5 Febbraio 1863: Giuseppe Fiorelli, direttore dello scavo archeologico a Pompei, viene avvertito che durante i lavori gli operai hanno trovato una cavità in fondo alla quale si intravedono delle ossa e dei gioielli. Grazie al “metodo del calco” operai e archeologi videro emergere i corpi degli abitanti di Pompei, bloccati nel loro ultimo istante di vita durante l’eruzione del 79 d. C.
Il metodo ideato da Fiorelli era molto semplice ed è tutt’ora utilizzato: si tratta di colare una mistura di acqua e gesso nelle cavità formate dal decomporsi dei corpi. Questo è possibile perché grazie alle diverse fasi dell’eruzione del vulcano, in particolare quella caratterizzata dalla caduta di cenere, si formò uno strato compatto chiamato “tuono”, che si solidificò intorno agli oggetti e ai corpi. È così che, una volta fatto asciugare il gesso, si ricava un calco del corpo della persona rimasta intrappolata: è possibile vedere perfino le pieghe dei vestiti e le espressioni del volto, alcune così dolorosamente intense da suscitare profonda commozione.
In questo modo dall’inizio degli scavi si sono recuperati ben ottantasei calchi di uomini, donne, ragazzi, bambini e perfino di cani. Di particolare interesse è un gruppo di tredici “corpi”, ritrovati durante gli scavi del 1961-62 e del 1973-74, di persone che hanno tentato di mettersi in fuga attraverso quello che un tempo era un vigneto e che oggi è chiamato, appunto, Orto dei Fuggiaschi. Tutti i calchi saranno ora oggetto di un restauro voluto dalla Soprintendenza Archeologica nell’ambito del “Grande Progetto Pompei”. Alcuni di questi, circa una ventina, saranno anche esposti alla mostra “1748-1943: Pompei e l’Europa”, allestita tra il sito archeologico e il Museo Archeologico Nazionale di Napoli, che verrà inaugurata nell’Anfiteatro di Pompei il 27 Maggio. Oltre al miglioramento delle condizioni dei calchi, il restauro punta anche ad una serie mai tentata di esami: analisi ai raggi X, ricostruzione con scanner laser e, soprattutto, esami sul DNA ricavato. È possibile quindi che, in un futuro, non troppo lontano, si potrà conoscere con precisione l’aspetto, l’età e le condizioni di vita di coloro che furono sorpresi dall’eruzione del Vesuvio in quel 79 d. C.