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Può Elena Ferrante rovesciare gli equilibri del Premio Strega?

Premio Strega. Quante possibilità ci sono per la scrittrice italiana di vincere il premio più ammirato e discusso del panorama letterario con L'amica geniale?

5 minuti di lettura

C’è un personaggio, nel panorama letterario odierno, che suscita l’interesse e la curiosità generali. Un personaggio che, da quasi vent’anni, mantiene un anonimato sagace e impegnato, volto alla diffusione di storie semplici e godibili.

Si tratta di Elena Ferrante. La scrittrice senza volto, come le protagoniste delle copertine dei suoi libri, la donna (o uomo?) dall’identità misteriosa e mai tradita di cui si suppongono solo le origini napoletane e la sconfinata passione per la terra greca.

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elena ferrante premio stregaPer gli amanti della dietrologia e del mistero forzato, Ferrante rappresenta un interessante ed ingarbugliato grattacapo da risolvere, un punto interrogativo cui rispondere per poter dare finalmente un nome non tanto alla madre di raffinate storie, quanto a quel personaggio stravagante che rifugge le luci della ribalta e celebra la privacy in un mondo in cui la riservatezza sembra esser sempre più un’utopia. C’è chi ipotizza possa trattarsi di Anita Raja, moglie di Starnone, e chi ritiene che i nomi più plausibili siano quelli di Goffredo Fofi o Sandro Ferri, editor della romana «e/o» che pubblica da sempre i romanzi di Ferrante. A nulla vale l’assunto, ribadito più volte dalla ghost-writer, che un libro sia un «organismo autosufficiente» che non necessiti di presentazioni e foto in copertina; lo spasmodico desiderio di una parte di pubblico e critica di dare un volto alla «signora del mistero» sembra essere implacabile.

Non stupisce dunque il clamore che, in questi giorni, sta suscitando la proposta di Roberto Saviano di candidare l’ultimo romanzo della Ferrante al Premio Strega. Da un lato abbiamo la più longeva protagonista di un «Indovina chi?» in salsa romanzesca, dall’altra il premio più ammirato e discusso del panorama letterario; è indubbio allora che un collegamento tra i due fattori possa produrre qualcosa di assolutamente interessante.

Saviano, come noto, è uno degli Amici della domenica (i giurati dello Strega) e in quanto tale ha deciso, vuoi per desiderio di novità o per un sano amore per i libri, di candidare l’ultimo volume della tetralogia de L’amica geniale all’ambitissimo premio gestito dalla Fondazione Bellonci. L’autore di Gomorra ha posto però due condizioni: il consenso dell’autrice ed il supporto di almeno un altro Amico.

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Tra la poco elegante uscita di Veronesi («Se decidi di non esistere, non partecipi allo Strega») e l’appoggio alla candidatura da parte di Serena Dandini e Pigi Battista, la diretta interessata ha scelto di rispondere a Saviano attraverso una lettera apparsa sulle colonne di Repubblica.

«Caro Roberto, proporre la candidatura de L’amica geniale al Premio Strega è un tuo diritto. Esercitalo pure, il libro è stato pubblicato apposta perché chiunque ne faccia l’uso e l’abuso che vuole». Ecco il testo come «organismo autosufficiente», come figlio ormai staccatosi dal cordone ombelicale.

Alla proposta di Saviano di presentarla allo Strega per sparigliare le carte, per aiutare questo premio a tornare ad essere qualcosa di vitale e genuino e non solo uno scambio di voti e favori, la Ferrante risponde che ad essere candidati saranno i suoi libri e non lei. E non sarebbe neanche la prima volta; più di vent’anni fa toccò a L’amore molesto che non superò la prima scrematura perché sicuramente «una porzione cospicua degli Amici della domenica era amica soprattutto delle grandi case editrici».

elena ferrante premio stregaÈ ormai noto quale sia il tran-tran organizzativo che si cela dietro le quinte del Premio Strega, con potenti case editrici in grado di controllare consistenti pacchetti di voti e fare pressione su autori e giurati. Non è un caso che nelle ultime edizioni il riconoscimento sia andato sei volte ad autori Mondadori, tre volte al gruppo Rcs e una sola a Feltrinelli. Lo sa bene Ferrante e non lo nasconde: «Lo Strega è uno dei tantissimi tavoli del nostro Paese che mostra gambe divorate dai tarli. Si tratta di una gara senza nessuna incertezza, in cui i giochi sono fatti sempre più spesso con un anno o due d’anticipo. La qualità dei singoli libri in gara conta assai meno della loro etichetta editoriale».

