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Spezzone dello spettacolo Memory of Mankind

Presto in scena: «Memory of Mankind» al Piccolo Teatro

Un viaggio ideato da Marcus Lindeen attraverso l'arte della ceramica di Martin Kunze per preservare la memoria dell'umanità.

2 minuti di lettura

Il 9 Gennaio è stato presentato alla stampa lo spettacolo Memory of Mankind di Marcus Lindeen. L’idea nasce dall’interessante progetto dell’artista austiaco Martin Kunze di raccogliere su delle tavole di ceramica la memoria della specie umana.

Il labirinto della memoria

Marcus Lindeen, in diretta dalla sua casa di Parigi, ha spiegato le motivazioni per cui ha deciso di lavorare a questo progetto. Tutto è nato nel periodo del COVID quando il regista ha letto un articolo sul progetto artistico di Martin Kunze. I due hanno lavorato al progetto per circa tre anni, durante i quali Martin Lindeen ha ragionato sul tema della memoria e del racconto di storie.

Come si può riassumere un’esperienza? Chi deve prendersi la responsabilità di questi ricordi? Queste le domande che il regista si è posto nel suo primo approccio allo studio per questo spettacolo. Osservando il lavoro di Martin Kunze, Marcus Lindeen si è accorto che quello che stava studiando era un vero e proprio archivio: qualcosa di molto vicino alla nostra esperienza, molto più pragmatico di un museo – votato alla manifestazione artistica – eppure nel primo caso non si è smarrito l’elemento artistico.

Foto di Beatrice Borgers
Fonte: piccoloteatro.org

Memoria impressa nella ceramica

I ricordi, infatti, vengono conservati su delle vere e proprie opere d’arte fatte di ceramica. Le piastre sono di circa 20cm per lato, creando dei veri e propri quadretti su cui sono impresse testimonianze della vita umana. Martin Kunze si è infatti posto il problema delle future generazioni che potrebbero non avere accesso ai nostri materiali, e cita anche Wilhelm Humboldt: «chi ha un passato può avere il futuro».

L’importanza della memoria è quindi il nodo centrale dello spettacolo, Martin Kunze ne è il filo conduttore. Quest’ultimo ha attuato un cambiamento nel suo lavoro che vogliamo specificare: dopo aver collaborato con scienziati, professori, istituzioni museali, si è reso conto che c’era bisogno delle memorie private di persone di qualsiasi tipo. Un esempio che porta il regista è quello di un oncologo che ha deciso di incidere sulla sua tavola la ricetta dei biscotti allo zenzero della madre, perché, ha raccontato Marcus Lindeen, dopo aver vissuto così tanto tempo a contatto con la morte, il medico ha voluto lasciare all’umanità qualcosa di bello.

Ci interessa raccontare questo dettaglio perché è la stessa operazione che spesso la drammaturgia fa: per quanto si voglia raccontare qualcosa di universale, bisogna passare attraverso il racconto di qualcosa di piccolo e personale.

Foto di Beatrice Borgers
Fonte: piccoloteatro.org

La messa in scena di Memory of Mankind

L’archivio di Martin Kunze è così preponderante ai fini dello spettacolo che parte di esso è nella scenografia. Gli attori sono sia professionisti (Jean-Philippe Uzan interpreta Martin stesso), che non professionisti; questi ultimi sono però persone che hanno uno stretto legame con il tema della memoria. Axel Ravier, sociologo, interpreta un archeologo che conduce studi in archeologia queer, che studia tracce di queerness nei resti archeologici che vengono ritrovati. Un altro personaggio è tratto da un uomo che ha una patologia per cui perde la memoria con una scadenza costante; che rapporto c’è dunque tra gli esseri umani, i loro ricordi e l’amnesia?

Il progetto di Martin Kunze

Come si vede, dunque, all’interno del testo ci sono sia fatti reali che elementi artefatti, aggiunti dallo stesso regista-autore che si pone la domanda su come si debba agire in questi casi. Qual è il limite tra i fatti e le invenzioni? Può la critical fabulation (l’utilizzo del racconto e dello storicismo speculativo per riempire le mancanze della storia) cambiare il modo in cui vediamo il mondo e quindi migliorarlo?

Possiamo con la nostra memoria del passato, cambiare il futuro?

Memory of Mankind al Piccolo Teatro Studio Melato
prima nazionale
testo e regia Marcus Lindeen 
con Sofia Aouine, Driver, Axel Ravier, Jean-Philippe Uzan

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Marialuce Giardini

Diplomata al liceo classico, decide che la sua strada sarà fare teatro, in qualsiasi forma e modo le sarà possibile.
Segue corsi di regia e laboratori di recitazione tra Milano e Monza.
Si è laureata in Scienze dei Beni Culturali nel 2021

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