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Quentin Tarantino, un omaggio al feticismo

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Santanico Pandemonium, attrazione principale del Twitty Twister, danza ancheggiando mentre il pitone albino la cinge, risalendole il corpo. Poco dopo si avvicina al tavolo dov’è seduto Richard Gecko e comincia con lui un altro tipo di danza, dove protagonisti sono la lingua dell’uomo e i piedi della stripper che si rincorrono, lottano, fanno da appendice al contatto visivo che permane per tutto il tempo, innaffiato dalla bottiglia di rum che Salma Hayek si lascia scorrere sulle gambe.

From Dusk Till Dawn, 1996

In From Dusk Till Dawn (1996) vediamo un Quentin Tarantino inedito, sceneggiatore e attore protagonista al tempo stesso, e a distanza di pochi anni avremmo capito fino a che punto il temibile fratello Gecko ha saputo incarnare il volto nascosto del regista di Knoxville.

Il feticismo dalle parafilie al cinema

feticismo s. m. [dal fr. fétichisme; v. feticcio]. – 1. Forma di religiosità primitiva, consistente nel culto di oggetti naturali, talora anche di oggetti fabbricati a fini rituali o profani, considerati come sacri e dotati di particolare potenza. 3. Forma di perversione sessuale che concentra il desiderio erotico, consentendone l’appagamento, su una parte del corpo del partner o su un oggetto che gli appartiene (in genere un indumento).
(Enciclopedia Treccani)

Fotografia di Elmer Batters

Il termine “feticcio” viene usato per la prima volta nel XV secolo dagli esploratori portoghesi per indicare gli oggetti adorati dagli indigeni come divinità e ritenuti magici. In psicologia, il feticismo è una parafilia che consiste in «interessi sessuali atipici» (Diagnostical and Statistical Manual) rivolti a un oggetto specifico o una determinata parte del corpo, che assorbono completamente l’eccitazione dell’individuo, spesso di sesso maschile.

Bridget Fonda in Jackie Brown, 1997

Che questa passione di Quentin Tarantino vada di pari passo con quella per il cinema (e le auto vintage, e il cibo) è chiaro a chiunque decida di accostarsi a una delle sue pellicole, e anzi si potrebbe intravedere una trafila ereditaria con la Nouvelle Vague e in particolare con François Truffaut e le sue continue riprese a omaggiare piedi e gambe femminili – una su tutti L’uomo che amava le donne (1977). Ciò che però colpisce è, in questo senso, il percorso cinematografico di QT.

From Dusk Till Dawn – Gecko, Tarantino e la macchina da presa

Tarantino comincia a scrivere la sceneggiatura di From Dusk Till Dawn – la prima che gli fruttò qualche soldo: “ben” 1500 dollari – nel 1990, con l’intento di unire l’horror e il poliziesco. A metà anni ’90, il regista rifiuta di dirigere il film (che viene affidato invece all’amico Robert Rodriguez e che uscirà nel 1996) per concentrarsi maggiormente sul ruolo di Richard Gecko, e non a caso. Il maldito Richard è, ad oggi, l’unico personaggio nel quale Quentin Tarantino si sia specchiato, lasciandosi fare l’amore con i piedi di una giovanissima Salma Hayek e riassumendo quell’ “eterno ritorno”, paradossalmente proprio agli albori del suo percorso cinematografico.

Quentin Tarantino
Quentin Tarantino e Salma Hayek in From Dusk Till Dawn, 1996

In futuro, deciderà di affidare la sua ossessione ad attori di professione e alle immancabili inquadrature che permettono con facilità di riconoscere l’occhio tarantiniano.

Eppure, la chiave del feticismo risiede nell’olfatto: in particolare, l’evocazione di un odore tipicamente animalesco rimanderebbe a una condizione primitiva, intima. I piedi sono quella parte del corpo non soggetta a maquillage o modifiche; rivelano la naturalezza dell’individuo, spesso nascosta sul piano sociale da calzature di vario tipo.

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E se per rendere al pubblico l’ineludibile autenticità c’è bisogno di mettersi a nudo, ecco che Tarantino fa della macchina da presa un intermediario tra l’autentico e la finzione, che comunque non risente della mancanza di resa olfattiva.

Una dichiarazione d’amore

Basta soffermarsi su un qualsiasi film del regista per rendersi conto di come le inquadrature sui piedi – primi fra tutti quelli di Uma Thurman, la musa – rivestano un ruolo importante: esse hanno il compito di identificare, o rivelare, le caratteristiche di un personaggio e rappresentare una svolta essenziale della trama, diventando a loro volta elemento della narrazione, fondamentale anche nella grande e fredda azienda di Hollywood, dove non c’è posto né denaro per scene che rallentino lo storytelling.

In Pulp Fiction la “serenata” comincia incisiva, seppure solo evocativa: Vincent Vega e Jules Winnfield stanno parlando del temibile Marsellus Wallace, che ha defenestrato con tanta facilità l’uomo che aveva osato massaggiare i piedi della moglie, Mia Wallace. Più avanti, sono finalmente i piedi scalzi di Mia-Uma che ballano sulla pista ad attirare irrimediabilmente lo sguardo dello spettatore, nel caso la locandina non avesse sortito l’effetto sperato..

Quentin Tarantino
Piedi di Uma Thurman in Pulp Fiction, 1994

Dice Tarantino: «Chi non si diverte ad inquadrare piedi e scarpe, non ha le idee chiare su dove posizionare la macchina da presa» . E infatti prosegue, e ritroviamo la Thurman in Kill Bill, vol. 1: risvegliatasi dal coma, la Sposa deve fuggire e striscia per raggiungere un auto sulla quale scappare. Nessun accessorio né make-up, solo un primo piano sui piedi a presentarci il personaggio, la sua condizione di donna vuota dopo la perdita del figlio che portava in grembo e del quale ora non sa più nulla. Ciò che deve fare è solo riprendere possesso delle sue facoltà motorie e urlare a se stessa di muovere l’alluce.

Quentin Tarantino
Uma Thurman in Kill Bill: vol.1, 2003

(A tal proposito, la stessa attrice ha dichiarato di trovare i suoi piedi “orrendi”, parlando dell’insistenza con la quale Tarantino le avrebbe chiesto di non dedicarsi a pedicure o quant’altro, in vista delle riprese).

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Ancora, The Hateful Eight. Daisy Domergue ha il volto cosparso di sangue, è appesa a un cappio ed esala i suoi ultimi, spasmodici respiri mentre i piedi, stretti nelle scarpe scure di vernice, si contraggono, fino alla morte, davanti allo sguardo famelico di John Ruth. Infine, doveroso citare Once Upon a Time in… Hollywood, dove ci sono ben trentasei scene in cui gli attori (da Margot Robbie a Margaret Qualley, ma anche Brad Pitt) mostrano i loro piedi scalzi, per un totale complessivo di poco meno di dieci minuti. 

Quentin Tarantino
Uma Thurman e Quentin Tarantino sul set di Kill Bill: vol 1

La centralità di Uma Thurman

È come se Quentin, incontrando Uma Thurman, avesse incontrato quella passione che tanto aveva agognato sin dai tempi delle prime sceneggiature. E ora che la musa è arrivata, perché non prodigarsi per svelare, consacrare, omaggiare quell’amore una volta per tutte? E dato che stiamo parlando di un artista, perché tenerlo per sé? Meglio farlo fiore all’occhiello della sua filmografia.

Miriam Di Veroli

Classe 1996, studia Lettere moderne all'Università degli Studi di Milano.