Misure veramente fuori dall’ordinario: 8,11 x 4,08 metri. Un’opera davvero monumentale quella di Carlo Pittara, realizzata nell’arco di due anni ed esposta alla IVª Esposizione Nazionale di Belle Arti di Torino nel 1880, dove fu accolta dal grande entusiasmo del pubblico sia per l’originalità della scena che il realismo, enfatizzato dalle dimensioni in scala naturale.
Dopo quasi 40 anni dall’ultima esposizione, durante i quali la tela è stata conservata su rullo in un deposito museale, il dipinto è riallestito su un nuovo telaio grazie al meticoloso lavoro di un team di restauratori, ed è protagonista, fino al prossimo 13 aprile, della mostra Cavalli, costumi e dimore nella Galleria d’Arte Moderna di Torino, insieme ad altre opere dell’epoca, alcune esposte e premiate durante il principale evento del 1880 dedicato all’arte moderna nell’Italia postunitaria.
Carlo Pittara e la “Scuola di Rivara”
Dopo aver frequentato a Ginevra per due anni la scuola del pittore Jean Charles Ferdinand Humbert, il più apprezzato tra i pittori animalisti, il torinese Carlo Pittara si trasferisce a Parigi, nel 1860, dove conosce e stima i pittori della Scuola di Barbizon, antesignana dell’en plein air dell’impressionismo, in particolare Constant Troyon e Charles-Émile Jacque, un altro artista che sa riprodurre fedelmente gli animali. Un anno dopo, Pittara partecipa per la prima volta al Salon de Paris con il dipinto Étude d’animaux en Piémont.
Ritornato in Italia, l’artista inizia a frequentare Rivara, un piccolo paese del Canavese, ospite del marito della sorella Effisia, Carlo Ogliani, colto e generoso banchiere. Qui nel 1861 realizza la grande tela Dintorni di Rivara, incentrata sulla raffigurazione di mucche, capre e pecore al pascolo in montagna, con l’unica figura umana, il pastore, relegato sull’orizzonte, in lontananza.
Per circa un ventennio, con il periodo più prolifico tra il 1866 e il 1876, Carlo Pittara diventa un punto di riferimento e Rivara un luogo di incontro preferito di una schiera di artisti, non solo pittori, di varia provenienza e formazione, tra cui il ligure Ernesto Rayper, il portoghese Alfredo D’Andrade e lo spagnolo Serafín De Avendaño.
Accomunati dall’influenza del realismo francese, in contrapposizione ai rigidi dogmi accademici, ritraevano lo stesso paesaggio rivarese osservandolo dal vero, nel reale contesto di luci e colori, ma conservando ognuno il proprio stile e sentire, con un’attenzione particolare alla quotidianità della vita contadina e pastorale.
Leggi anche:
“Un paese ci vuole”: le Langhe piemontesi inseguendo Cesare Pavese
«La Fiera di Saluzzo»
Sovvertendo le regole della pittura storica che esigevano la rappresentazione di fatti noti e personaggi ben identificabili, il soggetto del dipinto è una gremita fiera seicentesca ambientata poco fuori le mura di Saluzzo, di cui si riconoscono gli edifici e monumenti principali, con sullo sfondo l’inconfondibile profilo del Monviso innevato. La visione in scala 1:1 regala la sensazione di ritornare indietro nel tempo ed immergersi letteralmente in un mercato di allora.
«È un’ambiziosa prova di virtuosismo per le sue capacità di rappresentare in modo straordinario gli animali con una cura e una competenza che solo oggi abbiamo potuto realmente comprendere a fondo».
Virginia Bertone, curatrice della mostra
La ricostruzione dell’antica fiera è sorprendente: una grande parata di cavalieri, personaggi in costume ma soprattutto tantissimi animali: quelli di bassacorte, piccoli e grandi capi di bestiame esposti per la vendita, cavalli da tiro e quelli di razza, bardati di tutto punto, cani e cuccioli. È presente anche un animale esotico: una scimmietta usata per attirare l’attenzione della folla sulla merce di un venditore di chincaglierie.
Nell’allestimento, a lato del dipinto, un’infografica spiega in modo dettagliato le costruzioni e le dimore saluzzesi raffigurate, le persone ritratte, nonché le diverse specie degli animali, individuate grazie al contributo dei docenti del Dipartimento di Scienze Veterinarie dell’Università di Torino.
La IVª Esposizione Nazionale di Belle Arti del 1880
Il percorso della mostra «Cavalli, Costumi e Dimore – La riscoperta della Fiera di Saluzzo (sec. XVII) di Carlo Pittara» si conclude con la sezione dedicata all’Esposizione Nazionale del 1880 – organizzata due anni dopo l’Exposition Universelle Internationale di Parigi – che ebbe grande successo e rilevanza. Ben 2.028 opere presentate tra pittura, scultura, architettura e arte applicata all’industria, 1.252 partecipanti, quasi 280.000 visitatori, con una media giornaliera di 2.000 ingressi, per un totale di 204.000 lire incassati coi biglietti, nonché 332 opere vendute, per un valore stimato di 511.045 lire.
«Cavalli, Costumi e Dimore» presenta le opere acquistate dalla Città di Torino per il Museo Civico, tra cui alcune tele ammesse o premiate in quel contesto. Ve ne segnaliamo alcune.
Cesare Maccari ottenne un premio di 7.000 lire con la tela La deposizione di Papa Silverio, ispirata all’età romana tardoantica e con la rappresentazione delle figure in scala naturale.
Nel campo della scultura, premiato anche Emilio Franceschi con il marmo dell’Eulalia Cristiana, dedicato alla rievocazione dei primi martiri.
Lo scultore Giacomo Ginotti proponeva una composizione meno sacra, una sensuale Schiava.
Felice Cerruti Bauduc con la sua Fiera di animali a Moncalieri aveva realizzato un’opera non distante da quella di Carlo Pittara ma era stata ovviamente oscurata dalla imponente Fiera di Saluzzo.
[…] Particolari del dipinto “La fiera di Saluzzo” ©FrammentiRivista […]