Che possibilità ha, allora, L’amica geniale di vincere? Pubblicato dalla piccola «e/o», non potrà contare su voti raccattati porta a porta o su party promozionali. Ma a stuzzicare la Ferrante è l’idea di Saviano di sparigliare le carte; non una vittoria, non una sconfitta ma, come si dice banalmente, una partecipazione significativa. Il testo dell’autrice potrebbe davvero rovesciare gli schemi e gli equilibri di quella che è sempre più vista come una gara predeterminata e, nel farlo, aprirebbe le porte alle speranze di tanti piccoli editori ingiustamente lasciati fuori dai giochi.

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L’idea che la Ferrante irrompa al tavolo dello Strega, sembra apparire come un segnale importante in un momento in cui si fa sempre più reale l’ipotesi di acquisto della Rcs da parte di Mondadori. Con un gruppo editoriale così mostruosamente potente, non solo le librerie e gli autori risulterebbero pesantemente «controllati», ma lo Strega finirebbe sempre più per divenire una farsa, perdendo quel minimo di attrattività di cui ancora gode presso un numero non troppo cospicuo di lettori (di certo nostalgici di un glorioso passato). 

Se Stefano Petrocchi, direttore della Fondazione Bellonci, ha dichiarato che la partecipazione dell’autrice potrebbe rendere interessante quest’edizione, la proposta di Saviano con relativa risposta di Ferrante ha suscitato, per i soliti amanti del complotto, non poco scetticismo: una trovata commerciale? Una scossa preparata a tavolino proprio da chi si erge, a paladino, del ritorno alla genuinità del Premio? Tante domande e tante malignità.

Elena Ferrante, sarebbe ipocrita dirlo, con grande probabilità non vincerà il Premio Strega; non ne ha le possibilità e forse neanche le potenzialità. I suoi romanzi sono freschi, godibili e raffinati, parlano di giovani donne alle prese con la vita, l’amicizia e l’amore ed hanno appassionato lettori (ma soprattutto lettrici) anche al di là dell’Oceano, ma sono alieni al gusto che guida le logiche del Premio. Appaiono lontani gli anni in cui a trionfare erano il merito e la creatività dei grandi nomi che, senza ipocrisia, non sono minimamente paragonabili alla Ferrante la quale, tuttavia, ha avuto la grande capacità di farsi apprezzare senza rendere il suo anonimato un marchio di fabbrica (almeno nelle intenzioni).

Se pensiamo al grande flop che J.K.Rowling fece, pubblicando sotto pseudonimo un giallo piuttosto scadente e all’impennata di vendite che il suddetto testo subì in seguito allo svelamento dell’identità della scrittrice, non possiamo non ammettere che il nome, il brand conti, al di là dell’effettiva qualità del prodotto.

Il fatto che la scrittrice si serva dello strumento dell’anonimato è un semplice modo per dimostrare come vi possano essere romanzi in grado di affermarsi per la forza della loro scrittura, del loro stile e non per la fama del loro padre che, svelandosi, presta il fianco tanto alla gloria quanto, ahimè, alle manipolazioni.

Lasciamo che Ferrante conservi l’anonimato con quel suo piacevole e anacronistico alone di mistero. I suoi testi continueranno ad appassionare, la sua fama resterà probabilmente invariata e se poi, accidentalmente, il Premio Strega finirà per esserne sconvolto sarà una vittoria per tutti gli amanti dei libri e della qualità, con buona pace di dietrologi e detrattori.

G.A.

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