Quando Leoluca Orlando venne eletto per la prima volta sindaco di Palermo, nel 1985, la città viveva uno dei periodi più tragici della propria storia. Tra la fine degli anni ’70’ e l’inizio degli anni ’80 a Palermo imperversava la seconda guerra di mafia: fazioni diverse di Cosa Nostra si contesero il dominio sul territorio, al punto che tra il 1981 e il 1983 vennero commessi circa 600 omicidi.
Non soltanto componenti di Cosa Nostra, ma anche importanti esponenti delle istituzioni italiane, che avevano tentato di combattere la mafia attraverso nuove leggi, indagini e azioni di Polizia, caddero sotto i colpi della mafia; tra questi il generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, il segretario democristiano Michele Reina, il commissario Boris Giuliano, il candidato a giudice istruttore di Palermo Cesare Terranova, il presidente della Regione Siciliana Piersanti Mattarella, il procuratore Gaetano Costa, il segretario regionale siciliano del PCI Pio La Torre e molti altri ancora.[1]
Leggi anche:
Il generale Dalla Chiesa: cento giorni di coraggio
Dal punto di vista politico nazionale, invece, gli anni 80’ furono quelli in cui iniziò a prevalere la personalizzazione sull’appartenenza ideologica; ci fu così un declino del potere dei sindacati e del Partito Comunista Italiano, parallelamente all’ascesa di Bettino Craxi tra le file del Partito Socialista Italiano, chiamato nel 1976 a risollevare le sorti del partito che allora si trovava ai minimi storici, stretto nella tenaglia del tentativo di compromesso storico tra la DC e il PCI.
Craxi ottenne ben presto un comando indiscusso sul PSI, giungendo a cambiarne la fisionomia. Allontanandosi in maniera sempre più marcata dal PCI, egli si propose di costruire un’alternativa di sinistra alla DC, che fosse costituita non già da un partito comunista colluso con l’Unione Sovietica, ma da una sinistra riformista che potesse trattare col PCI da una posizione di forza.[2]
È con queste premesse che Orlando diede vita al suo primo mandato da sindaco di Palermo, a capo di un pentapartito con il quale si renderà protagonista della cosiddetta Primavera di Palermo.
Una primavera lunga cinque anni
Con il termine Primavera di Palermo ci si riferisce ad un breve periodo storico, politico e culturale, coinciso con il primo mandato da sindaco della città di Orlando, caratterizzato dal fiorire di associazioni, comitati cittadini ed azioni mirati a diffondere la cultura della legalità in contrasto con quella mafiosa.
Il leader politico di questa stagione di fermento culturale fu proprio Leoluca Orlando, anche grazie al sostegno di uno dei leader della corrente morotea in Sicilia, Sergio Mattarella, fratello di Piersanti Mattarella di cui Orlando era stato collaboratore alla regione siciliana.
Leggi anche:
Venezia76. «La mafia non è più quella di una volta» e la nostra percezione della legalità
Le idee di Orlando prendevano spunto da quelle promosse presso l’Istituto di Formazione Politica Pedro Arrupe, diretto dal padre gesuita Bartolomeo Sorge.
Padre Sorge collaborò alla stesura dell’Octogesima adveniens, documento pontificio firmato da papa Paolo VI sull’azione della comunità cristiana in campo politico, sociale ed economico. Negli anni Ottanta si attivò, con conferenze tenute in varie città d’Italia, per promuovere nei cattolici una nuova identità culturale e un nuovo ruolo politico, con l’obiettivo di una “rifondazione” della Democrazia Cristiana.
Un altro grande promotore della Primavera di Palermo fu padre Ennio Pintacuda. I tre sarebbero stati lo zoccolo duro de La Rete, il partito politico fondato da Orlando in seguito al successo della Primavera di Palermo.
Prima di quella esperienza, però, a far parte del pentapartito guidato da Orlando vi era Una città per l’Uomo, vero e proprio laboratorio politico negli anni della primavera e fondato l’1 marzo del 1980 da Pintacuda a Palermo.
[…] un documento diffuso dalla Commissione socio-politica della Consulta diocesana per l’apostolato dei laici costituisce praticamente l’atto costitutivo del movimento Città per l’Uomo. Questa esplicita presa di distanza dalla Democrazia cristiana è un vero “strappo” storico, che secondo Pintacuda darà origine alla stagione delle giunte anomale, alla Primavera e alla stessa Rete orlandiana. Il movimento nasce ufficialmente il primo marzo del 1980 con un «incontro organizzativo» a Palazzo Buonocore. Tra i principali promotori, accanto a Ennio Pintacuda, ci sono Francesco Paolo Rizzo, Nino Alongi e Giorgio Gabrielli. Alle spalle c’è il magistero di Giuseppe Dossetti, ma anche una lunga tradizione che parte dalla Rerum novarum, passa da Luigi Sturzo e poi dalla Populorum progressio di Paolo VI, per giungere a Giorgio La Pira e Giuseppe Lazzati. [3]
Così venne descritto quel breve ma intenso lasso di tempo in cui sinistra riformista, cattolicesimo e antimafia si unirono in un eterogeneo, unico per la città, progetto comune:
[…] A metà anni ’80 si registrò nella cittadinanza palermitana una sempre più diffusa voglia di riscatto. Ci fu un fiorire di associazioni, comitati cittadini, e di iniziative politiche, sociali e culturali mirate alla promozione di una cultura della legalità in contrasto con quella mafiosa, che aveva fortemente condizionato i decenni precedenti. Nello stesso periodo, a Palermo veniva costituito il Centro Arrupe, animato da padre Bartolomeo Sorge e, con sensibilità diversa, da padre Ennio Pintacuda. Il Centro doveva, tra l’altro, ispirare la cosiddetta ‘primavera di Palermò (1985-1990) con la giunta di Leoluca Orlando, il quale più tardi – nei primi anni Novanta – avrebbe promosso il Movimento per la democrazia – la Rete, con un pronunciato intento antimafioso.[4]
Questa voglia di riscatto, come detto, spinse la società civile ed una parte della classe politica ad organizzarsi in associazioni e comitati antimafia. Su proposta del Centro Impastato nel 1984 si formò un Coordinamento antimafia che opererà per qualche anno tra mille difficoltà per l’eterogeneità dei soggetti che ne fanno parte: associazioni, comitati, centri studi, riviste, sindacati, organizzazioni di partito etc.
