Inaugurata il 12 febbraio[1] è visitabile fino al 19 marzo 2022, negli spazi espositivi di Assab One all’ex stabilimento GEA a Milano, per la prima volta in Italia la mostra Sixteen Conversations on Abstraction (table/table) dell’artista olandese Riet Wijnen. Organizzata da Kunstverein Milano con il contributo del Mondriaan Fund e con il supporto dell’Ambasciata e del Consolato Generale dei Paesi Bassi in Italia e Assab One, la mostra si pone l’obiettivo di far luce sul rapporto fra l’identità femminile, la storiografia e l’astrazione intesa come insieme di costrutti sociali che si rinnovano con l’evolversi della società.
Notizie su Riet Wijnen
Originaria di Venray, nella provincia olandese del Limburgo, e attualmente residente ad Amsterdam, Riet Wijnen è fra le più promettenti artiste visive della scena contemporanea europea per la sua arte intermediale che comprende l’utilizzo di scultura, fotogrammi, testi, xilografia e più recentemente anche type design. Le sue opere si confrontano sul legame fra percezione, astrazione, linguaggio, strutture organizzative e storiografia e, nel fare ciò, Wijnen intesse conversazioni immaginarie con i protagonisti del primo modernismo artistico, della scienza, della filosofia e dell’attivismo per riconsiderare la narrazione, immaginare il futuro e ragionare sul concetto di astrazione.
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Wijnen, i cui lavori sono stati esposti principalmente ad Amsterdam negli spazi di Manifold Books (2019), Lumen Travo (2018), P/////AKT (2016) e Dolores, Ellen de Bruijne Projects (2015), coniuga la sua esperienza artistica anche con l’attività editoriale, pubblicando testi che racchiudono i risultati delle sue ricerche storiografiche sull’astrazione e l’idea di femminile e che sono incentrati sul linguaggio e sulle biografie di artiste moderniste. Fra questi, tutti inediti in Italia, si ricordano Saloua Raouda Choucair (2022), Homophone Dictionary (2019), Grace Crowley (2019), Abstraction Création: Art non-figuratif (2014) e Marlow Moss (2013)
Riet Wijnen per un’arte intermediale e interdisciplinare: Sixteen Conversations on Abstraction
Riet Wijnen è nota soprattutto per Sixteen Conversations on Abstractions, un ciclo iniziato nel 2015 e ancora attivo. Nelle intenzioni dell’artista, quest’opera vorrebbe intersecare le sue riflessioni sull’astrazione e il linguaggio con i principali movimenti di emancipazione femminile, proponendo sedici conversazioni immaginarie, che si concretizzeranno in sedici opere, non solo con pensatori, scienziati e artisti, ma anche con figure femminili sottorappresentate e assenti nella storia dell’astrazione, come ad esempio la modernista australiana Grace Crowley e la costruttivista britannica Marlow Moss in Conversation Six: Double-Lines (2018).
Al suo interno, vi è una scultura che raffigura un diagramma o una partitura, che traccia una mappa delle conversazioni che si intrecciano fra loro a indicare un dialogo continuo e costruttivo fra gli studi di Wijnen e il pensiero delle figure coinvolte. Questo perché, come affermato dall’artista recentemente, «La sua versatilità e la sua apertura oltre al suo potere trasformativo, rendono la forma della conversazione particolarmente adatta a tematizzare la relazione fra linguaggio e astrazione».
Cosa aspettarsi dal nuovo capitolo (table/table)?
Sixteen Conversations on Abstraction (table/table) è il nuovo tassello di questo ciclo che muove i passi dal già citato Double-Lines e prosegue la riflessione sull’emancipazione femminile da parte di Riet Wijnen. Questo nuovo capitolo viene proposto nel cinquantesimo anniversario della nascita dell’International Feminist Collective di Padova (1972), da cui sono partite le campagne per il salario al lavoro domestico, ed è dunque incentrato sulla figura dell’attivista italoamericana Silvia Federici, fra le fondatrici del collettivo e protagonista della seconda ondata del femminismo.
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Al centro di questa installazione, vi sono due elementi, strettamente interconnessi fra loro: l’oggetto tavolo e l’archivio del Wages for Housework Campaign[2], collettivo che muove i primi passi dal Nord Italia per espandersi anche in America e, la cui attività, mira a rendere più eque le condizioni sociali delle donne impegnate in ruoli che riguardano la casa, donato da Federici a MayDay Rooms di Londra.
Il legame fra l’archivio e il tavolo protagonista dell’esibizione sta nel fatto che l’evoluzione di concetti astratti e di lotte di emancipazione femminile iniziano dal nostro rapporto con lo spazio fisico e gli oggetti materiali. Come dimostrano, infatti, i pamphlet e i documenti dell’archivio dell’attivista femminista, lo spazio domestico – qui rappresentato dal tavolo – è il luogo in cui certe convenzioni sociali passano di generazione in generazione, ma allo stesso tempo è il luogo in cui proprio certe evoluzioni sociali vengono discusse, animate e messe in atto.
Progetto del libro Love Doesn’t Pay the Bills
A riprova del fatto che l’arte di Wijnen sia intermediale e interdisciplinare, questo legame con l’attività di Federici prenderà forma in un libro trilingue per bambini che sarà pubblicato a metà di quest’anno e sarà intitolato Love Doesn’t Pay the Bills, ideato da Wijnen stessa, in collaborazione con Falke Pisano e Simnikiwe Buhlungu e progettato graficamente da David Bennewith.
Il libro parte dalle riflessioni condotte in questo nuovo capitolo del ciclo dell’artista olandese per dimostrare il passaggio di concetti astratti e conoscenze di generazione in generazione, per stimolare la consapevolezza nei confronti del femminismo ma anche per mettere in moto nelle giovani generazioni un processo di apprendimento che porterà alla decostruzione di costrutti sociali e categorie che si sono imposti violentemente nella storia.
Sixteen Conversations on Abstraction (table/table). Una continua riflessione fra passato e presente
Nell’ex stabilimento GEA, Kunstverein Milano presenta il nuovo capitolo di un ciclo artistico molto innovativo e socialmente all’avanguardia come quello di Sixteen Conversations on Abstraction di Riet Wijnen. Con (table/table) l’artista olandese usa un linguaggio formalmente chiaro e visivamente stimolante, per portare a un livello più concreto le proprie riflessioni sul linguaggio e l’astrazione, spostandosi sulle questioni sociali riguardanti l’emancipazione femminile e la parità di diritti.
Wijnen, inoltre, intreccia il passato dei movimenti di emancipazione femminile con il presente, soprattutto in ottica di tempi pandemici, dove le differenze di genere si sono acuite ed è richiesto un ruolo sempre più socialmente influente per le arti visive e il design, che ora più che mai devono saper confrontarsi con altre discipline come filosofia, scienza e attivismo politico e sociale.
Questo articolo fa parte di Lente Olandese, la rubrica di Frammenti Rivista realizzata in collaborazione con l’Ambasciata e il Consolato Generale dei Paesi Bassi in Italia.
Note:
[1] La mostra è stata inaugurata sabato 12 febbraio dalle ore 16:00 alle ore 20:00. Sarà poi aperta fino al 19 marzo dal mercoledì al venerdì dalle 15:00 alle 19:00, e sabato su appuntamento;
[2] L’archivio del Wages for Housework di Silvia Federici sarà consultabile su richiesta.
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Si ringrazia il Consolato Generale dei Paesi Bassi a Milano e Kunstverein Milano per la collaborazione nella realizzazione dell’articolo. Si ringrazia, inoltre, Kunstverein Milano per il consenso a usare le immagini incluse nell’articolo