Prima è arrivata SuperSex, la serie-evento su Netflix che racconta la vita e la carriera del più famoso dei pornodivi italiani, Rocco Siffredi. Seguitissima: diviene un caso. Poi succede che una delle più importanti giornaliste italiane, Lilli Gruber, tutte le sere in TV con un programma di attualità e politica seguitissimo, decide di dedicare alla pornografia il suo ultimo libro (Non farti fottere, Rizzoli, 2024), un’inchiesta potente e rivelatrice sulla macchina del porno che macina miliardi, grazie a siti che sono tra i più visitati al mondo. L’impronunciabile parola con la P si intrufola così nella vita e nella quotidianità di tutti e di tutte noi, questa volta con una grande novità: è tutto involontario, parlare di porno non è una scelta, ne siamo spinti, siamo bombardati da suggestioni, opinioni, confronti, video sui social, interviste su televisioni o quotidiani. Tutto, almeno per una breve parentesi dettata dall’algoritmo o una cena con TV accesa, ci parla di pornografia. E sembra liberarci da uno storico imbarazzo: di queste cose non si parla.
Qualche numero
Il nostro paese, la nostra cultura, con la pornografia ha un rapporto dannato. Demonizzata da una parte, incapace d’essere limitata dall’altra. La sfida più difficile probabilmente è sempre stata parlarne, superare il tabù, ammettere quanto sia stata ieri e quanto è oggi più che mai scuola di formazione per migliaia di ragazzini, ragazzi e uomini. Nel tardo 2021, GQ ha provato a mettere in fila alcuni numeri relativi ad una delle piattaforme più seguite, YouPorn, facendo notare che i visitatori del sito sono talmente tanto aumentati da rendere l’Italia il quinto paese al mondo per accessi. Di questi oltre il 70% sono uomini, e uno su tre ha tra i 18 e i 25 anni. I dati sui minori non esistono: questo tipo di contenuti è riservati ai maggiorenni, ma sarebbe ingenuo non pensare che anche i giovanissimi scelgano siti sex per la loro formazione sessuale.
Educazione sentimentale
La politica questo lo sa e periodicamente cerca metodi per limitare che i siti porno siano l’esempio da seguire nelle relazioni tra i sessi. La scorsa estate, dopo lo stupro di gruppo di Palermo che ha fatto indignare e rabbrividire, la ministra per la Famiglia, la natalità e le pari opportunità Eugenia Roccella ha affermato che limitare l’accesso ai contenuti pornografici online per i minorenni può essere un’utile mossa per prevenire gli stupri. Cosa giusta probabilmente, ma più facile nella teoria che nella pratica: come fa notare il Corriere della Sera, servirebbe la carta d’identità elettronica, lo Spid o sistemi certificati…