Roma, si sa, è tra le venti città più visitate al mondo. I lanzichenecchi che ciclicamente l’hanno saccheggiata poco hanno potuto contro l’allure e il fascino senza tempo che la contraddistingue. Sarà sporca, disorganizzata e scelleratamente espansa eppure la Caput mundi nasconde sempre qualcosa che riesce a stupire. Certo, scappare alla routine del turista mordi e fuggi non è facile, soprattutto se si hanno a disposizione due giorni per andare da ovest a est passando per il Colosseo con puntatina a Ponte Milvio. Un caffè a Sant’Eustachio è d’obbligo, il lancio della monetina nella Fontana di Trevi anche ma, diciamo la verità, dopo un primo viaggio di ricognizione evitare di cadere nei soliti cliché sarebbe preferibile. La città eterna ha tanto da offrire se si decide di abbandonare i soliti circuiti e avventurarsi in percorsi alternativi, rischiando anche di lasciare in tasca la bussola o, perché no, il navigatore dello smartphone. A volte basta ascoltare i consigli di qualche romano per scoprire angoli di Urbe ignoti e totalmente inaspettati e “l’itinerario del mistero” ne è esempio lampante: alzi la mano chi lo ha mai percorso per intero, senza saltare nemmeno un luogo. Un’altra Roma è possibile e San Pietro non si offenderà di certo se – soprattutto in periodo giubilare – deciderete di concedergli un po’ di respiro. Lasciate dunque in albergo le Lonely Planet: i misteri della città eterna vi aspettano.
La porta magica, Piazza Vittorio Emanuele
Se arrivate in treno, a pochi passi dalla Stazione Termini troverete una piazza ostaggio dell’ormai degradata Chinatown romana: è Piazza Vittorio Emanuele, facilmente riconoscibile dal parco recintato che ne occupa il centro. Al di là della cancellata, semi-nascosto, si può scorgere l’ultimo portale in pietra di quella che un tempo era la villa del marchese Massimiliano Palombara, appassionato di alchimia e membro della società segreta dei Rosacroce, fondata nel XIV-XV secolo dal carismatico Christian Rosenkreuz e basata sugli scritti di John Dee, mago di corte della regina Elisabetta I d’Inghilterra. La residenza, un tempo roccaforte della massoneria, vide soggiornare tra le sue mura personaggi del calibro di padre Athanasius Kircher e del medico Giuseppe Borri e ospitò per lungo tempo un laboratorio in cui prendevano corpo preziosi esperimenti per trasformare il metallo in oro.
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Secondo la tradizione, sulla porta sarebbe rappresentata la formula alchemica di tale trasmutazione, appresa dal marchese attraverso carte indecifrabili. Impossibilitato a saperne di più, decise di riportare i segni sul portale della villa nella speranza che qualcuno riuscisse decifrarli: il simbolo alchemico del sole e dell’oro (sull’architrave), il sigillo di Salomone; i simboli dei pianeti (sugli stipiti), con i loro corrispettivi metalli e una serie di indicazioni in latino: Saturno-piombo, Giove-stagno, Marte-ferro, Venere-rame, Luna-argento, Mercurio-mercurio. Dal 1680 nessuno è stato in grado di svelare il mistero.
Piazza di Sant’Apollonia
A molti il nome di Lorenza Serafina Feliciani suonerà sconosciuto eppure questa bellissima donna dalle umili origini sposò il noto Conte Cagliostro, fondatore della Libera massoneria di rito egizio. Nonostante fosse digiuna di qualsiasi tipo di istruzione, la Feliciani diede vita alla Loggia di Iside sotto le vesti di Regina di Saba. Dopo la condanna del consorte da parte della Chiesa Cattolica, la donna finì rinchiusa nel convento di Sant’Apollonia, nel cui luogo fu poi costruita la chiesa omonima. Dopo una vita difficile, Lorenza decise di abbandonarsi alle spalle il passato per continuare a vivere in convento fino al giorno della sua morte, senza mai dimenticare l’amore e la sorte che la volle separare dell’amato Cagliostro. E leggenda vuole che, nelle notti d’inverno, qualcosa d’insolito accada in piazza dove a farsi sentire è l’anima inquieta della donna che urla disperata il nome del marito.
Chiesa del Sacro Cuore del Suffragio, Lungotevere Prati
Apparente gioiello gotico, la chiesa è in realtà interamente realizzata in cemento armato. Al suo interno c’è una sala che costituisce il Museo delle Anime del Purgatorio voluto alla fine dello scorso secolo dal parroco della chiesa. Qui si troverebbero, rinchiusi in alcune teche, oggetti sui quali alcune anime del purgatorio avrebbero lasciato dei segni. L’atmosfera è indubbiamente affascinante ma, almeno in alcuni ambienti, comincia a circolare la voce di una possibile maledizione per i visitatori: semplice suggestione o furba trovata commerciale?
Piazzetta Esoterica, via di Sant’Eustachio
No, lasciate stare per un momento il caffè segnalato persino sulle guide giapponesi. Qui, a due passi dal Pantheon, c’è una strada talmente corta da sembrare una piazza, ribattezzata “esoterica” perché si sostiene che, in un lontano passato, vi abbia risieduto un alchimista o un negromante. La presenza di quest’oscuro abitante avrebbe lasciato un segno nella centralissima via che, nonostante l’incessante caos capitolino, si presenta stranamente tranquilla e silenziosa. Sarà inoltre forse un caso la presenza di un’enoteca dal nome Spiriti e di una libreria esoterica? Probabilmente sì, ma nell’itinerario del mistero è permesso fantasticare.
