L’evoluzione della ritrattistica romana

Dalla newsletter n. 25 - febbraio 2023 di Frammenti Rivista

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La ritrattistica romana, insieme al rilievo storico, rappresenta il genere artistico più caratteristico e rappresentativo dell’arte, troppo spesso considerata meramente emulativa rispetto alla tradizione greco-ellenistica.

Estremamente diffuso in età repubblicana, il ritratto affonda le sue radici nell’ambito privato dei riti funerari e della ritrattistica degli antenati, regolata, come ci informa lo storico Polibio, dallo ius imaginum, che accordava ai patrizi il permesso di esporre nella propria domus i ritratti degli antenati, prima in cera, poi in bronzo e marmo, identificati da iscrizioni contenenti i nomi, in modo tale da creare una sorta di albero genealogico. Il ritratto, dunque, nasce con una forte connotazione elitaria, diretta espressione del patriziato e dell’aristocrazia senatoria.

In età repubblicana, quando raggiunge l’apice del suo sviluppo, il ritratto ha la funzione di comunicare ai posteri i valori di moralità, giustizia e pietas, alla base della società romana. Il ritratto romano, pur debitore della tradizione greca per la perfezione formale e la ripresa di alcuni modelli iconografici -spopolano le riproduzioni di originali di Lisippo e Policleto – si distacca dal modello greco in virtù della verosimiglianza fisiognomica con i soggetti ritratti e dell’intensità espressiva, a differenza della ieratica idealizzazione dell’arte greca, al punto tale che in alcuni casi si è parlato di tendenza “anticlassica”.

Il modello ritrattistico più diffuso è quello del busto-ritratto di derivazione etrusca, a cui si affiancano svariate altre tipologie, come il ritratto equestre, il tipo loricato – dalla lorica, ovvero la corazza riccamente effigiata – il ritratto togato ed infine il tipo eroico, dove la testa dai tratti realistici si innesta su un corpo nudo idealizzato. 

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