Immobili nell’infinito
Assuefatti da uno spazio che sembra espandersi indefinitamente tanto quanto aumenta infinitamente la possibilità di dominarlo – basti pensare alla banale e quotidiana facilità con cui si può si può comunicare, acquistare, lavorare, a distanza – è difficile, forse perché desueto, accorgersi della capacità propria di muoversi.
Il movimento pare sopito dal ticchettio delle tastiere, le rare volte in cui il digitale persiste nonostante l’avanzare indomito del touch, lo scalpiccio dei passi è ammutolito dal frastuono dei mezzi di circolazione, a loro volta silenziati da auricolari wireless.
Nonostante la tecnologia ci restituisca l’infinito, lo spazio sta diventando puntiforme, malato di una stasi duratura dovuta alla mancanza di consapevolezza con cui ci si muove, dal momento che l’importante è riuscire a essere connessi: una miriade di punti immobili, sempre collegati tra loro.
Uscire, guarire da sé stessi
Questo interminabile groviglio di connessioni può spezzarsi a patto di voler cercare un’altra dimensione, dando peso ai punti che lo costituiscono, conferendo loro profondità. Il rischio d’altro canto è quello di avvilupparcisi, nell’impossibilità di uscirne, di guarire da sé stessi, dalla solitudine di ognuno.
In un’epoca storica in cui la malattia imperversa, la scelta salvifica deve mirare alla scoperta di nuovi spazi, per dare corpo – e peso – ai punti che siamo diventati. Immaginare può significare questo: innovare lo spazio, creare una dimensione altra capace di donare la giusta distanza per poter osservare e comprendere cosa accade da più punti di vista.
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Forse così si può evadere il proprio essere soli, infinitamente piccoli, puntiformi, invisibili. Lo spazio immaginativo, come presupposto di un luogo che nasce per la visione, che fonda il Teatro, è l’ultimo baluardo di salvezza contro una miopia che imperversa, distorcendo e sminuendo spesso la realtà di tutti giorni.
Il movimento dell’immaginazione
Promenade de santé, dalla drammaturgia di Nicolas Bedos, con la traduzione a cura di Monica Capuani, in scena al Teatro Franco Parenti dal 22 al 30 ottobre 2021, è il monito di un movimento, una passeggiata di salute, di salvezza.
Il debutto teatrale del regista cinematografico Giuseppe Piccioni reinventa lo spazio psichico e fisico come universo inesauribile, sempre desto di nuovi scenari su cui interrogarsi e grazie a cui è possibile risvegliarsi dal torpore dello spazio microscopico ed egoriferito a cui si è abituati.
L’intreccio amoroso che lega i due protagonisti, magistralmente interpretati da Filippo Timi e Lucia Mascino, crea una Storia universale di umanità verace, preda di passioni, paure, nevrosi in cui solo la capacità immaginativa può donare uno spiraglio, un respiro.
Lo spazio dell’immaginazione
La scenografia tecnicamente impeccabile in Promenade de santé, nata dalla commistione di video e palcoscenico, è lo sfondo coerente di un luogo proteiforme in cui la Parola detta è dapprima pensata, criticata, messa in dubbio.
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Il fervore del brillante stile recitativo si fonde e si compenetra alla perfezione alla scelta musicale precisa e commovente, ricreando le infinite sfaccettature dell’animo umano, nella semplicità e bellezza di una storia d’amore. Lo Spazio si espande nel gioco immaginativo di confessioni intime, incontri, allucinazioni passate, presenti e future, nel movimento delle parole tra danze e abbracci.
La possibilità pienamente colta dell’utilizzo del video consente uno sdoppiamento acuto tra onirico e reale: l’azione scenica si puntualizza come momento mai esausto, sempre soggetto a una nuova interpretazione, instillando così quel guizzo, quel bagliore che smuove il cuore e la mente ricordando la possibilità dello Spazio, come luogo della domanda, dello scambio dei punti di vista, del mettere in discussione per evadere l’immobilità che rende ciechi, come solo il Teatro, luogo della visione per eccellenza, può mettere in scena.
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