Quadrato del Sator, Basilica di Santa Maria Maggiore
A molti verrà spontaneo chiedere di cosa si tratti; ebbene, il quadrato di Sator è un’iscrizione latina palindroma formata da 5 parole: «SATOR AREPO TENET OPERA ROTAS» disposte a formare appunto la celebre figura geometrica. Presente in molti reperti archeologici sparsi per l’Europa, il misterioso quadrato è visibile nei sotterranei della Basilica di Santa Maria Maggiore e, per quanto concerne il significato della frase, per ora si sa solo che la soluzione ruoterebbe intorno al senso della parola AREPO. Questa, di origine non strettamente latina, interpretata come nome proprio dà luogo a Arepo, il seminatore, tiene con maestria l’aratro, mentre collegata al termine arepus assume il significato di seminatore, con il carro, (che) tiene con cura le ruote. Un enigma difficile da sciogliere, non c’è alcun dubbio.
Mezzaluna del Tevere
Non passate di qui se avete paura dei fantasmi. In questa zona del lungotevere in cui il Biondo fa un gomito, (chiamata appunto “mezzaluna”) si concentrerebbero infatti le manifestazioni spiritiche della città. Leggenda vuole che tra Colle Oppio, piazza Navona, Campo de’ Fiori, Trastevere e Piazza del Popolo si aggirino Messalina, moglie dell’imperatore Claudio (Colle Oppio); Berenice, amante dell’imperatore Tito (Portico d’Ottavia); Olimpia Pamphili che apparirebbe nelle notti di plenilunio su una carrozza trainata da cavalli neri (piazza Navona); Beatrice Cenci, decapitata l’11 Settembre 1599 su ponte Sant’Angelo; Mastro Titta, il boia di Roma tra il XVII e il XIX secolo che vagherebbe la mattina presto nei luoghi delle esecuzioni, ossia Piazza del Popolo e Piazza di Ponte Sant’Angelo. Riservata a Giordano Bruno sarebbe poi ovviamente piazza Campo de’ Fiori.
Campo Marzio
Anche qui le leggende raccontano con suggestivo mistero l’esistenza di qualcosa di sensazionale: nei pressi del Campo Marzio ci sarebbe stata una statua con un braccio proteso in avanti ad indicare un punto sul terreno, mentre recava incisa su sé la scritta “colpisci qui”, di modo che tutti i romani potessero scalfirla. Un tale Gerberto, noto alla storia come Silvestro II il papa mago, invece di colpire la statua stessa ebbe l’intuizione di scavare nel punto che questa indicava sul terreno; si trovò così davanti all’entrata della camera sotterranea in cui era custodito il tesoro di Cesare Augusto, che non riuscì a portar via a causa delle statue che facevano la guardia. Quelle ricchezze dovrebbero trovarsi dunque ancora nel sottosuolo del Campo Marzio, ma chi ha il coraggio di avventurarsi alla ricerca?
Chiesa di Santa Maria della Concezione dei Cappuccini, via Veneto
Vicino alla Roma della Dolce Vita c’è una chiesa con una caratterista particolarmente macabra: le mura sono “arredate” con teschi ed ossa. I frati dell’ordine dei Cappuccini hanno usato fino al 1870 la cripta del luogo sacro per realizzare sepolture alternative dei propri confratelli (circa 4000) mentre sulla volta campeggia il poco rassicurante monito: «Noi eravamo quello che voi siete e quello che noi siamo voi sarete».
Il quartiere Coppedè
Passando per via Tagliamento e piazza Buenos Aires è impossibile non notare la strana bellezza di certe costruzioni. Improvvisamente, tra un caffè sulla strada e il Piper disco alle spalle ci si trova immersi tra torri simil medievali, stemmi barocchi, decorazioni retro. È il quartiere Coppedè, composto da ventisei palazzine e diciassette villini nati dal gusto dell’architetto Gino Coppedè che, scelto dai finanzieri Cerruti della società Edilizia Moderna, lo realizzò tra il 1913 ed il 1921. La morte di questi nel 1927 non permise il compimento del progetto originario e quello che oggi si suole chiamare quartiere è in realtà un piccolo angolo suggestivo che richiama con la sua varietà di stili più di un’epoca storica.
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Ad accogliere i passanti c’è un cupo arco d’ingresso reso ancor più suggestivamente inquietante dal lampadario in ferro battuto posto sotto di esso. Proseguendo lungo via Brenta si arriva a Piazza Mincio al centro della quale si trova la Fontana delle Rane, posizionata in maniera tale che da essa si possano ammirare il lampadario e il Villino delle Fate (una costruzione delimitata da una cancellata in legno e ferro battuto). Le vasche della fontana sono popolate da quattro rane nella conca inferiore e da altre otto che, sul bordo della conca superiore, sembrano saltare verso lo zampillo centrale. C’è poi l’ambasciata russa, un villino turrito con ampio loggiato che ha compendiati in sé elementi neoclassici, medievali e cristiani. Presenta un fregio decorato con immagini tipiche della Grecia antica mentre il tetto è sorretto da grosse statue raffiguranti animali. L’atmosfera surreale che circonda il luogo è palpabile e l’aspetto spettrale delle sue costruzioni ha ispirato più di una pellicola. Ricostruito fedelmente nella scenografia di Cabiria, il quartiere Coppedè ha poi conquistato il regista horror Dario Argento che lo ha reso assoluto protagonista di Inferno e L’uccello dalle piume di cristallo.
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