Il termine idiota deriva dal greco e significa «se stesso come privato cittadino» o anche «rozzo». La proliferazione di idioti è probabilmente il fenomeno più evidente, e meno analizzato, di questi anni. Quando parliamo di idioti, infatti, parliamo di persone che non riescono a vedere oltre il “proprio”, che non riescono a scindere ciò che proviene dall’Es, dall’inconscio da ciò che invece appartiene alla sfera dei valori, quindi pubblica. Questo atteggiamento, di chiusura, emerge ancora di più quando si parla di migranti, minoranze e integrazione.
C’è un filosofo, Fernando Savater, che dice che non esiste più il razzismo, inteso come atteggiamento logico e scientifico, ad esempio quello della razza ariana nazista, ma esiste un atteggiamento xenofobo. Anche qui ci viene in aiuto il greco: etimologicamente il termine significa «paura del diverso» (letteralmente «dell’ospite»). E questa paura del diverso non è vista in chiave sociale ma puramente personale. L’individuo occidentale, soprattutto quello che non ha particolari capacità, fisiche o intellettuale, vede nello “straniero” un elemento destabilizzante per la sua vita, sia essa economica o relazionale. È quello che Michel Houellebecq chiama «estensione del dominio della lotta».
Pronto a difendere la libertà di impresa e di azione, l’individuo occidentale si rintana del protezionismo e nel nazionalismo quando questa lotta acquisisce nuovi avversari, i migranti, appunto. Non è infatti un individualismo razionale, o come l’oggettivismo russo, ovvero che tende alla perfezione dell’Io, è più un conformismo e qualunquismo di massa, un «vivere come le pecora, che la natura ha fatto prona e dedita agli stimoli». Lo stesso Houellebecq avverte la società occidentale: un atteggiamento di nichilismo, di abbandono al desiderio e alle libertà personali, porta a una fragilità dell’ordine costituito, e la mutazione metafisica è lì dietro l’angolo. L’Europa quindi, troppo debole, rischia di soccombere, anzi di essere “sottomessa”, come recita il suo ultimo romanzo, alla cultura musulmana. Sono obiezioni che, pur non condividendole, hanno un fondo di logica.
Purtroppo, gli idioti non sono Houellebecq. Possono usare queste argomentazioni, è vero, ma andrebbe in contraddizione. L’idiota infatti non ha alcuna conoscenza della cultura cristiana, non conosce San Tommaso d’Aquino, non conosce Sant’Agostino, non conosce nemmeno le basi illuministe dell’Europa, come Immanuel Kant, o Montesquieu (la divisione dei poteri, questa sconosciuta). Gli idioti sono appunti coloro che si sono lasciati andare al nichilismo, che non hanno saputo opporre una cultura a questi nuovi valori che, nel bene o nel male, avanzano. Nel profondo, l’idiota non si chiede «cosa può comportare una migrazione di massa?» ma si chiede «come possono interferire con la mia vita di privato?». E questo suo feticismo per la sfera dell’Ego, lo dimostra in maniera quasi iperbolica, nell’obiezione: «perché non li prendi a casa tua?». Questa frase, di così poche parole, nasconde in realtà un universo vasto e sconfinato. Affermare una tale cosa significa ridurre la politica, quindi un’attività a fine comune e non privato, a una questione di gusto, di piacere.
Questo atteggiamento porta poi a due altri fenomeni. Innanzitutto vi è l’impoverimento culturale. Quando parliamo di immigrazione o di diversità infatti, non si analizza mai in maniera profonda. Se ne fa un discussione generale, un po’ per luoghi comuni. Peccato che nessuno si ricordi mai di citare la storia dell’Immigrazione, che affonda le sue radici nello sfruttamento del territorio africano nei primi decenni del ‘500 quando le grandi navi europee salpavano verso il mondo nuovo, le Americhe, cariche di schiavi neri. Martha Nussbaum, filosofa liberal americana, parla di «progresso per solo una parte del mondo e dell’umanità». Lo esprime bene nel suo Nuove Frontiere della Giustizia. Il tanto lodato progresso, a detta di Nussbaum, è riservato a una parte minoritaria del globo, ovvero quella occidentale di Europa, Stati Uniti d’America e Canada. L’Africa ne è esclusa e le persone in difficoltà sono quindi portate a emigrare, a cercare fortuna altrove, dove il progresso è arrivato. Quindi, la mostruosa immigrazione, in fondo, è anche colpa nostra. In secondo luogo dobbiamo guardare al linguaggio economico. Per anni, il sistema economico occidentale sembrava indistruttibile. Il comunismo era caduto, l’economia era in fiore, il progresso procedeva. Poi il sistema è imploso, chi dice per una chi dice per l’altra causa, ma non è questo il luogo. Da quel momento in poi (ma c’è chi dice anche prima), il linguaggio politico si è trasformato in un linguaggio economico. Si chiedono quanto costi l’immigrazione. Quanto costi questo, quanto costi quest’altro. Seguendo lo stesso ragionamento dovremmo eliminare scuola, sanità pubblica, servizi di vario tipo. Sono un costo, e nessuno ci impedisce di farlo, seguendo il loro ragionamento. L’unico scoglio è la loro volontà. Perché? Perché tocca loro. Finché si parla di tagliare su immigrazione, accoglienza, beh, nessun problema. Quando invece si tratta di tagliare su welfare state o altro, ecco che arrivano le barricate.
Manuel Agnelli, frontman degli Afterhours, cantava in Bye Bye Bombay «Io non tremoè solo un po’ di me che se ne va». Gli idioti invece tremano, tremano perché hanno paura, hanno paura che quella massa di credenze dogmatiche cui sono stati abituati vadano in mille pezzi. E quindi eccoli, i piccoli protettori dei loro diritti, che diventano paladini di legalità. Tutto è circoscritto nell’Io e nei suoi voleri e piaceri, in ciò che detesta e in ciò che invece ama. Peccato che quella parte «che se ne va» sia quella privata e si inserisca in un dibattito pubblico.