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«Questa lettera sul pagliaccio morto» al Teatro i di Milano

Fino all’8 maggio 2022 in scena al Teatro i di Milano lo spettacolo dell’autore e regista Davide Pascarella, interpretato da Eva Meskhi e Chiara Dello Iacovo.

2 minuti di lettura

Le regole del gioco

Se un gioco diviene tale nell’essere effettivamente provato, sperimentato -appunto, giocato- è doloroso cogliere l’ovvio meccanismo per cui i giochi ormai consolidati, quelli per cui non bisogna spiegare le ormai risapute regole, perdano progressivamente quella medesima natura primigenia che li rendeva tanto eccitanti da essere giocati, così snaturandosi lentamente, come se i giochi e i giocattoli soggiacessero a un unico destino di usura.

Se ciò che spinge a giocare coinvolge una certa dose di impegno ed entusiasmo dettati da quella nuova curiosità appena destata -come a dire che il gioco di per sé deve essere interessante, altrimenti non sarebbe giocato e non diverrebbe mai tale- la vita del gioco si misura necessariamente sulla capacità umana di adattamento alle regole.

D’altro canto, ci sono giochi che si continuano a giocare, che sembrano non esaurirsi mai, pur non cambiando le regole. Senza appiattire lo scintillio del gioco sulla superficie dell’abitudine contestuale (che ad esempio può portarci a giocare a beach volley come ogni estate in spiaggia), scambiando la passione del gioco per assuefazione, basti pensare al gioco dell’immaginazione, sempre in campo ogniqualvolta si scelga di fare finta di credere che.

Giocare a teatro

La regola fondante dell’ambito immaginativo non soggiace alla meccanicità dell’utilizzo che rende logoro, ma consente un riproporsi continuo capace di destare meraviglia e stupore. Chi gioca a immaginare non teme mai la noia di un giocattolo rotto o mal funzionante, ragione per cui (forse) nonostante i millenni, l’arte teatrale fortunatamente persevera nel ripresentarsi con sempre nuove rappresentazioni.

Al netto della premessa immaginativa fondamentale, la sfida per il teatro oggi, dopo quasi tremila anni (se da buoni occidentali ne vogliamo sottoscrivere la nascita ai tempi della Grecia antica) si traduce nella proposta di uno stupore che, seppur garantito, sia sempre più arguto, più profondo.

Così al Teatro i arriva il progetto di Davide Pascarella, brillante autore e regista di Questa lettera sul pagliaccio morto, dal 27 aprile all’8 maggio. Con Eva Meskhi e il suggestivo progetto sonoro dal vivo di Chiara Dello Iacovo va in scena un intelligente e accorato gioco immaginativo che disvela sin da subito la magia della finzione, per regalare la sincera poetica di un’autentica sorpresa.

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Come stupirsi

L’invenzione del personaggio che si racconta nelle parole di chi è stato inventato per raccontarlo crea con delicata passione la storia dello stupore che si riscopre nella sostanza di ciò che si agisce e si vede sul palcoscenico.

Come immaginare ancora ciò che si deve immaginare? Se a teatro, luogo storicamente ed etimologicamente della visione, si vede ciò che si immagina di vedere perché stupirsi? Per meravigliarsi della meraviglia Davide Pascarella evita la quinta da palcoscenico e inscena la purezza della dinamica teatrale. I personaggi in Questa lettera sul pagliaccio morto si creano e si scambiano nelle parole dell’attrice monologante.

La magia si capovolge nel proprio disvelamento: il trucco si vede e la sorpresa esplode potenziandosi con il calore variopinto di un intreccio di vite umane che irrompo tra il pubblico, frantumando l’autoreferenzialità della vicenda intima e personale, che poco potrebbe riguardare lo spettatore.

ph@Lorenza Daverio

Continuare a immaginare

Le domande dei personaggi si donano come prosecuzione del gioco immaginativo in atto. Il gesto tecnico performativo diventa poetico nel momento in cui acquista quella profondità magica dettata dal semplice mostrarsi per essere visto.

Lo spettacolo di Pascarella nasce in un teatro che è spazio per vedere e vedersi, senza appiattirsi nel mero rispecchiamento personale, ma invitando chi osserva ad amplificare il proprio punto di vista, perché chi è in scena non risiede nell’azione compita o nella parola pronunciata, ma partecipa al medesimo gioco immaginativo.

Il suggestivo ingranaggio scenico mette il moto un meccanismo narrativo che risveglia il quotidiano referenziale biografico per riproporlo come intrigante invito che sussurrando suona come il più schietto e sorprendente: «Vuoi giocare con me?»

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immagine in copertina: ph@Lorenza Daverio

Anastasia Ciocca

Instancabile sognatrice dal 1995, dopo il soggiorno universitario triennale nella Capitale, termina gli studi filosofici a Milano, dove vive la passione per il teatro, sperimentandone le infinite possibilità: spettatrice per diletto, critica all’occasione, autrice come aspirazione presente e futura.

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