Per alcuni anni opererà il Cocipa, Comitato cittadino di informazione e partecipazione, per iniziativa soprattutto del Centro sociale San Saverio, nato nel 1985 nel quartiere Albergheria nel centro storico di Palermo, che affronterà in particolare il tema degli appalti e analizzerà il bilancio comunale elaborando proposte. Sempre in quegli anni nascerà, fondato dal Comune di Palermo e da padre Ennio Pintacuda, il laboratorio antiusura e, successivamente, la Libera università della politica a Filaga, sulle montagne del Corleonese.
Non abbiamo grandi editori alle spalle. Gli unici nostri padroni sono i lettori. Sostieni la cultura giovane, libera e indipendente: iscriviti al FR Club!
Segui Frammenti Rivista anche su Facebook e Instagram, e iscriviti alla nostra newsletter!
Il clima di fermento politico e culturale si assopì, però, ben presto; nel 1990 Orlando si dimise dalla carica di sindaco per accesi diverbi con Andreotti. Alle elezioni successive, nonostante Andreotti invitò pubblicamente in tv a non votare per Orlando che era capolista, l’affermazione personale alle urne del sindaco dimissionario fu determinante per il successo del partito. Ma nell’agosto 1990, nonostante Orlando fosse stato rieletto con oltre 60 mila voti di preferenza, i vertici della Dc elessero in consiglio comunale come nuovo sindaco di Palermo il gavianeo Domenico Lo Vasco.
Il clima di rinnovamento culturale e politico nato durante la Primavera di Palermo si spense progressivamente sotto i colpi della mafia, con le stragi di Capaci e via D’Amelio.
Cosa rimane della Primavera di Palermo
L’esperienza della Primavera fu fondamentale, per Orlando, nella formazione de La Rete, il partito politico nel quale confluì anche Pintacuda e grazie al quale Orlando stesso fu rieletto sindaco di Palermo nel 1993. Successivamente, seguì un breve periodo di crescita su scala nazionale de La Rete che portò all’alleanza prima con i Verdi e poi con l’Ulivo. Il partito cessò di esistere nel 1999, quando confluì ne I Democratici.
Per quanto riguarda il resto della società civile, tale esperienza rimase un unicum, schiacciata dalla paura che le stragi di Capaci e via D’Amelio causarono, almeno fino ai primi anni Duemila quando una rinnovata fiducia nelle istituzioni ed una maggiore coscienza civile portarono alla nascita di numerosi comitati antimafia, tra i quali Addiopizzo.
Per quanto breve, la Primavera di Palermo rispose alla volontà di riscatto di una parte significativa della popolazione, dimostratasi in grado di fare rete, di riflettere ed agire, in un periodo durissimo della nostra storia.
Davide Accardi
Fonti
[1] Paul Ginsborg, L’Italia del tempo presente: famiglia, società civile, Stato, 1980-1996, Einaudi, Torino 1998
[2] Simona Colarizi e Marco Gervasoni, La cruna dell’ago. Craxi, il partito socialista e la crisi della Repubblica, Laterza, 2006
[3] Marcello Benfante, La Primavera del riscatto il sogno spezzato di Palermo, in La Repubblica, 17 novembre 2011
[4] Fulvio De Giorgi, La questione del Mezzogiorno: societa e potere, in Cristiani d’Italia (2011), Treccani, 2011
Segui Frammenti Rivista anche su Facebook, Instagram e Spotify, e iscriviti alla nostra Newsletter
Sì, lo sappiamo. Te lo chiedono già tutti. Però è vero: anche se tu lo leggi gratis, fare un giornale online ha dei costi. Frammenti Rivista è edita da una piccola associazione culturale no profit, Il fascino degli intellettuali. Non abbiamo grandi editori alle spalle. Non abbiamo pubblicità. Per questo te lo chiediamo: se ti piace quello che facciamo, puoi iscriverti al FR Club o sostenerci con una donazione. Libera, a tua scelta. Anche solo 1 euro per noi è molto importante, per poter continuare a essere indipendenti, con la sola forza dei nostri lettori alle spalle.