«Regimi democratici possono essere definiti quelli nei quali, di tanto in tanto, si dà al popolo l’illusione di essere sovrano, mentre la vera effettiva sovranità sta in altre forze talora irresponsabili e segrete. La democrazia è un regime senza re ma con moltissimi re talora più esclusivi (…) Ma, se la democrazia può essere diversamente intesa, cioè se democrazia significa non respingere il popolo ai margini dello Stato, il fascismo poté, da chi scrive, essere definito una democrazia organizzata, centralizzata e autoritaria».
B. Mussolini
Individualista, gerarchica e classista, la democrazia che Benito Mussolini descrive, pare stravolgere l’idea che normalmente si ha di essa. Il governo del popolo viene rimpiazzato dall’irresponsabilità collettiva e dal disinteresse generale che favorisce una struttura gerarchica e aristocratica. L’apatia marginalizza il popolo, isolato nella torre d’avorio di quella che è l’illusione della sua sovranità. Il principio del “governo dei Più” viene rimpiazzato con un sistema gestito dall’alto, dove al monarca si sostituiscono tanti piccoli sovrani, avidi e gelosi di quel potere che hanno strappato con l’inganno e meschinità.
È la lucida descrizione di una democrazia che muove i suoi primi passi, che sente ancora il peso enorme di un’aristocrazia che non vuole scomparire. Una democrazia quindi debole, che si appresta ad offrire l’humus ideale per la nascita dei regimi fascista e nazista, totalitari, accentratori, illiberali e anti egualitari.
Quello che ci mostra con estrema sintesi Mussolini – e che già Alexis de Tocqueville aveva largamente dimostrato – è che il sistema democratico sia portatore dei suoi stessi mali, ossia manifeste dinamiche antidemocratiche. Democrazia e totalitarismo sembrano dunque unirsi in un binomio inusuale, ma alquanto interessante, che ci invita a guardare con occhio critico al contesto politico contemporaneo. In un suo interessante scritto, dal titolo Democrazia S.p.A., il filosofo americano Sheldon Wolin mette brillantemente in luce il nesso tra un sistema di tipo neoliberista, che crea una forbice sociale ampia e nel quale il capitale è concentrato nell’1% della popolazione, e le degenerazioni, o involuzioni totalitarie, che caratterizzano la pseudo-democrazia statunitense. Wolin parla di totalitarismo invertito e democrazia gestita dall’alto, per descrivere, sulla scia delle geniali intuizioni di Tocqueville, il nesso esistente tra democrazia e dinamiche antidemocratiche.
Così, a settanta anni dalla liberazione del nostro paese dal dominio fascista, il dibattito sul senso e l’importanza della Resistenza assume più che mai significato. Non è questa l’occasione in cui discutere sul fatto che si sia o meno di fronte ad una svolta autoritaria. Vogliamo però ricordare – e ne siamo profondamente convinti – che il 25 Aprile, la lotta per la liberazione dal fascismo, è stato un movimento della storia in cui un popolo ha assunto coscienza critica di se stesso e ha scelto di donare la libertà e l’uguaglianza ai suoi figli. La lotta partigiana, di tutti i colori, è stato un modo attraverso il quale il popolo e i Più hanno alzato al testa e, rivendicando e avocando a sé la responsabilità e il diritto a decidere del proprio futuro, hanno realizzato concretamente e magnificamente costruito le fondamenta della nostra democrazia, di cui la Costituzione incarna principi e valori.
Viva il 25 Aprile, viva la Resistenza, viva l’Italia democratica, repubblicana e fondata sul lavoro!
[…] Ieri, sabato 25 aprile, la giornata su Il fascino degli intellettuali. è stata interamente dedicata al ricordo della Liberazione e al significato della Resistenza. Susanna Causarano ha così recensito la mostra a fumetti, a Milano, dedicata alla Resistenza femminile, mentre Francesco Corti si è interrogato su quale possa essere il senso della Resistenza in tempi di democrazia. […]