra.Davanti a questo quadro, è impossibile non sentire per un istante quello che può avere provato Isacco: terrore e disperazione. La disperazione di chi sente che è finito tutto, di chi si trova di fronte al tradimento da parte di chi gli aveva donato la vita. Se Abramo può vedere l’angelo arrivare, nel momento rappresentato da Jordaens – quasi il fermo immagine di un momento che non dura più di un battito di ciglia – Isacco non lo vede ancora. Non vi è alcuna traccia di speranza nel volto di Isacco. Benché da un quadro non possano giungere voci, sembra quasi di sentire i singhiozzi di Isacco di fronte a quella che lui crede essere la fine.

 

Un dettaglio del Sacrificio di Isacco di Jacob Jordaens.

Con quest’opera, scopriamo dunque una rappresentazione estremamente umana di un episodio biblico; umana perché lo è la disperazione che si prova quando pare che non ci siano vie d’uscita. Se la fede di Abramo è così salda da consentirgli di sacrificare a Dio il suo unico figlio, quella di Isacco inevitabilmente vacilla e sembra che, tra le lacrime, il ragazzo mormori lo stesso «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?» pronunciato da Gesù in croce (Mc 15, 34).Il Sacrificio di Isacco si rivela pertanto un vero capolavoro di quell’arte fiamminga che ha fatto del realismo e dell’espressività dei soggetti raffigurati il proprio marchio di fabbrica.

 

Francesca Cerutti

Classe 1997, laureata in Lingue per l'impresa e specializzata in Traduzione. Sempre alla ricerca di storie che meritino di essere raccontate. Nel 2020 è stato pubblicato il suo romanzo d'esordio, «Noi quattro nel mondo».

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